E così il mio fiume continuò a scorrere caro lettore. Chiunque abbia avuto modo di perdere un caro amico per forze sopra la sua volontà può comprendere come io dovevo sentirmi in quei giorni. Ma quella fosca notizia non fu che un presagio del mio insensibile destino.
Il giorno in cui Frank partì il cielo era grigio e opprimente, aveva piovuto la notte precedente quasi come se anche la natura volesse mostrare tristezza per quell'evento. Non so lettore, a dire il vero, se questi miei ricordi siano veritieri o falsati prodotti della mia nostalgica anima. Procedi dunque con cautela e rimembra la natura imperfetta della mente umana.
In quella umida mattina la mia famiglia si era recata, come tutto il villaggio, alla tenuta della famiglia Günther. Essendo un piccolo villaggio non fu un commiato d'addio eclatante, ma ogni abitante portò qualcosa in omaggio; chi delle focacce, utensili, piccoli vasi e perfino l'avaro macellaio Hans donò delle fette di bovino al suo fidato cliente.
In quella processione di abbracci e adii sinceri, io e Frank rimanemmo nel cortile tra noi. Era stato il mio stesso amico a chiedermi, nella partita a scacchi della sera prima, di dargli compagnia nei suoi ultimi minuti a Bergnest e, ad esserci sincero, mi sentii molto gaio e orgoglioso che avesse convocato proprio me tra la sua schiera di amicizie. Ero davvero una persona speciale per lui? Forse, o almeno a me piace pensarla così.
Restammo in silenzio a lungo, ognuno a ragionare sul futuro che lo avrebbe atteso dopo quel giorno, nel mio caso mi pareva orribile senza il mio unico vero amico; ma cercai di nasconderlo per non rattristarlo ulteriormente. I pensieri cupi furono interrotti dalla voce del mio compagno salda come una roccia: "Io e te ci rivedremo". Il mio sguardo interrogativo e incerto lo invitò a proseguire: "Io e te ci rivedremo, è una promessa. Non importa quali intemperie il destino ci frapporrà, ti prometto che io e te ci rivedremo". Fui meravigliato da quelle parole tanto sincere che potevano essere già di un adulto.
Non potei che alzarmi di colpo e gridare con determinazione: "Sì! Potrà essere arduo ma torneremo uniti. Lo giuro sul mio nome!". Frank sorrise, apprezzava i miei sentimenti; fece alcuni passi nel giardino ancora fangoso e guardando un piccolo arbusto dichiarò: "Lo sai? Ci ho pensato ieri sera a lungo, mi arruolerò all'accademia e diverrò un soldato. Non importa cosa dirà mio padre, proteggerò le mura da ogni incursione ostile!". Aveva di nuovo ritirato quel discorso tanto insensato quanto fragile, distruggere i giganti per consentire all'umanità di vivere entro le mura in serenità? Era da un secolo che quei mostri non davano cure a noi uomini e dunque che senso avrebbe avuto attaccare un cane che non morde? Per non pensare alla difficoltà di questa operazione che perfino alla mia mente infantile parevano evidenti.
Non volli però discutere negli ultimi minuti di Frank nella mia vita e risposi ignorando la mia coscienza: "Vuoi ancora lottare contro i giganti vedo, sarai sicuro uno dei migliori all'accademia. Almeno io non mi dovrò muovere per il nostro incontro, arriverai tu qui a cavallo no?", comprese subito il mio tono scherzoso e non esitò a ribattere alla stessa maniera: "Certamente, ti porterò a vedere anche il re sai? Una volta che ti avrò arrestato per pigrizia". E io sfidato a viso aperto: "Prima mi dovrai riuscire a prendere però", Frank rispose ancora che non sarebbe stato un problema vista la mia oggettiva lentezza rispetto alle sue doti atletiche e il nostro battibecco proseguì per vari minuti dove continuammo ad inventarci nuove giustificazione, spesso irreali o chiamando in causa persone del villaggio, con le quali avremmo avuto la superiorità l'uno sull'altro.
Questa bizzarra occasione ci permise di passare quei momenti in spensieratezza e con mente serena, benché non riuscì a fargli ammettere la vera natura dei suoi sbalzi d'umore verso la felicità ogni volta che vedeva Clara, la figlia del mugnaio. Non avevamo ancora finito di parlare delle truffe di un altro nostro coetaneo che la signora Günther ci venne a chiamare; era ormai giunta l'ora della partenza. Attraversando le stanze della casa per giungere alla strada del paese dal cortile fui assalito da un senso di rammarico, mi domandavo quale fine avrebbe fatto quella casa ormai a me così familiare; come sarebbe stata senza le partite a scacchi, senza le lamentele del signor Günther per i pessimi affari che la sua ditta compiva nelle grandi città, senza i piatti caldi che consumavamo guardando fuori dalla finestra la strada notturna mentre gli altri erano allegri a tavola.. come sarebbe stata senza lo sguardo benevolo di Frank al suo interno.
Il tempo chiamava però al movimento, ma volle concedermi ancora pochi attimi, Frank di colpo si fermò sull'uscio della porta di casa e scattò verso una scatola destinata al trasporto, da quel contenitore estrasse un libro rivestito in pelle. Non sapevo leggere all'epoca ma fu Frank a darmi la facoltà in me assente spiegandomi con sguardo speranzoso: "Vedi Friedrich.." ci fu una pausa di incertezza nella quale guardò la madre; proseguì solo dopo che essa annuì sorridendo: "Vedi questo è un manuale di scacchi, dentro ci sono tantissime immagini e trucchi per diventare un vero campione della scacchiera. Vorrei regalartelo, così quando ci rivedremo sarà uno scontro ad armi pari nelle nostre partite", fui estasiato da tanta generosità che celava, sotto il falso pretesto di farmi migliorare al gioco, la volontà di lasciarmi qualcosa in sua memoria; solo dopo alcuni secondi mi ricordai di dover rispondere alla sua domanda conscio delle mie limitazioni: "Molto volentieri, ma sai che io non so leggere. Come lo potrò usare?"
Sapevo giusto riconoscere alcune parole dalla forma, principalmente per alcune lezioni che il signor Günther mi aveva dato quand'era libero da impegni, come avrei mai potuto usare un libro? Fortunatamente Frank non era, ed è, uno sprovveduto e aprendo una delle prime pagine mi spiegò spostando il dito sulla pagina in supporto con tono umile: "Non c'è problema, come puoi notare il libro ha molte immagini che mostrano le manovre nei loro molteplici passi, per usare questo libro non devi saper leggere per forza. Dovrai solo fare l'abitudine di leggere le sue figure". Confesso che faticai a comprendere sul momento l'argomento di quella pagina, solo oggi riaprendola mi rendo conto che fosse inerente all'arrocco, ma accettai volentieri la sua offerta.
La dipartita di Frank fu uno dei momenti più cupi della mia esistenza, il mio compagno di tante avventure e divertimenti si allontanò su un carro di legno castano salutando il villaggio nella mia direzione muovendo la sua mano in segno di saluto. Rimasi a contraccambiare quel gesto anche dopo che smisi di vedere il suo viso e il veicolo divenne un puntino nell'orizzonte, solo quando scomparve dalla mia visuale a malincuore tornai a casa insieme ai miei genitori che erano rimasti ad aspettarmi. Quella sera mangiai poco e prima di cadere nel sonno sfogliai con la massima cura, quasi fosse un testo della chiesa delle mura, il libro di Frank; annusandolo a volte per risentire l'aria di casa sua anche solo nella mia mente.
Senza la sua presenza le cose cambiarono mio fedele lettore, ma non desidero intrattenere il tuo buon animo che legge questi ricordi molto oltre e concludo con un dolente ricordo queste pagine del libro che ora leggi. Ma non sperare in un miglioramento della mia triste storia, poiché questo evento segnò il grigiore che accompagna la mia vita ancora oggi.
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Der Wächter an der Wand
MaceraViandante che scorri le tue mani su questo volume dimenticato. Non sperare di trovare, in questa fievole storia, raccontate le gesta e i dolori del corpo di ricerca e dei guerrieri di Marley. Leggerai nelle mie pagine quei giorni di follia, lotta, a...