La dolce carezza di mia madre mi svegliò da quel poco che ero riuscito a dormire; aprì gli occhi e vidi la valigia appoggiata di fianco alla porta, alzai ancora di più le coperte sopra alla testa.
Il mio desiderio era quello di partire, ma andarmene in posto lontano, fuggire da questa situazione, non volevo essere costretto a lasciare tutto, dovevo rimanere via per quindici mesi, un anno esatto.
Scesi di sotto ancora in pigiama mentre un profumo di caffè invase la cucina, di spalle rivolta verso i fornelli c'era mia madre che era intenta a preparare la colazione, questo era un modo per dirmi che mi stava vicino e lo apprezzai, tutto quello che facevano i miei genitori lo apprezzavo: era così che ero stato educato.
I suoi capelli erano sciolti, gli cadevano lungo le spalle avvolte dalla sua vestaglia di seta.
Quando sentì i miei passi si voltò verso di me e mi regalò un sorriso, non era solita a farlo, seppur mia madre non lo era biologicamente, eravamo uguali; entrambi riservati, regalavamo i nostri sentimenti a chi sceglievamo di donarli, ci piaceva selezionare le persone con cui condividere il nostro tempo, le nostre emozioni. Eravamo simili.
"Kookie" mi richiamò mentre io mi ero incantato ad osservarla da dietro, lei mi aveva già sentito arrivare, aveva sentito il rumore dei miei passi mentre scendevo le scale.
"Ho preparato la colazione."
Eravamo rimasti io e lei, seduti al tavolo in cucina in un silenzio assordante ma che parlava, sapevo mia madre cosa voleva dirmi, e lei sapeva cosa io pensavo, mi leggeva dentro, come se fossi un libro aperto.
"Kookie so a cosa stai pensando. Sai, io penso che se un legame se è davvero unito, intendo, se un legame tra due persone è veritiero e solido, niente potrà spezzarlo." Lo disse, mentre sorseggiava il suo caffè macchiato con il latte.
Mia madre lo aveva capito che ero diverso dagli altri, tutti i ragazzi della mia età avevano una ragazza anche i camerieri o comunque i ragazzi che lavoravano all'hotel novecento raccontavano le loro storie, le loro esperienze sessuali con tanta fomentazione, guardavano le ragazze che alloggiavano all'hotel o le loro stesse colleghe: io invece rimanevo nel mio, non mi esponevo mai. Qualcuno potrebbe aver pensato che ero un ragazzo per bene, che non mi sarei mai esposto come facevano loro, i quali ci provavano con le ragazze spudoratamente quasi in maniera fallimentare: la pura verità è che a me le ragazze non interessavano e la mia "diversità" mi piaceva, non la negavo seppur gli anni settanta erano anni massacrati dall' ignoranza.
Mia madre lo aveva capito, probabilmente già da un pezzo ed io sapevo che lei non era come le altre donne, quelli come me, lei non li giudicava, non riteneva che due persone che si amano fossero sbagliare sbagliate o che compiano un gesto folle e malato.
" un po' come te e papà." Gli risposi
Lei accennò un si con la testa, loro sicuramente erano una grande prova d'amore, lontani per anni, ma la loro speranza di rivedersi non si era mai divisa. E allora riflettendo sulla loro storia, davanti a quella tazza di caffè pensai se anche il mio destino era scritto in quel modo, cercai di trovare una luce di spiraglio nelle mie emozioni che in quel momento erano perdute dallo sconforto.Quando finì la colazione, ritornai in camera mia e mi vestì ma prima di partire dovevo fare un ultima cosa.
Entrai in hotel, in una maniera più lenta possibile, pensai che così il tempo si sarebbe potuto rallentare.
Quando svoltai il corridoio vidi Tae, forse anche lui mi stava per raggiungere: mollai tutto quello che avevo fra le mani e lo strinsi in un abbraccio, non mi importava di niente in quel momento, volevo solo sentirlo vicino.
In quell'abbraccio nessuno dei due disse niente in fondo, non c'era niente da dire, le cose erano andate così e basta, rimaneva a noi la scelta del nostro destino, tutto dipendeva da noi.
"Prima che te ne vada voglio darti una cosa" mi disse sottovoce e con la mano mi portò in camera sua: quando entrai vidi le sue valigie posizionate sul letto, sarebbe davvero andato via prima.
"Chiudi gli occhi."
Sentì la sua mano prendere la mia, sciolse le dita serrate e sul mio palmo sentì qualcosa di metallico; quando li riaprì vidi una specie di medaglione di un colore oro scintillante, sembrava spiccare sotto i riflessi del sole che illuminavano la stanza.
"È un pezzo di Kazoo, probabilmente non lo conosci ma, è uno strumento che solitamente si suona accompagnato alla chitarra. È di mio padre."
Rimasi sbalordito della sua scelta, mi stava regalando qualcosa di valore, un oggetto che lo legava a suo padre, entrambi con la passione per la musica.
Le sue dita sfiorarono il mio palmo e girò il piccolo aggeggio posto nel mezzo della mia mano, dietro, c'era una scritta incisa da lui con qualcosa di affilato, era una frase che diceva:
"새상에 너밖에 없어"
Ne io e ne Tae sapevamo il coreano, seppure era la nostra lingua madre, ma eravamo nati in nazioni diverse, città diverse, in comune avevamo la conoscenza della lingua inglese. Lui qualche parola la conosceva, mi disse che il padre e il nonno gli insegnavano, tra cui questa frase.
"Significa: al mondo, ho solo te." Lo guardai, e non riuscii a resistere nel piangere, piansi come un bambino contro la sua spalla.
Riuscì a dirgli che anche io avevo qualcosa per lui, che il ritratto era finito ma gli chiesi di aprirlo dopo, quando me ne sarei andato e lui acconsentii.
Gli diedi l'ultimo bacio al quale nessuno dei due voleva staccarsi.
"Ti scriverò"
"Devi farlo Jungkookie. Io ti risponderò, sempre."
Dopo l'ultima promessa mantenuta mi accompagnò di fuori, dove mio padre assieme ad Achille posizionavano gli ultimi bagagli, in seguito mi aspettava un lungo viaggio.
Gli regalai un bacio furtivo prima di avvicinarmi alla vettura e salutarlo, per il resto gli altri momenti furono confusionari, tutti che mi salutavano, sentì la voce di Achille che mi diceva qualcosa per spronarmi, le mani di mia madre che mi circondarono il viso per stamparmi un bacio sulla fronte, quando mio padre mi diede una leggera pacca sulla spalla capì che era arrivato il momento.
Salì in macchina con mio padre e quando accese il motore mi affacciai dal finestrino, in seguito alle raccomandazioni di mia madre, la macchina partì ed io rimasi fisso a guardare Tae che da lontano rispetto agli altri mi guardava mentre me ne andavo ed io, strinsi ancora di più il suo regalo fra le mani.Per tutto il resto del viaggio me lo immaginai mentre scartava la carta, che ammirava il suo ritratto; seduto sul bordo del letto o sulla panca del piano forte che tanto amava, mentre trovava un biglietto ripiegato, me lo immaginai leggere le mie parole:
"
Mio caro Tae mentre lèggerai questa lettera io già sarò partito, probabile che io ti abbia chiesto di leggerla dopo averci salutato, perché solo su questo pezzo di carta riesco ad esprimere i miei sentimenti come del resto, tutte le mie emozioni vengono rappresentate in questo modo.
Tae io ti guarderò sempre come di chi ha gli occhi di chi ammira la persona che ama
e prima di andar via da questo posto,
Ancora per un attimo,
aspetterò il rumore dei tuoi passi giù per le scale dell'hotel.
Quando ritornerò mi esploderà il cuore
perchè è forte la paura di rivivere i nostri momenti da solo, senza di te. Qui tutto mi ricorda di noi.
ma il desiderio di rivederti lo è ancor di più e per questo mi spinge a scriverti questa lettera amore mio.
Io tremo solo a pronunciare il tuo nome
e quando cerco di spiegare il nostro amore
non mi bastano le parole o la musica che ascoltavamo nel giradischi in questa camera dove hai trovato questo pezzo di carta.Ma sappi che se non ci dovessimo incontrare, io ti amerò da lontano
col cuore spappolato della consapevolezza che forse non ci rivedremo più
e allontanerò chiunque cercherà di riaggiustarlo o che cerchi di prendere il tuo posto.
perchè lo voglio che questo mio cuore sia fragile per te, che senta ardere d'amore solo al pronunciare il tuo nome.
Fra un milione di sguardi io, cercherò per sempre il tuo.
X
Il tuo Jungkook.
STAI LEGGENDO
The Novecento Hotel| Taekook
Hayran Kurgu1975: Tra l'azzurro del cielo che si univa al colore del mare e la brezza fresca della stagione, vi era il Novecento hotel. L'albergo più lussuoso della costa, dove, le persone di più alta borghesia da ogni parte del mondo, trascorrevano le loro vac...