Memories

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Mi sveglio di soprassalto. Sento delle voci. Qualcuno urla, altri piangono e io non capisco più nulla.

-Mamma ho paura- mormoro alla mamma. Mia mamma mi stringe, sussurrandomi che non è niente e presto torneremo a casa. Lo spero veramente tanto: è ormai un mese che non torno a casa. Chissà come starà Bobby, il mio cane, ora che non ci sono. Mi trovo su un treno, che continua a viaggiare in una direzione a me ignota: ho provato a domandarlo alla mamma, ma si ostina a non rispondere, e non capisco il perchè. E' tutto così strano da un pezzo a questa parte.

Tutto è iniziato quando sorpresi la mamma a cucire sulle mie camicette una stella: ma non una stella qualunque, no, una Stella di David, simbolo della religione ebraica. Della mia religione. Le chiesi perchè cuciva quella stella: mi rispose semplicemente "perchè è il governo che vuole così, non vorrai metterti contro Mussolini, vero Shaoul?". Non le risposi mentre lei continuava a cucire le stelle di stoffa su ogni maglietta, camicia e vestito. Andai a scuola e con molta sorpresa notai che anche David, un mio caro amico, aveva anche lui la stella cucita sulla sua divisa della scuola. Perlomeno non sarei stato l'unico. Notai anche che non l'avevamo solo noi, la stella sul petto, ma anche altri ragazzi, sia più grandi che più piccoli. Uscendo da scuola vidi che anche molte altre persone avevano la stella. Camminando per le vie di Prato, sentii dire da una donna: "Donatella, guarda quanti sudici ebrei ci sono in questa città. Menomale che ci pensano i tedeschi a ripulire un po' questo mondo. Oh siano lodati i fascisti, Mussolini e Hitler" lo disse sospirando. "Eh già Carla, questo mondo avrebbe proprio bisogno di una bella ripulita. E tu sudicio lezzume? Cos'hai da guardare? Vattene via, non voglio gente come te intorno! Bah.. s'infiltra dappertutto questa feccia. Bisogna stare attenti! Il giorno prima fanno i cordiali e poi ti pugnalano alle spalle il giorno dopo. Ascoltiamo quello che dice il Duce" la seconda donna mi inveii contro, minacciandomi con una granata. Scappai via, ho promesso a papà di fare il bravo e non mettermi nei guai. Papà se n'è andato due mesi fa, dicendo: "Provo a scappare in Svizzera, vi manderò una lettera se sono arrivato sano e salvo, così mi potrete raggiungere. Per ora i nazisti prendono solo gli uomini. Voi dovreste essere al sicuro. E tu Shaoul, bada alla mamma da vero uomo e non metterti nei casini" e con queste ultime raccomandazioni uscì dalla porta di casa. Da allora non l'ho più visto ne sentito. E la famosa lettera non è ancora arrivata. Mi chiedo se papà riuscirà a farmi avere la lettera anche nel posto in cui sto andando ora. Spero di si, mi manca tanto. Dopo che papà se n'è andato le cose sono rimaste uguali, fino a quel giorno: stavo ascoltando la radio, come ogni domenica mattina, sentendo delle canzonette. Ad un tratto s'interrompe la trasmissione e un uomo annuncia gracchiante "Il Duce ha un discorso urgente da dire. Sentiamo tutti le parole del grande Mussolini!" poi ci sono vari incitamenti e ringraziamenti al Capo Del Governo. Infine il Duce parla, con la sua voce forte e risoluta: "Corre l'anno del '43. Buona domenica a tutti. Signori e Signore, tra noi s'infiltrano gentaglia. Gentaglia poco perbene. Gentaglia da eliminare. Gente che non ha nemmeno il diritto di chiamarsi gente! Ebbene, fino ad ora abbiamo mandato via gli oppositori, ma adesso è giunto il momento di liberarci anche di quelli che ci portano sventura! Sapete bene di chi sto parlando. Per chi non lo sapesse sto parlando di quegli che ci rubano i soldi, ci distruggono i nostri campi e lavori, ci rapiscono i nostri bambini solo per farci soffrire e ricevere denaro per riscatto. Sto parlando della feccia degli EBREI. Dobbiamo cacciarli via, se non eliminarli, per il nostro bene, nostro e quello delle nostre famiglie. Dobbiamo farli soffrire come hanno fatto soffrire Gesù Cristo. Abbiamo provato a conviverci pacificamente, ma sono troppo malvagi. Allora li abbiamo rinchiusi nei ghetti ma niente da fare, quel lezzume marcia ancora nelle nostre strade. E per questa causa io, il Duce, e il Fuhrer abbiamo creato campi in cui gli ebrei possano vivere liberi, ma lontani da noi. E' stato creato da poco Ebensee, in Austria, gli ebrei che si consegneranno senza difendersi verranno mandati lì. Quindi, per chiunque conoscesse un ebreo, vada a denunciarlo alla polizia: essa lo arresterà e lo invierà in questi campi. Non temete non gli sarà fatto nulla di male. Grazie per avermi ascoltato, buona giornata" terminato il discorso, il programma radio mandò alcune canzoni. Guardai la mamma: la sua faccia era terrorizzata, pallida. Mi accorsi che il suo viso era scavato, sciupito, segno che non dormiva le notti. L'abbracciai e lei si mise a piangere. Poi si riprese: "Dobbiamo scappare prima che ci trovino, dobbiamo andare da papà" mi disse, e detto questo andò a preparare il borsone da bagno. Non capivo perchè volesse scappare: il Duce aveva detto che saremo stati al sicuro in questi campi, in questo posto.. Ebesna o come si chiamava. "Mamma perchè scappiamo? Il Duce ha detto che in questo posto.. Ebesna.. saremo stati al sicuro, magari anche papà è lì" esposi i miei dubbi alla mamma. "Ebensee, si chiama Ebensee, e no tesoro mio, papà è in Svizzera, Ebensee è in Austria. Noi andremo da papà in Svizzera" disse, e io non replicai perchè in Geografia non ero mai stato bravo, nonostante facessi la quarta elementare. Finimmo di fare le valigie, consumando un breve pasto e poi andammo a letto, con l'intenzione di partire il giorno dopo. Ma furono più scaltri loro: intorno alle 4.00 del mattino irruppero in casa nostra. Erano degli squadristi fascisti, li riconobbi dalle camicie nere che indossavano. Ci fecero alzare malamente, ordinando di prendere le nostre cose e andare con loro. Mia madre mi vestii e si vestì, poi prese il borsone, che avevamo fatto per partire verso la Svizzera. "Guardate ragazzi, questa donna era in procinto di partire, che illusa!" rise un uomo. "Dove credevi di andare bellezza?" chiese un altro ridendo. "Mi stavo preparando per consegnarmi l'indomani, ma voi, signori, mi avete anticipata" rispose freddamente mamma, sapevo che stava mentendo, noi dovevamo andare in Svizzera. "Che lezza bugiarda" rise sguaiato l'uomo che aveva fatto la domanda, dandole uno spintone. M'intromisi, dovevo difendere la mamma, coe aveva detto papà. Gli uomini si misero a ridere e uno mi puntò la pistola contro. "Abbassa l'arma è solo un bambino". Ci presero per un braccio, portandoci in strada: ad aspettarci c'era un camioncino, già pieno di Ebrei. Montammo e il camioncino partì. Ci fermammo in un campetto, in mezzo alla campagna fiorentina. Il campetto aveva diverse baracche ed era circondato da filo spinato. C'erano già delle persone lì: perlopiù donne, bambini e vecchi, ma anche qualche uomo. Entrammo in questo campetto e ci fecero un identikit e ci visitarono da capo a piedi. "Come ti chiami? Anni? Cittadinanza? Provenienza? Malattie? Scuola?" mi chiese un soldato, con un forte accento tedesco. "Mi chiamo Shaoul Cadorini, ho 10 anni compiuti da poco, frequento la quarta elementare e non sono malato, sono.. ebreo.. e cosa significa cittadinanza?" chiesi, mentre l'uomo annotava tutto. "Sei italiano?" annuii mentre quello sbuffò, annotando ancora. Poi mi lasciò andare, continuando a interrogare altre persone. Al campo ci siamo stati una quindicina di giorni. Intanto arrivavano altre persone. Poi ci hanno portato via. Hanno detto: "Adesso noi portare voi in Austria. Voi dare noia a noi e noi uccidere". Ci hanno messi in fila e contati, infine ci hanno fatto marciare verso una ferrovia vicina. Ci hanno montato su un treno merci con le pareti di piombo, con qualche feritoia. Una cinquantina circa su ogni vagone, il treno partì. Dopo qualche ora ci fermammo, mamma dice che eravamo a Milano, ha visto la stazione guardando fuori da una piccola feritoia. I vagoni hanno fatto vari scambi sulle rotaie e poi siamo ripartiti. Da allora sono almeno 5/6 giorni che stiamo viaggiando ininterrottamente, mancano i viveri e d'acqua ce n'è molta poca. Le feritoie mandano aria fredda dentro il vagone e la notte si gela, senza coperte ne un fuoco a tenerci caldi. Nel borsone di mamma c'erano vestiti di lana e cale coperte, ma i soldati non ci hanno permesso di prenderli, dicendoci: "Troverete tutto quello che vi serve a destinazione. Voi non portare nulla, là c'è tutto". Stavo andando da qualche parte ma non sapevo dove.

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