Dylan ama dormire, veramente. O così ricorda. Tre anni fa gli piaceva, almeno. Si ricorda di come all'università nessuno lo abbia mai visto fuori dai dormitori prima delle undici, di come la domenica era in coma fino alle sei di sera e soprattutto di come fosse impossibile svegliarlo in qualunque situazione. Ora però, all'alba dei suoi 25 anni, Dylan è sveglio alle 7 e 45 nella cucina del suo appartamento (di cui è estremamente fiero) a scaldare del latte e aspettando le 8 in punto (perché suo figlio è più puntiglioso di lui).
Di solito si alzerebbe un po' più tardi, ma oggi il suo passerotto lascia il nido, lasciato per 7 ore in balia di sé stesso.
Okay, no. Liam oggi inizia l'asilo e Dylan ha una paura fottuta. Non che lo vedesse di più gli altri anni, per via del lavoro, ma soffre d'ansia e certi pensieri non riesce a fermarli.
Fortunatamente un mugugno che arriva dalla porta blu in fondo al corridoio sembra fargli dimenticare ciò a cui sta pensando.
«Papi!» sente il bambino parlare attraverso la porta.
Posa la sua tazza di tè e va verso la camera di Liam. «Ehi cucciolo.» sussurra e accende la luce, avvicinandosi e accucciandosi vicino al lettino. È tutto pieno di sticker di Thor, l'ossessione del bambino. Si ricorda come gli abbia fatto vedere i film del supereroe una cosa come 25 volte, ma non ne ha mai abbastanza.
«A-ilo?» mormora impastato, mentre ha ancora gli occhi chiusi.
«Sì, oggi vai all'asilo, ma prima devi alzarti, su.» gli pizzica la guanciotta piena, per poi alzarsi e porgergli le pantofole, lui si alza lentamente e lo segue in cucina.
«Che biscotti vogliamo col latte stamattina, amore?» chiede iniziando a versare il latte nella tazza della Marvel, la preferita del figlio (ovviamente).
«Pa- Elle!» esclama Liam, alzando le braccia al cielo e facendo ridacchiare il padre.
«E che Pan di Stelle siano.» lo prende da sotto le ascelle e lo fa volteggiare nella cucina fino a raggiungere lo scaffale dei biscotti. «Vai, superman!» lo alza fino a fargli afferrare il pacco marrone, guardandolo mentre canticchia mentre va verso il tavolo.
Si siedono a fare colazione, mentre Dylan cerca rassicurazioni da parte del piccolo. «Non è che poi mi dimentichi e non vuoi più tornare a casa?» chiede più a se stesso che a Liam.
«Na-ha.» risponde il bambino, mangiando.
«Finisci di mangiare, amore, io non scappo.» lo rimprovera mentre mette la sua tazza nel lavandino.
Il bambino annuisce e quando ha finito, inizia a parlare. «Dispiace» si scusa. «No, papi...io volio bene te e no dimentico.» scuote la testa con decisione.
Dylan quasi quasi si mette a piangere così si fionda sul bimbo e lo prende in braccio, stringendolo a sé. «Amore, sei speciale ricordalo sempre.» gli bacia la testa, facendolo ridacchiare.
Quel bambino è la cosa migliore che gli sia mai capitata nella vita, non sa come farebbe senza di lui. Nonostante le difficoltà riesce a dargli una discreta istruzione e a non essere un padre assente, poi è fierissimo del figlio. È veramente intelligente per la sua età: sa leggere un po', conta abbastanza bene ed è il bambino più gentile del mondo. Odia dover lasciar da solo Liam, ma non può più portarlo in ufficio come quando aveva 6 mesi e dormiva ore su ore. Ora parla ore su ore.
«Otay, però ora -etiti!» dice trascinando il padre per il corridoio fino in camera sua.
«Okay okay, mi vesto, cosa vuoi che mi metta?» chiede guardando il bambino che esamina il suo armadio.
Lo hanno sempre fatto, sin da quando Liam ha imparato ad indicare, è una cosa solo loro e Dylan ama quei tre minuti in cui il bambino sembra essere il capo del mondo mentre gli dice come dovrebbe vestirsi.
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I've been idolizing the light in your eyes || Dylan & Berry
RomanceDylan conosce Berry come quello che fa il copywriter nel suo ufficio, non sa neanche bene che faccia abbia. È già troppo impegnato ad essere il genitore single di un bambino di 3 anni e solo quello dovrebbe essere considerato un lavoro a tempo pieno...