Amarsi con disprezzo è follia

9 1 0
                                    


Come se trattenesse unfiore tra le dita...

Le sue braccia erano ramificate sul mio corpo come per proteggermi dal mondo, dalle persone e dalle cose brutte che succedono nella vita. Erano fiorite e mi sentivo al sicuro, mi sentivo a casa. Abbracciarlo, sentirlo sotto la pelle per me era una sensazione indescrivibile. Portarlo dentro come si porta l'anima, indissolubile dal corpo, era una sensazione di completezza. Mi sono innamorata di lui come un bambino che si innamora della curiosità che nutre per il mondo. Lo guardavo come il mare guarda il cielo, finché il suo riflesso divenne dipinto in me.

Lui era un ragazzo che di dolcezza ne aveva da vendere e di amore da sperperare. Corteggiava con affabile gentilezza, amava passeggiare nei pomeriggi autunnali e lo affascinavano i fulmini di una tempesta estiva. Un ragazzo per bene con le mani soffici e delicate come se trattenesse un fiore tra le dita. Te ne innamoravi a prima vista come è successo a me.

Una maschera, una bugiache si portava dentro da tempo

A poco a poco le sue braccia si facevano sempre più strette, non mi facevano respirare. Le sue braccia ramificate sul mio corpo non volevano più proteggermi, volevano bloccarmi, farmi prigioniera. Le sue braccia, che prima erano rami fioriti di primavera, divennero rovi pieni di spine che si infilzavano nella mia pelle. Quelle spine erano le sue parole. Erano pungenti, andavano in profondità e non riuscivi più a levartele. Quelle spine facevano ormai parte di me, facevano ormai parte della mia pelle. La mia pelle non era più liscia, pallida e quasi fragile come prima, ora era piena di cicatrici, ferite ancora aperte e infettate dal tanto odio. Il ragazzo di cui mi ero innamorata non c'era più. Era soltanto una maschera, una bugia che si portava . Rimaneva soltanto una bestia che dilaniava la mia carne.

Non volevo più sentirlo addosso, volevo staccarmi, forse anche scappare lontana da lui. Ma puntualmente lui mi stringeva di più, cominciava a prendermi per i polsi, a stringerli, a farmi sentire quella sorta di bruciatura sulla pelle e lasciava che il segno rimanesse lì, immobile e per sempre viola.

Nascondevo tutto quelloche lui lasciava sul mio corpo

Ho cercato tante volte di fare quella valigia e andarmene lontano senza più rivederlo, ma lui minacciava con le sue uniche armi: le parole e le mani. Gridava con violenza che lo faceva solo perché mi amava, ma non ci si ama con le minacce. Io non potevo farci niente, cercavo soltanto di andare avanti con la poca forza di volontà che rimaneva nel mio cuore innamorato. Era ormai la mia vita, cercavo di convincermi che era giusto così, che lui mi amava anche se mi trattava in quel modo.

Certe volte dimenticava, dimenticava le cicatrici che mi lasciava sia per le sue mani che per le sue parole. In quei momenti era come se tutto si calmasse, come se tornassimo indietro a prima che andassimo a vivere insieme. In quei momenti eravamo sfiniti per le tante litigate: lui era senza voce e io con le guance rigate dalle lacrime. In quei momenti ritornava in sé, come se il ragazzo dolce e premuroso che avevo conosciuto prendesse possesso del corpo della bestia che avevo davanti. Mi prendeva per i fianchi con dolcezza, non con la violenza che usava di solito. Mi guardava negli occhi e mi chiedeva se potesse fidarsi di me.

Mentre camminavamo per strada mi teneva sott'occhio perché non potessi guardare gli altri. Mi vedeva bellissima a tal punto che magliette con la scollatura e minigonne fossero abolite, così che gli altri non avessero motivo per guardarmi.

Piangevo senza farmi sentire e senza farmi vedere. Piangevo di notte mentre lui dormiva, in silenzio e senza singhiozzare. Se mi avesse sentito, avrei temuto il peggio. Poteva iniziare ad urlare come un pazzo, poteva prendermi a schiaffi dicendomi che non dovevo piangere e che dovevo stare zitta.

Amarsi con disprezzo è folliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora