Anestesia.

3.9K 243 354
                                    

Dal giorno dell'incidente Simone si era ritrovato a dover fare i conti con un lato di Manuel decisamente inaspettato.

Iniziò ad interfacciarsi con la parte premurosa del suo migliore amico, che aveva iniziato a preoccuparsi che qualsiasi cosa lo circondasse fosse atta a farlo stare bene. Si preoccupava del fatto che in classe nessuno dicesse una parola di troppo, si preoccupava che nei giorni "no" andasse a dormire comunque tranquillo e si accertava del fatto che mangiasse regolarmente facendo domande vaghe per non far pesare troppo la cosa a Simone.

Manuel era diventato una sorta di ombra di Peter Pan che agiva in maniera silenziosa intorno a lui per far si che le sue giornate fossero serene.

Proprio per quel motivo, in quella sala d'aspetto di uno studio dentistico, Simone si sentiva perso ed anche leggermente preoccupato. Si era ormai abituato ad avere sempre Manuel come appoggio ed ora che ad avere bisogno di appoggio era lui, non sapeva se sarebbe stato in grado di gestirla così bene.

Sfregò le mani sudate tra loro e poggiò i gomiti sulle ginocchia, sotto lo sguardo divertito di Dante e Anita.

«Simone, deve solo levare il dente del giudizio» disse la donna poggiandogli una mano sulla schiena.
«si ma l'hanno addormentato»
«l'hanno addormentato perché stava per svenire alla vista dell'ago» rispose suo padre.

E Simone lo sapeva che la sua reazione agli occhi degli altri poteva risultare esagerata, ma lui credeva di avere una serie di motivi validi per sentirsi così, quindi continuò a muovere nervosamente la gamba destra su e giù, fissando la porta davanti a se.

Voleva vederlo il prima possibile, o meglio, aveva bisogno di vederlo il prima possibile e constatare con i suoi occhi che fosse tutto ok per poi prendersi cura di lui per il resto della giornata.

Passarono quarantacinque minuti e ventidue secondi prima che la porta si aprisse lasciando uscire l'infermiera e facendo scattare Simone con la schiena dritta.

«abbiamo finito, tra qualche minuto lo accompagnamo nella stanza, se volete aspettarlo lì» la donna lo disse con il sorriso e Simone si alzò in piedi infilando in tasca sia il suo telefono che quello di Manuel che gli aveva affidato prima di entrare.

Entrarono in una stanza spoglia con solo una poltrona ed una sedia su cui si mise seduta Anita, Simone iniziò a camminare avanti e indietro tenendo lo sguardo fisso sui suoi piedi finché dei passi non attirarono la sua attenzione.

Manuel fece il suo ingresso tenuto sottobraccio braccio dall'infermeria, con un cipiglio sul volto e la guancia destra evidentemente gonfia. Si mise seduto sulla poltrona guardando sua madre con sguardo stralunato e Simone se non fosse stato preoccupato sarebbe probabilmente scoppiato a ridere per quell'espressione simile a quella di un bimbo di tre anni appena sveglio.

«come stai?» chiese Anita sorridendo.
«mh?» rispose il figlio chiaramente frastornato.
«come ti senti?»
«solo» piagnucolò Manuel.

A quel punto anche sul volto di Simone prese forma un cipiglio simile al suo perché sicuramente non era la risposta che si aspettava in quel momento.

«perchè solo? Ci siamo noi qua»
«me manca Simo» continuò con voce impastata.

A Simone d'altro canto stava per venire un infarto, ne era sicuro poiché sentì chiaramente il cuore fermarsi in quel momento. Spostò il peso da un piede all'altro ed aprì leggermente la bocca senza dire nulla, era evidente fosse ancora frastornato dall'anestesia e a quanto pareva non si era minimamente reso conto della sua presenza.

«guarda che sta lì» Anita alzò un dito in sua direzione e Manuel lo seguì con una lentezza disarmante finché non incontrò i suoi occhi. Subito dopo i suoi occhi lucidi divennero un po' più luminosi e, per quanto riuscì, sorrise.
«sei qui» Simone sorrise di rimando e annuì.
«sono qui» rispose inclinando leggermente la testa.

Se un giorno a Roma | SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora