dalla scorza alla polpa

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★✩ girl x girl, personaggi originali, angst, giorni d'oggi, amore tossico

Mi affacciavo al balcone esausta ogni sera, il peso della giornata sulle mie spalle già troppo fragili e incurvate, ero magra di conformazione e le ossa disegnavano una linea spezzata e brusca sul punto estremo della spalla

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Mi affacciavo al balcone esausta ogni sera, il peso della giornata sulle mie spalle già troppo fragili e incurvate, ero magra di conformazione e le ossa disegnavano una linea spezzata e brusca sul punto estremo della spalla. Portavo i miei lunghi capelli mossi all'indietro, di un castano chiaro molto caldo, appoggiavo i gomiti sotto di me, un po' uscivano dal minuto rettangolo in marmo bianco ma ci affidavo sopra tutto il mio peso, e riposavo ogni parte del corpo, lasciando le gambe esauste aderire al muro interno della casa ed i piedi alzarsi un po', spostando il peso sulle falangi nude e pallide ferite da buchi d'ago.

Il centro storico di un paesello greco, l'odore di salsedine frizzante nel naso ed i colori tranquilli, che sono un piacere per degli occhi stanchati dalla frenesia del vivere. Le sfumature candide del paesaggio che paiono dipinte dal passaggio dell'onda di Katsushika Hokusai, ma a quell'ora incupite dalle tenebre notturne, ed in alcuni punti messe in risalto dai lampioni gialli, e dalla luna bianco latte, che non le fanno mai spegnere del tutto. Sapevo che lì, dove io e te c'eravamo rifugiate una volta fuggite da occhi provenienti dal passato, potevo sorridere anche al concludersi di una pessima giornata, tra il suono del vento marino e le maniche delle felpe che indossavi sempre in casa.

Tu che eri l'autunno di ottobre, la calura di cui eri circondata sembravi emanarla come fossi tè bollente allo zenzero e limone, la tua epidermide soffice è miele d'agrumi, tali i tuoi occhi che paiono mandaranci maturi sul punto di cadere dall'albero. Gli ho dedicato canzoni che non sapevano terminare quando volevi addormentarti sulla melodia d'un pianoforte a coda, dolci e soffici note allo zucchero filato, gli ho donato baci contrapposti ad una loro malinconia, sussurrato parole alle quattro di mattina quando ancora non mi guardavano, ma visitavano scene in altre realtà.
Una poesia di mare e collina, quello era il posto che potevo chiamare mio, e tuo e di nessun'altro. Potevo toccare con mano ciò che mi apparteneva solo portando in avanti un palmo. Ed anche tu m'appartieni, perciò come mai ti allontani sempre di più? Siamo destinate Lizzie, quante volte ancora te lo dovrò ricordare?

L'estate scorsa ti ho portata in Costa Azzurra, te, i tuoi numerosi bagagli a rotelle e il francese masticato, ammaccato, il tempo l'aveva per metà sciolto nel mare delle tue memorie ed a quel punto aveva perso consistenza - le origini parigine ce le avevi solo nel cognome fanciulla mia - , lì ti ci ho portata io. Prima di partire eravamo reduci di un'unica e mai provata euforia, appena trasferite dall'altra parte del globo in barba a chi bofonchiava l'impossibilità del nostro amore eterno, smaniose di sperimentare il limite d'ogni esperienza già vissuta; desideravo farti un regalo per aver accettato la mia buona predisposizione. E la nostra settimana cruciale iniziò di passione e di profumo.

Ricordo com'eri bella così baciata dalla luce aranciata del focolare, quando una cocente notte d'agosto prendemmo parte ad una festa sulla spiaggia, con il caftano azzurro aperto e i capelli allacciati in una breve treccia. Ballavamo assieme, il tuo respiro lieve sulle clavicole, la gola assetata, quando ti allontanavi da me per recuperare due birre chiare troppo calde ti ammiravo in tutto il tuo ingenuo essere armoniosa, una giovane e pura Afrodite, e m'accorgevo di non essere l'unica a contemplarti estasiata. Quando un giovane scapolo ti salutava con lo sguardo, tu ecco che sorridevi e tornavi da me con gli occhi ripieni di ego e ti lanciavi a braccia aperte in avanti come nulla fosse accaduto.

il castello di aranciDove le storie prendono vita. Scoprilo ora