Era la sera d'autunno di un sabato qualunque e Osamu Dazai stava entrando nell'ennesimo bar per scolarsi altre dozzine di birre nella speranza di finire così in coma etilico.
Dazai alzò lo sguardo sull'insegna blu al neon e lesse "Blue Garden", spalancò la porta del locale e vi si infilò dentro venendo subito accolto dall'odore dell'alcol, dal sudore e dal rumore assordante della musica. Senza neanche pensarci un secondo si fiondò sul bancone e si sedette sullo sgabello rosso in centro, in attesa di essere servito da una bella cameriera.
Stava canticchiando una canzoncina che amava, il testo lasciava poco spazio all’immaginazione, se parliamo della sua sanità mentale, quando una giovane signorina gli venne incontro per l'ordinazione. Aveva un viso candido, tanto da farla quasi sembrare una bambola, occhi a mandorla, nasino all'insù, labbra sottili che si aprivano in un caldo sorriso. indossava la divisa del locale che consisteva in una semplice t-shirt nera con il logo del pub e una gonna nera corta aderente ai fianchi con i capelli raccolti in uno chignon basso e semplice.
«Buonasera signore, cosa le porto?» gli chiese dolcemente mentre lucidava un bicchiere e, poté constatare Dazai, anche la sua voce era chiara e limpida come quella di una bambina. Sembrava un incontro voluto dal destino.
Presto ordinò la solita Baltic Porter già col pensiero che ne avrebbe ordinato minimo una decina, lì dentro, svuotando completamente il suo portafoglio senza alcuna pietà per quest’ultimo. Lo servì quasi subito e Dazai non attese molto per incollarsi al boccale come se avesse il bisogno disperato di colmare qualcosa che non c'era, e che forse non ci sarebbe mai stato.
Sorrise al pensiero di quella mattina: aveva fatto incazzare per la miliardesima volta Kunikida semplicemente perché non rispettava i precisissimi piani programmati dal collega sulla sua stupida agenda che teneva sempre con sé. Dazai si divertiva a stuzzicarlo, era diventato quasi un hobby prenderlo in giro appositamente, oppure facendogli credere delle cose che poi alla fine risultavano essere false.
Si girò guardando alle sue spalle, poggiando i gomiti sul bancone e lasciando cadere le mani dal bordo a peso morto, e si limitò a posare lo sguardo sui presenti in sala che si davano alla pazza gioia: tra chi si scambiava effusioni fin troppo esplicite sui divanetti, chi come lui bramava il coma etilico e quelli che invece si dimenavano in pista manco fossero dei polipi impazziti. Era un ammasso informe di gente che non aveva niente di meglio da fare e sicuramente nulla di che spartire con lui.
Decise che quella visuale lo stava stancando e ritornò nella posizione di prima, concentrandosi completamente sulla sua amata pinta, situata dinanzi a sé. Mentre ingurgitava la birra con estrema nonchalance, alle sue orecchie giunse il suono di una voce che conosceva molto, o forse, anche troppo bene per i suoi gusti.
«Un bicchiere di Domaine de la Romanée-Conti. Grazie.»
Dazai si voltò alla sua destra e scoprì con sorpresa che quella voce apparteneva al suo vecchio collega, Chuuya Nakahara.
Erano trascorsi 4 anni, ma il rosso non era cambiato particolarmente, la sua statura rimaneva sempre quella di un ragazzino di prima media, se non fosse per il suo vestiario, che lo faceva sembrare un uomo adulto. I suoi capelli non arrivavano più appena sotto al collo, li aveva fatti crescere nel corso del tempo e ora ricadevano delicatamente sulla sua spalla destra. Dazai dovette ammettere che il nuovo look gli donava molto, era così… sexy.
Non si era minimamente accorto del moro finché non udì la risatina di quest'ultimo. «Che piacere incontrarti qui, Chuuya-kun. Cos'è, oggi è la tua giornata libera?» Gli sorrise amabilmente mentre uno sguardo rabbioso e innervosito si posò su di lui per una frazione di secondo, e tornò sul bicchiere di vino che era stato appena messo sul ripiano a cui era appoggiato.
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Siamo come i fiori di ciliegio- Soukoku
Romance[Chuuya Nakahara × Osamu Dazai] Questa è la storia di due anime affini che, per quanto possano stare distanti l'una dall'altra, anche per giorni, mesi, o addirittura anni, finiranno sempre e comunque per rincontrarsi perché, senza l'altro, si senton...