Nessuno Mi Può Giudicare

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Avvolta ancora tra le lenzuola bianche e candide, pensai innumerevoli volte come potessi inserire nelle argomentazioni generali che facevamo a colazione, il discorso Edoardo. 

La paura per quel fulmine a ciel sereno, aveva fatto tacere la mia lingua omettendo tutto. 

Avevo paura.

Nella mia mente, si susseguivano scenari catastrofici di qualsiasi natura. Lui che sbotta per la gelosia, lui che va di matto perché ho taciuto la notizia fino a quel momento e la più gettonata, lui che mi lascia una volta per tutte.

Avevo terribilmente paura. 

Mi voltai stringendo il cuscino tra le mani sospirando cercando di capire il da farsi, quando sentii una musica provenire dalla cucina. 

Mi alzai rapidamente seguendo "Respect - Aretha Franklin fino in cucina, trovando Dario intento a preparare la colazione facendosi travolgere da quelle note.

Mi appoggiai allo stipite della porta portando le braccia al petto godendomi lo spettacolo che il mio ragazzo mi stava regalando inconsapevolmente.

Quanto poteva essere bello? E poi i pantaloni del pigiama grigi mi davano una stupenda visuale del suo sedere.

Si avvicinò al frigorifero prendendo il latte e, chiudendo lo sportello, iniziò ad indietreggiare verso il piano cottura ballando ancheggiando tenendo il rito con il capo arricciando le labbra. Afferrò con una mossa decisa la marmellata che si trovava sul top e, passandola un paio di volte da una mano all'altra, l'apri intingendo il coltello per poi lasciare un sottile strato sulle fette biscottate sporcandosi l'indice che portò prontamente alla bocca alzando finalmente lo sguardo su di me penetrandomi con i suoi occhi azzurri facendomi sussultare. Aveva sempre questo potere, forse perché ero completamente cotta di lui. 

« Da quando sei lì?», chiese lui sorridendo accentuando la fossetta di destra azionando poi la macchinetta del caffè.

« Il tempo necessario per godermi il mio sexy ragazzo ballare… », risposi slegando le braccia e avviandomi a lui.

In quei giorni di astinenza forzata, Dario, si cimentava spesso in cucina coccolandomi con fette biscottate e latte macchiato.

Adoravo il modo in cui si prendeva cura di me, adoravo la mia vita con lui. 

« Spero che il balletto ti sia piaciuto… », disse sorridendo prendendomi per i fianchi.

« Non c'è male… », risposi ridendo cadendo dentro i suoi occhi.

Lui mi regalò uno dei suoi meravigliosi sorrisi prima di fiondarsi sulle mie labbra che lo attendevano.

Le sue mani si posarono delicatamente sulle mie guance accarezzandola ad ogni bacio. Sentii il gusto del caffè invadere la mia bocca, insieme a quella voglia irrefrenabile che avevo di lui. 

« Ani, forse è meglio fermarsi qui… », affermò staccandosi dolcemente da me. « Inoltre, dovrei rivedere delle cose di lavoro prima di andare… », mi fece segno con il capo indicando delle lastre e dei referti sparsi sul tavolo della cucina. 

I suoi occhi azzurri erano ancora più belli di mattina, risplendendo cristallini con la luce tenue delle finestre. Sembrava un angelo.

« Amore, io dovrei dirti qualcosa… », dissi fermando per un attimo il mio cuore. Avevo una paura mostruosa ma non potevo tenermi ancora tutto dentro.

Lui si accorse di tutto preoccupandosi all'istante.

« Ani, se vuoi parlare di ieri sera, non c'è niente da dire… », le sue mani tornarono ad accarezzarmi il viso facendomi sentire al sicuro. « Andrà meglio la prossima volta… »

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