1. Concessioni

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«E fissiamo l'acqua scura, questo poco vento
che la muove
e le dà piccole venature, come un legno.
Mi tocca il viso.
«Quando uscirai, quando non avrai
alternative? Non aggrapparti, accetta
accetta
di perdere qualcosa».
- Milo De Angelis

Un respiro spezzato -l'ennesimo- prima di tirarsi su dal letto, un freddo leggero percorre ogni centimetro di pelle facendo venire a galla i brividi che normalmente sente danzare sulla parete del cuore.
Riccardo non è riuscito a dirgli ancora una parola, ma sa bene che deve farlo, altrimenti il rimorso lo divorerà per chissà quanto tempo; vivere nell'incertezza di ciò che sarebbe potuto accadere lo ucciderebbe. Ed è questa consapevolezza a muoverlo, perché da quando lui e Alessandro si sono rivisti, in una Torino nuvolosa e accogliente quasi da far male, ha dovuto ammettere a sé stesso che quel desiderio implacabile, a tratti crudele, che avverte ogni volta che l'altro gli respira accanto non è il capriccio di un diciannovenne che non sa più in che volto riconoscersi, ma è il bisogno di un essere umano che solo ora riesce a mettersi in discussione.
Ho sperato tanto di non provare niente, credimi Alessandro.

Si stropiccia gli occhi e si accorge che è nostalgia quella che gli sporca le dita: dolce e dolorosa allo stesso tempo. Guarda dal vetro una città ancora addormentata, mentre lui a dormire non ci pensa neanche più. Afferra il cellulare e prima di concedersi il tempo di ripensarci fa partire quella chiamata.
È al secondo squillo che sente il respiro spezzarsi appena ode la voce, ancora impastata dal sonno, di Alessandro.
«Si può sapere perché mi chiami a quest'ora?». Nessun buongiorno, nessuna inflessione di tenerezza, niente.
«Puoi raggiungermi in camera?»
Secondi di silenzio interminabili, sospesi in quell'aria tesa che opprime il petto di entrambi. Lo sanno benissimo che adesso non si scappa più.
«Stavo per scendere a fare colazione.»
«Alessandro, ti prego» e nella sua voce c'è una supplica che non può essere ignorata. Alessandro sospira.
Non farmi questo, pensa, ma sa bene che è da codardi continuare a scappare.
«Dammi solo qualche minuto.»
Quando stacca la telefonata Alessandro appoggia le mani sulla parete, stringe forte perché ha paura di precipitare in un baratro di emozioni che, sa già, lo risucchierà fino al punto più doloroso, il più difficile da guarire.
Cammina a passi lenti nell'andare da lui, mentre pensa che sarebbe meglio tornare indietro; bussa alla porta invece,due colpi secchi, e quasi gli viene voglia di entrare senza aspettare una risposta e dire "senti, preferisco il silenzio io". Ma Riccardo è già lì, dietro la porta e quando lo guarda, una maschera di turbamento misto a dolore gli copre il volto, tanto che Alessandro avverte l'impulso di rassicurarlo,stringendolo a sé.
Le tende chiuse rendono la stanza uno scrigno semibuio, nel quale paure soffocate danzano libere nell'aria.
Riccardo gli si avvicina ma non lo guarda negli occhi.
«Ale, so che sai già cosa voglio dirti. E credimi, per me è davvero complicato.»
Solleva lo sguardo, puntando dritto negli occhi di Riccardo che si sforza di non fuggire da quella trappola; combatte per non precipitare nel pozzo di catrame che sono gli occhi di Alessandro, intensi e appiccicosi di quella malinconia struggente che si trascina addosso perfino quando ride. Meglio annegarci.
«Non roviniamo tutto» gli tremano le labbra, non vuole parlare. Si allontana, ma Riccardo lo afferra per un braccio e stringe.
«Non posso portarmi addosso il peso di non essere andato fino in fondo. Io non so cosa mi stia succedendo, so solo che ti voglio.»
«Richi...»
Riccardo lo prende per mano, incastra le loro dita, mentre con il pollice gli accarezza il dorso della mano, assumendo una cadenza, lenta e costante, che ad Alessandro fa saltare i battiti del cuore.
«Ti prego Ale, concedimi solo questa settimana».
Come è arrivato a mendicare un briciolo di amore? Non se lo spiega Riccardo, ma la verità è che nemmeno gli importa; adesso, l'unica cosa che assume un valore incommensurabile nella sua scala delle priorità è Alessandro.
Ti voglio.
Ti voglio.

Alessandro sospira forte. Vorrebbe sbatterlo al muro e gridargli come diamine gli salta in mente di metterlo in questa situazione -scomoda e inconveniente. Preferisco il silenzio io, Riccardo.
Riesce solo a scuotere la testa.
«Non posso mandare tutto a puttane» gli poggia le mani sulle spalle, per poi riprendere, «ascolta, io ti voglio bene per davvero, non si può rovinare tutto per una scopata del cazzo».
Sussulta a queste parole e Ale se ne accorge.
«Richi non possiamo, davvero.»
Riccardo lo guarda dritto negli occhi questa volta, lo sfida.
«Sì, che possiamo. Ale, cazzo, lo so che vuoi la stessa cosa che voglio io, quindi non complicare le cose. Lo sai bene che una volta finito l'Eurovision le cose tra di noi cambieranno, ognuno avrà la sua vita. Questa settimana però, possiamo portarcela dietro per sempre. Tra dieci anni voglio ripensare a questa settimana, ed essere felice di aver fatto ciò che sentivo. E io sento di volerti, non ho più intenzione di fingere che non sia così.»
Gli si avvicina, lo abbraccia ma Alessandro non ricambia, sta fermo sulla sua posizione, troppo fragile per restare in piedi ancora a lungo.
«Dimmi di sì, non te ne pentirai, te lo prometto.»
Scuote la testa, perché sa che invece se ne pentirà, eccome se lo farà; qualsiasi cosa deciderà di fare sarà sbagliata, il giusto non è contemplato stavolta.
Quando Riccardo gli fissa le labbra sente le gambe tremargli.
«Ale... non ho mai baciato un uomo.»
Non sa perché tra tutte le cose che avrebbe potuto dire, alla fine gli escono queste parole, soffiate appena sulla bocca del ragazzo che gli sta difronte.
«Fallo allora. Baciami» e lo dice con un tono di voce così basso che Riccardo teme di averlo solo immaginato.

L' ultimo minuto -mahmood e blancoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora