Pensavo di prendere sonno e non posso se sei qui con me

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Scrivere questa storia non è stato semplice: nel mio piccolo, anzi piccolissimo, io credo fermamente che non si possa stare zitti quando si vedono certe cose.
A questo giro non me la sento nemmeno di lasciarvi i miei social in questo spazio, che comunque trovate in giro tra le mie altre storie: vi chiedo semplicemente di leggere e provare a immedesimarvi in quanto schifo possa fare il fatto che nel 2022 esistono ancora persone che possano pensare che sia lecita una mancanza di rispetto, e non solo di rispetto, del genere.
Non aggiungo altro, sapete dove trovarmi per chiacchiere e aggiornamenti: scusatemi se sono breve, ma oggi veramente ho molte poche parole da spendere in merito e, per una volta, preferisco che sia la scrittura a parlare per me.


Magari a spellarti vivo ti trovi l'anima, sotto la pelle che viene via come pellicola e i muscoli e le ossa, qualcosa di filamentoso che si spezza sotto lo scroscio dell'acqua bollente, qualcosa che viene via (un modo che non ci riesce).

Ha sempre odiato la doccia calda – oggi fumo e basta, oggi sigaretta con i capelli bagnati e il caffè che esce borbottando dalla moka. Oggi non me ne frega un cazzo, che la vita è ingiusta per tutti, oggi non me ne frega un cazzo per davvero.

«Non mi dire che non me lo meritavo».

Non glielo dice – Riccardo lo sente comunque, quando zucchera il caffè e il cucchiaino tintinna quelle parole: non se lo merita nessuno, Ricky, pensa te.

«Non mi dire che cazzo non me lo meritavo».

E che lo sai che spaccherei il mondo a sediate, ma chi ne ha la forza?

Che a spellarsi vivo s'è perso tra la schiuma saponata e non si trova più.


Pensavo di prendere sonno e non posso se sei qui con me


Seguono il bagliore dei tuoi occhi come i lampioni di sera

Che scema, pensavo di prendere sonno

E non posso se sei qui con me

Lo so già che non mi passa

E lo so già che mai mi passerà

(Gaia, Nuvole di zanzare)


Riccardo non dorme bene – un poco perché odia dormire da solo e un poco perché ha paura del buio: che chiudi gli occhi e ci nascono i pensieri e quelli come fai a mandarli via, me lo spieghi?

Non glielo spiega proprio per niente, Alessandro, non gli fornisce la soluzione a tutti i suoi problemi il giorno in cui gli chiede se può passare a casa sua, quell'appartamento sventrato e ancora ristrutturato a metà, e lui dice di sì. Non chiede spiegazioni, non avanza ipotesi, dice sì e basta.

Riccardo lo sa bene, come si sanno queste cose, che allora è palese che Alessandro abbia semplicemente aperto un social qualunque per veder sbattuto in mondovisione quel video: lui non l'ha voluto vedere, pur conoscendone l'esistenza, non l'ha voluto vedere perché aprire gli occhi e ripercorrere frame dopo frame tutta la durata di quella manciata di secondi, stampandoseli in fronte come l'ennesimo tatuaggio troppo grande che gli capiterà di incidersi sulla pelle.

Alessandro non ha chiesto, semplicemente ha cantato a Firenze e a Padova pensando che voleva tornare a Milano e, all'alba del ventotto maggio, non gliene è fregato un cazzo di passare da casa propria, semplicemente si è caricato valigia e zaino in spalla e s'è presentato a casa di Riccardo. Lo ha trovato ad aspettarlo.

Seduto in mutande sulla poltrona ancora incellofanata del soggiorno, sembrava quasi che lo stesse aspettando – non gliel'ha detto, figuriamoci: Riccardo ha passato giornate seduto su quella poltrona, come testimoniano le cicche spente nel posacenere ai suoi piedi, il caricabatterie del cellulare abbandonato alla prima presa disponibile come una serpentina rovente e un vassoio con la cena della sera prima (spera vivamente che non sia stato il suo unico pasto in quei giorni).

Pensavo di prendere sonno e non posso se sei qui con me || BlamoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora