Aidan

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Davanti a me la città illuminata e la pioggia che picchia violentemente sulle mattonelle del terrazzo. Mi bagna, nonostante io sia coperto dall'alto da una tenda impermeabile nera lucida; le luci della città si accendono e spengono, i suoni che emette Luxory sono sempre caotici, le macchine, i rumori del persone che urlano e la polizia che continua a passare con quelle sirene assordanti. Si sentono nonostante sia al piano più alto del mio edificio, coprendo di tanto in tanto il rumore della pioggia che batte contro il marmo di quell'enorme terrazza.

Sono giorni che penso di farla finita, giorni che tremo all'idea di continuare a vivere volendo abbandonare questa vita, ogni cosa fatta fino a questo preciso momento mi stava tormentando, dovevo far smettere i miei pensieri costanti e l'unica cosa che mi rimane da fare è farla finita.

Il bicchiere ora è vuoto, ho bevuto fino all'ultima goccia essendo l'ultimo della mia vita, poso lo sguardo sulla sigaretta: sta per finire, mancano gli ultimi tiri.

Aspiro lentamente il mio penultimo tiro e percepisco il sapore del tabacco riempirmi la bocca, rilassando il corpo e la mente mentre ripenso a tutti i momenti passati di questa mia vita inutile. Ripenso a tutti quei momenti in cui avrei potuto fare meglio di me o che avrei potuto aggiustare qualcosa e invece ho capito che dando il cuore a persone ci si rimette sempre.

La vita è come una montagna russa che fa su e giù con le proprie emozioni, piena di brividi appena sali, ma quando si ferma la giostra soffri perché tutto è fermo, tutto è immobile. Forse è l'alcol a farmi pensare ciò e la voglia di buttarmi è tanta, aumenta sempre più. Perché ho fatto ciò che ho fatto e perché sono finito qui? Cosa sto facendo?

Terminato il penultimo tiro butto fuori tutto il fumo scacciando via tutti i brutti pensieri per poter vivere il mio ultimo momento con quella sigaretta. La getto giù dal terrazzo una volta finita e mi avvicino alla ringhiera di pietra e marmo bianco, voglio buttarmi, so che devo, ma la vita ha in piano per me qualcosa di differente.

Sento suonare il telefono col quale solitamente parlo con il personale, in genere lo uso quando avvisano se qualcuno mi vuole parlare o se al locale c'è una persona che devo far fuori o studiare, così rientro dentro casa e prima di rispondere, guardo lo schermo della telecamera del mio palazzo accanto al telefono e noto una ragazzina di circa diciotto anni totalmente fradicia d'acqua gocciolare dentro il mio locale; prendo la chiamata continuando a guardare lo schermo.

«Chi sei?» chiedo con sufficienza.

«Salve, è il signor Greenberg?» poso lo sguardo dietro di lei, notando uno dei miei receptionist fermo ad osservarle la schiena e il sedere, ed io sogghigno divertito tornando a parlare.

«Sì?»

«Ho bisogno di parlarle, mi hanno detto di venire da lei.» è infreddolita si vede da come trema. Aggrotto la fronte e prima di riprendere a parlare penso a cosa possa volere una ragazzina da uno di 36 anni.

«Fatti scortare all'ascensore, appena entri clicca il tasto dell'attico, mi trovi lì.» La vedo uscire dall'inquadratura, deduco quindi che stia salendo al mio piano.

Vivo in un enorme palazzo, su tutto il palazzo si estende il mio locale, il Vertigo, un night club esclusivo con donne e uomini di tutto il mondo pronti e pronte a divertirsi e dare ai miei ospiti il divertimento che meritano, c'è un bar con sedie al bancone e al centro della sala, sul pavimento rosso vellutato, tre tavoli con un palo da lapdance al centro della sala, mentre sotto le due scale curve, situate a destra e a sinistra ci sta un piccolo palco dove si esibiscono le mie ballerine.
Salendo al piano superiore ci sono le camere da letto, nello specifico la 104, la camera dei ricatti.

Faccio firmare loro un finto contratto di riservatezza o meglio, loro credono che sia quello, ma in realtà non lo è, i clienti che vogliono un determinato intrattenimento firmano un foglio dove sono coscienti del fatto che sono filmati attraverso un finto specchio. Queste stanze si estendono fino al quarto piano, nel quale, oltre alle stanze, c'è una piccola cucina per i clienti. Al quinto invece c'è un casinò, enorme a più piani nello specifico tre, ci sono molte persone che giocano dopo aver avuto il divertimento desiderato, ma il casinò è anche una copertura per lo scambio di denaro e riciclare i soldi in modo "legale" e infine gli ultimi piani sono per i miei dipendenti, mentre l'ultimo il più alto è casa mia, un attico di due piani con un enorme terrazzo che affaccia sull'immensa città.

(non) siamo perfetti assieme;Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora