Missili

13 0 0
                                    

1 capitolo
occhi sprofondati fra i suoi silenzi che hanno sempre fame
i nostri corpi distinti fra la sua assenza e il suo grandissimo talento per l'autodistruzione.
si distruggeva pezzo per pezzo e poi lo raccoglieva come se fosse un ladro
rubava piccoli pezzi delle persone per costruirne uno completo
uno completo di suo
tra la paura dell'abbandono e il silenzio al quale apparteneva non riusciva neanche a guardarsi allo specchio, in fondo era l'unico che volevo capire anche se non era una delle cose più banali. ora il capire una persona sta nel sentirlo e non ascoltare, con lui ho imparato a vivere gli attimi, a saper di ascoltare in silenzio, a precipire i piccoli gesti che per lui valevano così tanto, uno sguardo per lui era un mondo, un sorriso era un discorso, un sospiro era tutta una storia.
era avvolto dalle sue paure e non mi faceva neanche toccarlo o avvicinarmi solo per guardarlo negli occhi, per poi sfiorarli delicatamente la mano. non amava il contatto fisico, preferiva tacere ed ascoltare il rumore delle foglie che volano una addosso all'altra, si rivedeva in quelle foglie, tutto sommato lui era una foglia, così fragile ma allo stesso tempo così forte.
la sua vita era un alto e basso, appena saliva in cima si buttava, si buttava per toccare il fondo, per soffrire ancora un po', gli dava soddisfazione, lo riempieva di emozioni, quelle emozioni che piano piano sfuggivano dalle sue mani e lui le rincorreva come se fossero delle farfalle, ma non riusciva a riprenderle, erano troppo veloci.
tutta la sua vita consisteva nella velocità, la velocità che lo aiutava di scappare, di scappare da se stesso nella speranza di trovare un posto sicuro, non aveva bisogno d'amore, ne tantomeno credeva che esistesse, forse tutto questo per la morte del padre che lo toccai fino in fondo, o forse per la madre che se ne andò per lavorare, o forse il sentirsi solo in mezzo a mille persone, non saprei.
mi ricordo perfettamente una frase che mi disse
"sai coraline, sono in mezzo a tante persone ma è la testa che si sente sola"
questa frase mi tocco profondamente, giorni e notti a pensare perché proprio lui, perché non un altro, non arrivai mai ad una risposta concreta, o forse ero talmente tanto innamorata da non rendermene conto.
tutti questi viaggi mentali che mi facevo su achille non avevano senso, sparì, sparì da un giorno all'altro senza neanche un cenno, faceva male, troppo male, ma in fondo ero consapevole che tipo fosse. provai a dimenticarlo, parola grande "dimenticare" ma ci provai lo stesso, alla fine fallì, come sempre.
i giorni passarono e vidi achille seduto su quel banco lontano da tutti, cercava di far parte di un qualcosa, ma si vedeva nei suoi occhietti verdi che non si sentiva all'interno di nulla, scherzava, rideva, ma in fondo era uno di cui prendersi cura, cercare di farlo stare più tranquillo e sicuro.

2 capitolo
"su quella collina spero di incontrarti mentre temo che accada, mi piacerebbe parlarti, darti tutto il tempo che vuoi, starti accanto, sfiorarti il viso con la punta dei miei polpastrelli, sentire il tuo profumo, sentire il tuo respiro
ma non voglio cedere, non voglio farmi vedere distrutto, potrei scoppiare a piangere fra le tue braccia, e non è una cosa da tutti.
sai ho paura, ho paura di far versare quella goccia d'acqua, ho paura che tu possa vedermi come mi vedo io, piccolo.
il mio fiato è sempre più stanco, stanco di dolore"
scrissi questa lettera quando avevo quattordici anni e non la riaprì mai più da quel momento, forse per paura di riprovare determinate emozioni o forse no.
anche se sapevo per certo che io e le emozioni fossimo su due rette parallele, vivevo nei miei pensieri giorno e notte, mi mangiavano, pensieri su pensieri senza arrivare ad una meta. mi autodistruggevo lo so, però era l'unica cosa alla quale non potevo rinunciare.
a volte vorrei essere semplicemente diverso rispetto come sono diventato.

capitolo 3
coraline, coraline era come me, quando le dicevano che aveva il faccino triste, lei provava a nasconderlo.
portava talmente tanto dolore dentro che fu diventata una sua abitudine, volevo aiutarle ma mi respingeva in ogni modo possibile, un piccolo passo in più e lei ne faceva mille in dietro, un giorno le chiesi cosa la ferisse così tanto e lei con quel viso così affascinante abbassò gli occhi e se ne andò.
mi mandavano in crisi i suoi comportamenti, tutto quel che era, tutto quel che faceva, non riuscivo a dirle di no, ma allo stesso tempo non ricevevo una risposta da parte sua.
tutta questa confusione mi fece venire una crisi, in quelle crisi dove volevo sparire senza dare una spiegazione, quelle misere spiegazioni che non avrebbe neanche ascoltato, mi respingeva e mi faceva male, dissi basta.
beh, mi ritrovo di nuovo dentro il mio letto freddo, con le paure che mi soffocano dentro, ma so anche che dovrei alzarmi.
oggi è lunedì, una giornata insopportabile, odio i lunedì, odio l'inizio di un qualcosa esattamente come questo giorno.
credo che sia la cosa più noiosa e paurosa del mondo, mi vesto per andare a scuola con una voglia pari a zero, star a sentire una fuoriuscita di parole dalla bocca senza dare un senso mi faceva innervosire, non riuscivo a sopportare la scuola, i miei compagni, ne tanto meno me. non è il mio posto, volevo semplicemente tornare a casa per non star a sentire nessuno,  fingevo di stare bene in quel posto, perché la fuori sono semplicemente una misera parola in mezzo a tutta quella confusione.
mi sentivo così piccolo, così vulnerabile, ma sapevo che non dovevo mostrarlo, era l'unica cosa che riuscivo a fare per bene, nascondermi.
dopo l'ennesima litigata con mia mamma sono io qui, qui a scrivere senza sentire nulla.
ma so solo che è pesante, pesante tutto questo, tutto quello che sono io. in momenti del genere mi viene voglia di staccarmi e scappare da tutti, da quel che mi circonda, ma so anche che quel che sono mi soffocherebbe. non riesco a sta così, ad andare avanti, a sorridere veramente, preferisco fingere, fingere e basta.
mi è stato detto "sai sento la tua apatia e la tua assenza d'amore da quando sei piccolo, sei un qualcosa di anormale sembra che non sei presente, vivi nel tuo mondo senza farci entrare le persone"
dopo aver sentito queste frasi il dolore neanche mi tocco, ma so che sto per mollare la presa.
basta, basta, so dire solo questo ora.
mi fa male la testa, sto male ma nello stesso momento non lo provo, come se fosse una cosa normale per me, respingo le emozioni come se fossero dei giocattoli che non ti servono.
mi sento inutile, perso, mi sento abbandonato, ma mi sento sempre così. avere le persone al mio fianco che sanno di nulla o che ogni volta che mi provavo ad avvicinare mi respingevano non è molto, persino mia madre. credo che mi odi anche lei, per questo mi odio anche io.
dice sempre che non provo emozioni, che non la rispetto e altre cose alle quali non da senso, ma a me fanno male. sentirselo dire sempre da tutti non fa molto bene, anche essendo quello che mi ha fatto nascere è stata la prima ad avermi distrutto, so che non voleva farlo, so che ha sempre cercato far di tutto per me, ma con questo tutto mi faceva sentire solo.
mio padre non c'era, in fondo aveva preferito morire per l'alcol, lei invece mi faceva pesare il mio modo di essere senza neanche conoscermi.
come tutti si è imbattuta su un idea che si è fatta di me.

MissiliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora