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Siamo appena ritornati a casa. Abbiamo deciso di lasciare Marianna e mio padre da soli col bambino, ci sembrava giusto. Anche se so che a Nicolò è venuta quest'idea dopo avermi visto assente per diverso tempo. Raggiungiamo la cucina, con la speranza di trovare qualcosa da mangiare. Ma lascio il lavoro a Nicolò, sedendomi accanto al lavabo.

«Vieni qui.»

Si intrufola tra le mie cosce e le mie braccia, appoggiando lateralmente il capo sulla mia spalla destra, mentre gli passo la mano tra i capelli.

«Io comunque rimango ad aspettarti, quando andrai nel centro di disintossicazione. Te lo prometto.» sussurra abbastanza forte da farsi sentire.

«Lo so.» rimaniamo così per un po', mi piace sentire il suo respiro sul mio collo. «Non ti ho ancora ringraziato per ieri sera... e stanotte.» sorrido, e contento mi guarda. «Dai, ora però preparati.»

«Non ho voglia di andare stasera.»

«Invece ci vai. Ti mancano solo oggi e domani.»

«Te torni da tuo padre?»

«Preferisco rimanere qui.»

«Non voglio che stai da sola.» infila le mani sotto la mia maglietta e mi accarezza la schiena.

«Voglio stare qui.» insisto.

«Mi chiami se c'è qualcosa che non va?»

«Ok.»

«Vieni a fare la doccia con me?» mi slaccia il reggiseno.

«Hai già deciso.» rido, e le sue labbra mi baciano il collo.

«Mi eri mancata.» mi sussurra stringendomi.

Un po' mi si stringe il cuore. Se gli sono mancata per qualche settimana, allora quando saranno mesi?

Andiamo in doccia. L'acqua calda ci scorre sulla pelle. Mi fa piacere come abbia capito che non sia in vena di fare l'amore ora. Ma comunque mi coccola e mi lava lui.

Seppur banale e fuori luogo, ho solo un dubbio che mi sta tormentando.

«Tutto ok?» ritorno dalla nuvola su cui sdraiavo.

«Sì, tutto ok.» rispondo poco convinta.

«Che c'è?» chiede mentre mi sciacqua i capelli.

«Te pensi che riuscirò a rimanere di nuovo incinta? Tra qualche anno, intendo.»

«Perché non dovresti?» alzo le spalle.

«Non lo so.»

«Capita a tante donne di perdere un figlio, eppure poi riescono a rimanere di nuovo incinte. Te sarai una madre fantastica. Dovevi vederti com'eri bella con Gabriel in braccio.» sembra fantasticare con le parole.

«Quando andrò al centro?»

«Tu quando ci vorresti andare?»

«Subito.» dico soprappensiero. «Quanto costa però?»

«Te non ti devi preoccupare di questo. Ho già parlato con tuo padre e Marianna.»

Si fa notte, ormai sono da sola. Ho veramente intenzione di andarci subito, senza avvisare nessuno.

Chiamo mio padre. Con la scusa di voler tornare a vivere da Nicolò, mi aiuta a riportare tutti i vestiti alla villa, dove mi lascia nuovamente da sola. Da sotto il letto prendo una delle due valigie di Nicolò, la più piccola, che inizio a riempire col mio guardaroba. Poi cerco un foglio e una penna, e inizio a scrivere.

Caro Nicolò,
Mi dispiace non aver avuto il coraggio di salutarti di persona. Ma avrei probabilmente avuto ripensamenti. Ora sto andando al centro di disintossicazione, non so nemmeno se mi accetteranno. Prima però c'erano diverse cose che ti volevo dire. La prima, è che ti amo, questo non cambia. Mi hai aiutato come nessuno ha mai fatto, e stare con te mi fa sentire bene. Però volevo chiederti anche una seconda cosa. Incoerente, lo so. Ma devi dimenticarmi. Sono troppo incasinata per stare con te, tu ti meriti di meglio. Sarei d'ostacolo anche per la tua carriera. E non voglio. Trovati un'altra ragazza, fai quello che ti piace fare. Voglio che tu sia felice, solo questo. Ho bisogno che tu mi paghi le spese del centro, non riesco a permettermelo da sola. Ma ti prometto che quando uscirò ti darò indietro ogni centesimo. Mi dispiace averti fatto perdere tempo con me.
Monica

A quest'ora non penso sia possibile recarmi al centro di disintossicazione, è passata già mezzanotte. L'unica cosa che mi rimane da fare è andare a letto. Domani ci andrò in mattinata, presto. Sento il telefono squillare proprio quando sto per addormentarmi. Mi sta chiamando Nicolò.

«Ehy.» rispondo, mentre mi sento tremendamente in colpa.

«Ehy, ti avevo scritto.»

«Ah, non avevo letto, scusami.»

«Che fai?»

«Sono a letto. Te sei ancora al concerto?» sento molto frastuono di sottofondo, tanto che fatico a capire le sue parole.

«Abbiamo finito ora ora. Vuoi che ti lasci dormire?»

«No, voglio stare al telefono con te.»

«Che hai fatto stasera?»

«Niente, ho solo cenato, e sono andata a casa di mio padre.»

«Come stanno?»

«Solo papà era sveglio.»

«E te come stai?»

«Bene, sto bene. Mi manchi però.» esita.

«Dopodomani ritorno, poi prendo una pausa dalla musica.»

«Non voglio che prendi una pausa dalla musica. Devi continuare a fare quello che ti piace, a prescindere da me.» non risponde, sta in silenzio.

«Mi stanno chiamando.»

«Ok.»

«Tu dormi, ci sentiamo domani.» mi dice.

«Nico'...»

«Sì?»

«Ti amo, ma veramente.»

«Anch'io ti amo.» mi scende una lacrima, ma mantengo la voce calma «Buonanotte.»

«Notte.»

Metto via il telefono, e rimango apatica guardando il soffitto.

È come se tutto questo, tutta la mia vita, non fosse per me, fosse indirizzato in realtà a un'altra persona, più idonea. L'unico sentimento che riesco a sentire è tristezza nel non vedere i primi mesi di Gabriel e i sensi di colpa nei confronti di Nicolò, Marianna e papà. Ma allo stesso tempo vedo come unica via d'uscita da questo tunnel il centro.

Il resto non mi importa ||Tony Effe||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora