Capitolo 6

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... Quando Casey Bailey impugnava il suo arco, il suo animo mutava. Cinque anni di duro allenamento le avevano consentito di padroneggiare col tiro.

Non aveva un bersaglio fisso a quaranta metri ma delle figure in movimento, che spianavano il terreno con cattive intenzioni.

Concentrò il suo sguardo, mite e algido; il suo occhio scorreva nella linea del tiro verso l'obiettivo; la postura eretta; il mento sulla cocca a visualizzare la mira. Spinse il braccio all'indietro e tese l'arco; quindici metri e l'obiettivo di destra si focalizzò sotto il suo campo visivo. Scoccò con sguardo freddo e mano ferma. Il dardo saettò con precisione sul braccio del malcapitato, che rantolò per l'incredulità. Il compare, essendo scoperto, si gettò a terra, strisciando tra le erbacce. Casey poté sentirne il rumore serpeggiante. Doveva esporlo.

Si sollevò, così, dal suo nascondiglio e cominciò a correre lungo la sponda del fiume. L'uomo, infatti, come la vide correre, si lanciò all'inseguimento, seguito da lontano dal compare con la freccia conficcata nel braccio.

Dopo pochi metri, Casey, rossa in volto e col respiro affannoso, incoccò un'altra freccia; si fermò; si voltò; si piegò di scatto su un ginocchio; tese l'arco e scoccò, mirando questa volta alla gamba del secondo assalitore. Il fischio fulmineo del dardo lo prese di striscio, sufficiente, però, per farlo rallentare per il dolore. Casey riprese, così, a correre, poiché l'uomo col cappuccio aveva fatto capolino col suo cavallo da dietro un roccione, dando man forte ai compari.

La ragazza riuscì a percorrere venti metri, dopodiché inciampò finendo a pancia in giù sul terreno cosparso di ghiaia e urtando, violentemente, la faccia su un cumulo di ciottoli scuri.

Non passò molto tempo, che un movimento inatteso le fece sollevare il capo. Una bianca figura balzò in aria da quel cumulo, oltrepassandola, per atterrare dietro di lei. Tutto cominciò a girare; la faccia le doleva; la vista le si annebbiò. Non fu in grado di stabilire la sequenza delle azioni che si compivano alle sue spalle. Le parve di capire, però, che lo sconosciuto era apparso in suo soccorso.

Strinse gli occhi; una mano sul viso. Voltò il capo fin sopra la sua spalla destra. Vide l'uomo brandire una lunga spada appena ricurva; il suo sguardo aveva gli stessi riflessi della lama; la sua mano era serrata sull'impugnatura dell'elsa.

I due sgherri, già feriti, se la diedero a gambe, mentre l'uomo a cavallo caricò sullo sconosciuto, impugnando una pistola a tamburo con canna lunga.

Uno sparo fece sobbalzare Casey, che cercò tentoni di strisciare verso un riparo. Percepiva lo sconosciuto muoversi, segno che lo sparo era andato a vuoto. Strinse il suo arco e con grande sforzo si voltò nuovamente; le gambe le dolevano per la corsa precedente; il suo respiro era un rantolo convulso.

Il secondo sparo le fece chiudere gli occhi; sentì il sangue raggelarsi. Temette la fine per lei e per quell'improvvisato salvatore, che stava rischiando la vita per una straniera.

Tuttavia, l'uomo non solo deviò il colpo con un fendente di spada, ma afferrò un pugnale dal gambale dello stivale e lo lanciò in una sequenza ben lineare, colpendo la mano del sicario. Quest'ultimo perse la presa sulla pistola e con un ringhio osservò gli occhi dell'avversario, seri e gelidi, che imprimevano la determinazione dei valorosi in battaglia. L'abilità dimostratagli lo fece desistere e muovendo le briglie con la mano illesa, voltò il cavallo, dirigendolo verso il sentiero.

Casey continuava, intanto, a strisciare sulla ghiaia, non riuscendo più a distinguere ciò che le sue mani afferravano. Le sue orecchie attente le fecero presagire che lo scagnozzo di Helmut era fuggito e adesso lo sconosciuto si avvicinava a lei con passo rapido. La locandiera le aveva accennato di uomini che non si facevano scrupoli con le straniere dai capelli chiari, e se quell'uomo avesse scoperto il colore dei suoi capelli ...

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