Capitolo 2

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La campanella fu di grande sollievo per tutti. L'ambiente quel giorno si era fatto pesante e per giunta aveva iniziato a piovere, ragion per cui io ed Alice ci trovammo in difficoltà per il ritorno. Ma non eravamo sole. Dafne era visibilmente preoccupata e guardava la pioggia scendere da sotto la tettoia all'entrata della scuola. Come noi era sprovvista di ombrello e non era abbituata alle lunghe camminate. Preferiva di gran lunga muoversi in volo. Questa era la ragione per cui le gambe di moltissime fate non erano granchè forti come quelle degli elfi che potevanno correre per kilometri e kilometri. Per tale motivo sprovvedere una fata delle proprie ali significava condannarla. Dafne abitava in mezzo al Bosco dei Cedri e la strada a piedi era piú lunga della nostra per arrivare a casa dei nonni. L'acqua le avrebbe inzuppato le ali impedendole il volo. Mi dispiaceva vederla cosí.
"Dafne, ti va di fermarti a mangiare da noi? Per i nonni non sarà un problema. Hai tanta strada da fare e in tre sarà piú facile".Le dissi io.
"Grazie Carol, spero di non disturbare, ma come ci arriviamo fin la senza ombrelli?".Fece lei perplessa.
'Mmm... Alice io torno tra un attimo, vado a chiedere dentro se hanno uno,due o magari tre ombrelli". Detto questo corsi verso la segreteria. La segretaria era una donna tonda e bassa con i capelli ricciuti e disordinati. Mi guardó da sotto gli occhiali da vista, con sguardo interrogativo e sospettoso. Tendeva a non fidarsi di noi studenti per nessun motivo. La ragione risaliva ad un anno in cui uno studente le aveva messo delle puntine sulla sedia, da quel momento non si fidava piú di nessuno. Detestava l'idea di poter essere presa in giro nuovamente. "Posso aiutarti?". Mi chiese. "Sta piovendo, avete qualche ombrello in piú?". Feci io.
Lei sorrise compiaciuta e rispose acida'"Ti paio un venditore di ombrelli? Peggio per te ragazzina". Sentii la collera salirmi."Mi ascolti, c'è una mia compagna che non puó volare con la pioggia e abita distante...". Lei mi interruppe bruscamente:"Cosa dovrei farci io? Che usi le gambette sane che Dio le ha dato. Oppure chiamate un calesse".
"Non abbiamo soldi per pagarlo". Il nervosismo si fece intenso. Non attesi ulteriori parole e noncurante mi diressi verso l'entrata. Alice e Dafne parlavano guardando la pioggia. Ad entrambe non piaceva granché. Mi avvicinai a loro visibilmente frustrata,gli ultimi studenti se ne stavano andando.
"Niente, quell'arpia della segretaria non ne vuole sapere di aiutarci".
"C'era da aspettarselo". Sbuffó Alice. Eravamo senza giacche perché mancava meno di una settimana alla fine della scuola e faceva piuttosto caldo. Non avevamo nessun modo per coprirci. Guardai Dafne compiaciuta. "Carol se a voi va di correre sotto la pioggia andate, io aspetto che finisca".
"No".Tuonó Alice."Salta in spalle".
"Ma stai scherzando, peso".Rispose Dafne.
"Non sei un pachiderma obeso, anzi sei un chiodo".
"E se incominciamo a piedi e poi vediamo come va?".
"Ok ma deciditi che ho fame".
"Proviamoci". Disse Dafne un poco incerta.
Il cielo era coperto di nubi grigie e minacciose, il sentiero stava divenendo fangoso. Camminavamo in silenzio, con la pioggia che ci bagnava i capelli e i vestiti. Dopo circa venti minuti guardai Dafne che cominciava a stufarsi. Sperai con tutta me stessa che reggesse per altri dieci minuti. Talvolta rimaneva infietro, il suo passo era troppo lento e rallentava anche noi, specialmente Alice che camminava di suo molto veloce. Ad un certo puntó la udii borbottare:"Ma proprio non riesci a camminare un po' piú veloce?. Il tuo andare è sul serio da pachiderma obeso". Dafne la guardó dritta negli occhi ma prima che potesse ribattere io intervenni:"Alice, ognuno ha il suo modo di camminare e per lei non è di abitudine farlo".
"Lo vedo". Sbottó lei."Ma che ci vuole a muovere le gambe?. Lo fanno tutti".
Tra loro non c'era mai stato un eccellente rapporto anche se era piú Alice quella che metteva innimicizia. In realtà non c'era odio tra di loro ma talvolta Alice diveniva un po' acida con lei. Non ne capivo il motivo in realtà.
"Senti salta in groppa che ci rallenti".Alice era stata molto risolluta. Non dissi una parola mentre la fata, con le ali inzuppate ubbidiva.
"Sei piú leggera di quel che credevo". Si fece improvvisamente allegra la ragazza. Detto questo corse in avanti gridando:"Carol noi guadagniamo un po' di terreno". Quanto era fortunata lei ad essere cosí resistente ed atletica, al contrario io ero buona solo a fare la marcia o ad arrampicarni sugli alberi. Lei non era in grado di muoversi sui rami come facevo io e questo mi faceva piuttosto innorgoglire. Almeno in qualcosa primeggiavo, non come Tennaz ma sempre con una buona agilità. "Aspetta che ti raggiungo". La chiamai io. Lei non si voltó ma urló:"Provaci". Anche con Dafne sulla schiena era piú veloce, non avevo speranze. Quando arrivammo nei pressi del bosco Silente la pioggia stava già diminuendo.
"Adesso cammini". Disse Alice bruscamente facendo scendere Dafne. La ragazza si era fatta silenziosa. Si impegnó ad accellerare il passo e credo che la mia "sorellina" fosse lieta dei suoi sforzi.
Quando arrivammo a casa trovammo la nonna ai fornelli. Quando ci vide si allarmó. Eravamo tutte e tre zuppe d'acqua.
"Ragazze andate subito a cambiarvi".
"Nonna va bene se Dafne si ferma a mangiare da noi?".Fei io.
"Ma certo".Rispose lei.
"Dovrei avvisare mia madre peró".Disse la fata. Nonna la rassicuró:"Ci penso io, ho il numero di tua madre cara,tu va a cambiarti che non voglio ti prenda qualcosa". Detto questo salimmo tutte e tre al piano di sopra, avremmo prestato qualcosa di asciutto a Dafne.
Alice andó in bagno a farsi una doccia e noi aspettammo il nostro turno chiacchierando allegramente. Pensai che non avremmo fatto a tempo a farci la doccia tutte e tre perché i nonni ci avrebbero chiamato a breve. Eppure il tempo passó. Ad un certo punto Dafne mi chiese:"Cos'è quest'odore? Sembra... Polvere di zolfo.Fammi uscire di qui!".
"Dafne io non sento niente, da dove viene?".
Lei con i suoi sensi finissimi disse:"Si sta avvicinando qualcuno". In corridoio si udí una botta e un gemito di dolore. Mi affacciai e vidi Alice scaraventata contro il muro da un uomo con un mantello nero. Portava tra le mani un sacchettino. La vidi tentare di rialzarsi ma questo la bloccó con una forza innumana, magica, senza toccarla, e la scaraventó nuovamente contro il muro. L'urto le procuró di nuovo dolore, alla schiena, e la udii lamentarsi sonoramente.
Mi lasciai ad un grido disperato:"Alice! Nonno aiuto". L'uomo mi sbarrava la strada, ignoró Alice e si rivolse a me:"Dov'è la fata, non faró niente a tua sorella se mi dici dov'è".Alice era piegata in due dal male, sussurró appena:"Carol, la scopa". Era li a mia portata, all'angolo della porta, ma il tipo precedette la mia mossa e mi bloccó il braccio. Lanció il sacchettino all'interno della mia camera. Dafne era li, l'aveva vista. Corse verso la finestra, le ali semiasciutte. "Vola".La intimai io mentre l'uomo con il mantello nero mi spingeva noncurante da parte e correva verso la mia amica. Lei non se lo fece ripetere e si buttó dalla finestra appena in tempo perché lui non la prendesse. Prese il volo mentre lui si gettava per seguirla ed io afferravo la scopa, lo colpivo impigliando l'aggeggio nel mantello e strappandoglielo. Lo udii lamentarsi mentre cadeva al suolo con il mantello nero spezzato ed atterrava bruscamente per poi alzarsi pieno di lividi. Dafne si stava allontanando e il tipo aveva preso una brutta botta ma si rialzó e dolorosamente si allontanó. Alice raggiunse la mia stanza ed io la abbracciai forte, con le lacrime che volevano imperlarmi gli occhi ed io cercavo di trattenere."Carol se ne è andato, ssshh, stai calma". Era lei a tentare di consolarmi quando era la piú provata, eppure cosí forte e combattiva. Ed io con il mio animo troppo dolce e forse egoista,mi lasciavo cullare dalle sue parole dolci di rassicurazione.
Alice era una guerriera come i suoi genitori,il mio animo non era forse vigoroso come il suo.

Il segreto della valle perdutaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora