Capitolo 8

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Kyu varcò il cancello di una lussuosa shinden-zukuri (nobile villa), posta al centro di un grande giardino rigoglioso, con isolotti e ponticelli che facevano da cornice al laghetto artificiale, lucente innanzi alla struttura. L'edificio era circondato da padiglioni collegati tra loro da corridoi coperti, che delimitavano il giardino, così da ammirare il verde paesaggio.

Il giovane percorse uno di quei lunghi corridoi che accedevano alla residenza principale, appartenente all'aristocratico Awashima Heizo.

Un rumore di foglie smosse attirò la sua attenzione. Voltò il capo verso un cumulo di rocce tecnicamente ben composte e sorrise al ragazzo dai capelli neri e arruffati, in jinbei color sabbia, che corse ad arrampicarsi sulla balaustra per accedere al corridoio.

"Neko no yo ni shizuka, Yado kun!" (Silenzioso come un gatto, Yado!)

Il ragazzo, sui sedici anni, strinse gli occhi a mandorla per esprimere la sua contentezza, annuendo in strani gorgoglii della gola. Era addetto alle scuderie di Awashima ed era muto dalla nascita. Prediligeva Kyu Reiji, poiché mostrava genuina gentilezza nei suoi confronti ed era tra i pochi che comprendeva i suoi gesti mimati.

kyu si vide scortare fino alla grande sala delle assemblee, dal pavimento ricoperto con il tatami di erba essiccata e intrecciata. Al suo interno, tre uomini anziani erano seduti sugli zabuton, comodi cuscini di stoffa pregiata, che permettevano agli ospiti di accomodarsi in ginocchio o semplicemente seduti con le gambe incrociate.

Yado lo precedette, facendogli cenno di aspettare fuori, affinché lui lo annunciasse agli ospiti in attesa. Il ragazzo, infatti, ricomparve un attimo dopo, invitandolo, con ampi e frenetici gesti, a entrare.

Oltre ad Awashima, due nobili anziani dagli sguardi algidi su sottili barbe grigie, puntarono gli occhi sul giovane che faceva il suo ingresso.

Alla presenza dei tre nobili, Kyu si pose in ginocchio, ponendo le mani in avanti sul tatami e chinando il busto, onorando così il rispetto per le alte cariche del villaggio.

"Ojamashimasu!" (Scusate l'intrusione!) - pronunciò ossequiosamente. Con la coda dell'occhio scorse Yado appollaiarsi fuori sul portico.

"Abbiamo appreso favorevolmente la tua iniziativa di esportare i prodotti della tua piantagione nei paesi degli stranieri che ospitiamo, Reiji san!" Awashima si mostrò rigido e costante. "Tuttavia, Tokugawa Yoshinobu esige collaborazione territoriale e noi occupiamo una posizione che non ci consente di pensare ai propri profitti!"

Kyu strinse le mascelle contrariato, ma non lo diede a vedere. La convocazione del nobile feudatario e dei pari del villaggio era giunta inaspettata la sera precedente, confermando l'autorità che lo shogunato stava imponendo, dopo le insurrezioni che da qualche tempo si susseguivano.

"L'intromissione delle potenze occidentali nella politica del nostro paese minaccia il Bakufu, e coloro che sono contrari all'ingerenza straniera fanno pressione all'Imperatore per debellare il potere di Tokugawa!" Awashima inarcò un sopracciglio, sperando che il tono autorevole della sua voce scuotesse la remora di quel giovane, che si opponeva all'intero sistema.

Kyu non aveva mai mostrato simpatie politiche né per lo shogunato dittatoriale, che impoveriva i villaggi, né per l'Imperatore Meiji, che si teneva le mani legate innanzi ai soprusi che da anni subivano i sudditi a causa delle cariche feudali potenziate. Awashima era l'unica eccezione. Insieme alla sorella Nia, lo aveva accolto e cresciuto dopo la morte del padre, senza mai imporgli alcuna pressione sulla sua fedeltà e mostrandosi tollerante sulle sue abilità a rendere propizia l'economia del villaggio. Ed era sulla gente di Ginza che il giovane poneva le sue preoccupazioni. La maggior parte di essi vivevano del ricavato dei suoi campi e la fiducia riposta in lui, nell'amministrare la rendita di quella grande azienda, gettava le basi di un'invidia insidiosa nei daimyo più zelanti.

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