CAPITOLO 1

67 9 3
                                    

Parigi era sempre stata, notoriamente,
una città delle mille sfumature e dai mille segreti.
La città di Maria Antonietta, della cattedrale di Notre Dame e della Senna.
La città dell'amore e della lussuria, dove il peccato era vissuto in ogni sua sfaccettatura.

Quando mi dissero che avevo ottenuto una borsa di studio per la Sorbona ero al settimo cielo.
Avevo scelto di fare medicina e diventare un medico pediatra come mio padre, ma quando venne a mancare mi sentii crollare il mondo addosso: avevo perso già mia madre quando avevo solo cinque anni e mio padre era diventato il centro della mia vita.

Lui era stato un medico fenomenale, amato e rispettato da tutti e in sua memoria, decisi che mi sarei laureato e specializzato, cercando, nel mio piccolo, di diventare proprio come lui.

Quando arrivai all'aeroporto internazionale Charles de Gaulle, respirai a pieni polmoni, emozionato per la mia nuova vita.
Essendo l'unico erede della mia famiglia, ereditai tutto, tra cui un lussuoso appartamento nel quartiere di Villa Montmorency, nel cuore della città, ma non mi sentivo il tipo da ostentare tanto, perciò presi in affitto una stanza in uno dei palazzi del quartiere Latino, il quartiere degli studenti, vicino all'università, sulla sponda sinistra della Senna.

Dopo aver ritirato i bagagli, uscii e presi un taxi.
Durante il viaggio, mi fermai a guardare il meraviglioso panorama che sfrecciava davanti a me, mentre il tramonto illuminava di arancio ogni cosa.
Più guardavo e più mi sentivo come trasportato in una di quelle vecchie pellicole degli anni 30, tra lampioni in ferro battuto e antichi vicoli in cui spesso si intravedevano coppiette intente a scambiarsi effusioni.

Arrivai a destinazione e stranamente fu come essere a casa.
Pagai il taxi e scaricai i bagagli, ma mentre cercavo di caricarmi il baule sulle spalle, venni travolto da qualcosa, o meglio qualcuno, che mi fece finire rovinosamente a terra
-Ahia!! Accidenti che botta!!- mormorai
-Hey Tae! Dai solleva quel culo moscio..mi stai schiacciando!!- aprii gli occhi e vidi due ragazzi uno dai brillanti capelli rossi e l'aria un po' svampita, dalla carnagione caramello e un sorriso quadrato molto particolare, mentre l'altro aveva capelli corvini dal taglio moderno, piercing e tatuaggi in bella vista, dagli occhioni grandi e vispi e dal fisico prestante.

Quest'ultimo, appena si rimise in piedi, mi tese la mano e con un pessimo accento francese disse
-Pardone moi..- gli afferrai la mano e una volta in piedi sorrisi.

-Sei forte, ma hai un pessimo accento!-

-Ah ma sei coreano anche tu!! Come ti chiami?!- esclamò il rosso

-Si esatto! Di Busan! Io sono Park Jimin, voi?!-

-Io sono Kim Taehyung e sono di Daegu! Lui è Jeon Jungkook e anche lui è di Busan!-

-Benvenuto Jimin nel quartiere Latino! Dai vieni, ti aiutiamo con i bagagli! Che stanza hai?!-

-Oh grazie! La n.1423-

-Sei sul nostro piano! Fantastico!-.

Percorremmo le strette scale in legno e salimmo al secondo piano.
Notai con piacere che somigliava ad un campus universitario, pieno di vita e confusione e questo mi avrebbe fatto sentire meno la mancanza di casa.

Entrai in stanza e rimasi piacevolmente sorpreso: proprio di fronte all'ingresso c'era un angolo cottura con tanto di lavatrice, microonde e frigo e un tavolo in legno e piastrelle in ceramica bianche.
Una porta finestra portava ad un grazioso balconcino in ferro battuto dove si trovava un piccolo tavolino rotondo e due poltroncine anch'esse in ferro battuto.

Sulla sinistra si trovava il bagno con le piastrelle beige, lavabo e doccia, mentre proprio di fronte al bagno, c'era la camera da letto, con un enorme letto matrimoniale, comodini con due lampade e una seconda porta finestra che conduceva ad un altro balcone un po' più ampio del primo.

RED PASSION IN PARIS [P.JM.]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora