- capitolo 21 -

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Allison si stava preparando in camera sua. Era il suo compleanno, l'ultimo che avrebbe festeggiatosulla terra, una parte di lei avrebbe voluto essere triste e nostalgica, ma non quella sera, non poteva permetterselo. I suoi effetti personali a cuiteneva di piú e che avrebbe portato con se all'inferno erano giá in valigia, una volta scoccatala mezzanotte, anche se non aveva idea di come,avrebbe fatto la sua scelta e poi avrebbe preso le sue cose e sarebbe andata finalmente a casa. Si sarebbe dovuta separare di nuovo da Dakota e questo non le piaceva nemmeno un po', ma sapeva che era inevitabile. Summer le aveva detto di prepararsi, ma non le aveva spiegato dove stessero andando. Il suo sesto senso le suggerí di vestirsi elegante. Indossó un abito con il corpetto di pizzo dorato e la gonna in tulle bianco corta davanti e lunga fino alle caviglie suldietro e un paio di sandali dorati con il tacco a spillo e l'allacciatura alta. Era quasi pronta, doveva solo finire di truccarsi. Si sedette alla toeletta e si chinó per frugare nei cassetti. Quando rialzó lo sguardo intravide riflessa nello specchio una figura femminile alle sue spalle. D'istinto si voltó subito indietro e si trovó davantiuna donna bellissima e al tempo stesso raccapricciante, aveva gli occhi interamente neri, simili a profonde pozze di catrame. << Non urlare, non ti conviene >> era un demone, questo ormai era lampante, ma come aveva fatto a entrare e perché i suoi occhi erano cosí? << Chi sei? >> ringhió tra i denti. << Oh, che scortese... non mi sono presentata, Lilith >> le si geló il sangue nelle vene, aveva giá sentito quel nome e ci mise poco piú di un secondo a collegare. << Cosa vuoi da me? >> << Non sei nella posizione di fare domande piccola Lucifer >> rimase a fissarla in silenzio, cercando di capire come facesse a sapere il suo nome. << Comunque ho intenzione di risponderti... lo sai che potrei bruciare Sunset Ville in pochi istanti? >> Non riusciva a capire dove volesse andare a parare ma aveva un orribile presentimento. << Bene, e lo faró se questa nottenon ti  consegnerai al Consiglio prima della mezzanotte mia piccola Cenerentola, anzi per sicurezza facciamo entro le undici, non voglio scherzi >>. La ragazza ci mise un po' a realizzarepoi il suo cervello riprese a funzionare e a cercareuna soluzione. Non sapeva né cosa dire né cosa fare, stava succedendo tutto troppo in fretta. << Echi mi dice che hai abbastanza potere per farlo? >> Il tono di voce le uscí piú beffardo del dovuto. Lilith ridacchió. << Sono, uno dei demoni piú potenti dell'inferno, l'ex moglie di tuopadre tesoro, fai tu i tuoi conti... >> una parte di lei voleva correre di sotto e fare finta che non fosse successo nulla, quella domanda era stato solo un disperato tentativo di prendere tempo per pensare al da farsi, sentiva perfettamente che la donna era molto piú forte di lei. << Perché? >> Iltono arroganrte di prima era ormai ridotto ad un lieve sussurro << perché stai facendo questo? >> << Perché tuo padre mi ha tradita, hai tempo finoalle undici in punto, non un minuto di piú, oppureil tuo tanto amato quartiere brucierá e moriranno tutti, te lo posso assicurare mia cara >>. Detto cióscomparve in un cerchio di fiamme che lasció un segno scuro sul pavimento. Il cuore di Allison batteva all'impazzata, faceva sul serio ne era certa e se non si fosse consegnata avrebbe distrutto la sua cittá. Sí sentí sbagliata per avere chiamato Sunset Ville la sua cittá, la sua cittá sarebbe dovuta essere Dite e lei in qualitá di demone avrebbe dovuto fregarsene della terra e tornare all'inferno da suo padre, ma non ce la faceva. Si sedette sul borbo del letto e rimase a fissare la propria immagine riflessa nello specchio; sembrava non esserci una via di fuga da quella situazione. Deglutí ricacciando giú le lacrime, piangere non le sarebbe servito a niente se non a perdere tempo, tempo che non aveva. Si alzó e andó a prendere il suo diario dalla valigia, scrisse velocemente su una pagina pulita poi lo lasció aperto sul pianale della toeletta. Doveva scendere o avrebbe destato sospetti.

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La spiaggia era piena di persone e illuminata da tante lanterne colorate e da un enorme faló, i suoiamici dovevano essersi impegnati veramente tanto per organizzarle una festa del genere, ma non poteva esserne felice, non ci riusciva. Dovette dunque fingere per tutto il tempo di essere contenta e che il destino della sua cittá, della quale le importava piú di quanto avrebbe dovuto, non fosse cosí strettamente legato alla sua vita. Balló e bevve un sacco nel disperato tentativo di ubriacarsi, ma nemmeno l'alcool riuscí ad allontanara dal suo chiodo fisso. Guardava in continuazione l'orologio da polso che si era messa prima di uscire accorgendosi ogni volta che il tempo stava correndo troppo veloce. Era colpa sua se ora si trovava in quella situazione, se solo non avesse fatto di tutto perscoprire la veritá sul suo passato, se solo avesse vissuto quei giorni come quella di sempre, come una semplice umana, ora non avrebbe avuto tutti quei problemi; eppure continuava a non pentirsidi nessuna delle sue scelte, se fosse stata in gradodi tornare indietro nel tempo le avrebbe ripetute tutte, anche all'infinito se solo ne avesse avuto l'occasione. Erano quasi le undici e ormai sapeva che tutte quelle persone innocenti non potevano morire per lei, non avrebbe mai sopportato un simile peso. Per quanto si sforzasse di agire e di comportarsi esattamente come un demone le era ben chiaro di non esserlo a pieno, era tanto demone quanto angelo e per quanto tentasse di fare pendere l'ago della bilancia verso il lato che preferiva non poteva cambiare quello che era veramente; era veleno per gli esseri umani ma poteva anche scegliere di essere la loro salvezza.Si sentí in colpa per non riuscire ad essere cattivaed egoista come fingeva di essere, ma questo nonserví a farle cambiare idea. Dove andavano le creature sovrannaturali quando morivano? Forse l'avrebbe scoperto molto presto. Era giunto il momento. Disse ad Alvin quanto lo amava e quanto fosse felice di andare a casa, poi si allotanó con la scusa di dover andare in bagno e sgattaioló fuori dalla festa senza che nessuno se ne accorgesse. Si voltó indietro solo una volta pensando a tutto quello che si sarebbe persa, a ció che stava lasciando e sorrise amaramente, era giunto il momento di fare i conti con le conseguenze di tutte le pessime scelte che aveva fatto, alle persone che avevano sofferto a causa sua in passato e a quelle che avrebbe fattosoffrire con quella scelta e per un secondo pensó che tutto il male che aveva fatto le stesse tornando in qualche modo indietro, nessuno poteva salvarla e non era piú tempo di pensare, ma di agire, in fin dei conti non era altro che il suo karma per aver dato il peggio di sè.

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Una volta giunta alla periferia di Honolulu inizió a gridare contro il cielo: << sono qui, forza venitemi a prendere, avanti zio, non mi vedi? >> Piangeva e rideva istericamente allo stesso tempo, si sentiva come se stesse andando fuori ditesta, e se anche avesse perso il lume della ragione che importanza aveva? Tanto nel giro di breve sarebbe morta. Sentí dei passi alle sue spalle ed inizió a ridere ancora piú forte per soffocarne il suono, non li voleva sentire, non voleva ammettere che quello che stava succedendo fosse reale. Poi sentí qualcosa pungerle il braccio, una ago che le venne conficcato nella pelle. Riuscí ad evitare di gridaresolo mordendosi la lingua, un liquido che bruciava da morire le venne inniettato. "Acqua santa ", fu l'ultima cosa che riuscí a capire prima che tutto diventasse lontano e sfocato e infine nero. Svenne

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