Introduzione

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Il testo del Manifesto del Partito Comunista che avete
tra le mani, è semplice e breve: fissa gli elementi fondamentali
del marxismo e del comunismo. Difficile a mio parere dirsi
comunisti e comuniste senza essersi confrontati con questo
testo.
Con queste brevi note introduttive, cerco di affrontare
due questioni. La prima è quella di proporvi alcune
considerazioni che forse potranno aiutarvi a situare il testo in
un contesto più ampio, facilitandone la lettura. In secondo
luogo cerco di affrontare un nodo – quello del rapporto tra
sviluppo del capitale e sviluppo della soggettività rivoluzionaria
in grado di superare il capitalismo – che a me pare non risolto
compiutamente nel Manifesto. Mi è ben chiara l’enormità del
problema che sollevo e la mia insufficienza soggettiva
nell’affrontarlo. Tuttavia mi pare utile ed onesto proporvi
alcune riflessioni a questo riguardo, proprio nel momento in cui
sottolineo l’indispensabilità della lettura del libro che avete tra
le vostre mani.

    
Un Manifesto, cioè un atto       fondativo

Il primo dato da sottolineare è che il testo di Marx ed
Engels è stato scritto nel 1848 cioè quasi 170 anni fa:
opportuno evitare di giudicarlo sulla base della completa
aderenza rispetto alla concreta situazione attuale. Si tratta al
contrario di leggerlo come un testo fondativo, non solo per i
suoi contenuti ma anche per il ruolo che ha inteso svolgere.
Occorre infatti aver ben presente che le varie associazioni
rivoluzionarie esistenti all’epoca di Marx erano sostanzialmente
organizzazioni segrete, che agivano nell’illegalità o ai margini di
essa. Il Manifesto del Partito Comunista è un testo pubblico, un
Manifesto per l’appunto. Marx non scrive un documento da far
circolare tra pochi adepti ma esce allo scoperto e dice : eccoci
qui!
Si tratta di un vero e proprio salto di qualità, di un inizio
che deve essere tenuto ben presente. Quello che avete in mano
non è un “libro”, ma un Manifesto, un proclama, un atto
fondativo per l’appunto. Con questa consapevolezza deve
essere letto questo testo che si prefigge di aprire la strada del
materialismo storico e del movimento comunista.
Marx ed Engels si pongono l’obiettivo di analizzare la
dinamica storica in modo scientifico: non erano dei santoni o
degli indovini. Il testo va quindi letto sapendo che è un testo
storicamente determinato e non una profezia alla
Nostradamus. Il testo va apprezzato nella sua capacità di
individuare la dinamica storica generale, non criticato nella sua
imprecisione rispetto alle forme fenomeniche assunte dalla
realtà storica concreta a distanza di oltre un secolo e mezzo.
Di questo erano perfettamente consapevoli Marx ed
Engels, che, nella prefazione per l’edizione tedesca del
manifesto del 1872.
La prima avvertenza è quindi di leggere il testo sapendo
che non è stato scritto ieri. Non è una richiesta di indulgenza
ma semplicemente il riconoscimento - sulla base dei più
elementari principi del materialismo storico, e quindi del
marxismo - del carattere storicamente determinato di ogni
azione umana, compresa l’elaborazione e la scrittura del
Manifesto. Il materialismo storico vale anche per gli scritti di
Marx.

Il materialismo storico
In secondo luogo il testo di Marx ed Engels si occupa
della lotta di classe nella prospettiva del superamento del
capitalismo. L’oggetto del libro non è quindi la contingenza
storico-politica ma la longue duree, la dinamica di lungo
periodo. Giova a questo riguardo, citare brevemente una parte
della prefazione, che Friedrich Engels scrisse nel 1893, per una
edizione italiana del Manifesto:
“Il Manifesto riconosce appieno il ruolo rivoluzionario giocato
nel passato dal capitalismo. La prima nazione capitalistica è
stata l'Italia. La conclusione del Medioevo feudale e l'inizio della
moderna era capitalistica sono segnate da una figura
grandiosa: è un italiano, Dante, l'ultimo poeta medievale e
insieme il primo poeta della modernità. Come nel 1300, una nuova era è oggi in marcia. Sarà l'Italia a darci un nuovo Dante,
che annuncerà la nascita di questa nuova era, l'era proletaria?”
Engels, che scrive nel 1893, fa giustamente riferimento al ‘300
per datare la nascita del capitalismo, un capitalismo che si è
sviluppato nel corso dei secoli e che ha avuto una prima analisi
scientifica proprio nei lavori di Marx ed Engels, nel corso del
1800,cinquecento anni dopo la sua nascita. Marx ed Engels
sviluppano quindi la loro analisi e traggono le loro conclusioni
in una prospettiva storica di lungo periodo, in cui i rovesci della
storia sono stati molteplici. Nel marxismo vi è quindi
l’individuazione di una dinamica storica, delle sue
contraddizioni e – su questa base - della possibilità di superare
il capitalismo. Il marxismo tematizza quindi la prospettiva
rivoluzionaria non l’idea che la storia si possa fare
arbitrariamente attraverso l’evocazione di una pura volontà di
potenza soggettiva. L’impegno dei comunisti e delle comuniste
deve quindi partire dalla comprensione della dinamica storica e
dall’individuazione delle contraddizioni al fine di svilupparle in
direzione del superamento dei rapporti di produzione
capitalistici. Il comunismo non è quindi il frutto di un oggettivo
progresso o di un atto di volontarismo astratto: è la possibilità
inscritta nelle contraddizioni del capitale che il soggetto
rivoluzionario può cogliere e sviluppare storicamente. Una
possibilità che contiene un profondo elemento soggettivo ma
che non è arbitraria bensì storicamente determinata. Una
possibilità di superamento del capitalismo che si accompagna, come sappiamo, al rischio della barbarie. Per dirla con i nostri
autori: “una lotta che finì sempre o con una trasformazione
rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle
classi in lotta”.
In questa dialettica tra contraddizioni oggettivamente
poste dallo sviluppo del capitale e possibilità del loro
superamento positivo attraverso un intervento cosciente della
soggettività del proletariato, si fonda la prospettiva comunista.
Il comunismo è il possibile sviluppo dialettico delle
contraddizioni del capitale, non una filosofia della storia che
vede nel comunismo il punto di approdo necessario della storia
umana. Sottolineo questo punto perché il maggiore
travisamento del marxismo consiste proprio nel considerarlo
una filosofia della storia in cui l’esito comunista è già definito,
necessitato. Vi sono filosofie della storia che si fondano
sull’idea che lo sviluppo del capitalismo porti in se al
comunismo. Vi sono filosofie della storia che fondano
l’oggettività dell’approdo comunista sulla pura volontà
soggettiva. Si tratta di narrazioni di tipo religioso del tutto
arbitrarie e fuorvianti. Il marxismo scientifico non ha nulla a che
fare con tutto questo perché proprio - in quanto materialista -
non è in alcun modo una filosofia della storia di tipo religioso
che “promette” l’avvento del comunismo come fatto certo e
oggettivo. Il marxismo non è una religione, non è una grande
narrazione a lieto fine, nonostante parte del marxismo storico
sia impastato proprio di questi elementi religiosi. L’inserimento
nel marxismo di elementi religiosi di tipo consolatorio, ha inizio appena dopo la morte di Marx. A mio parere infatti, il
materialismo dialettico che ci propone Engels nell’Antiduhring
(1878) e nella Dialettica della natura (1883), in cui scienze
naturali e scienze sociali vengono mischiate in una grande
narrazione che parte dalla formazione del mondo e arriva al
comunismo, non ha nulla a che vedere con il materialismo
storico e con il marxismo scientifico. Si configura come una
rassicurante visione religiosa di cui la promessa della salvezza
invece che nell’aldilà viene collocata nell’aldiquà.
Il marxismo scientifico si fonda quindi sul materialismo storico,
sull’analisi storica dei modi di produzione e sulle contraddizioni
che in essi si generano aprendo la possibilità di un loro
superamento: capitalismo compreso.
Il tema del ritorno a Marx, non è quindi il tentativo di
mettere tra parentesi lo sviluppo del movimento comunista
dopo Marx: esprime la necessità teorica di fondare la
prospettiva comunista su basi rigorosamente materialiste,
sottoponendo a critica quegli sviluppi del marxismo basate su
narrazioni rassicuranti impregnate di falsa coscienza. Queste
hanno avuto una indubbia funzione progressiva nella prima
fase del movimento operaio, ma nel lungo periodo sono
divenute grandi ostacoli allo sviluppo del marxismo e del
comunismo. La storia non ha un fine già definito così come la
storia non la si può fare arbitrariamente: lo sviluppo storico – e quindi il comunismo - è il possibile sviluppo dialettico delle
contraddizioni insite nello sviluppo capitalistico.

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