CAPITOLO I

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I miei genitori avevano sempre preteso che io diventassi la donna perfetta, invidiata da tutti e all'altezza di quella sforzata nobiltà che da sempre caratterizzava la nostra famiglia.

A volte pareva di vivere ancora in quella meravigliosa ma inquietante epoca vittoriana che divoravo nei romanzi o qualche serie tv, che guardavo nella notte, quando l'insonnia mi opprimeva il petto e la mente e quella perfezionista di mia madre mi lasciava in pace con i compiti e le lezioni sulle buone maniere. Mia madre, sì, la Lady per eccellenza, dedita a programmare la vita della tenuta e della sua famiglia; in questo caso, la mia. E puntualmente, come ogni romanzo avventuriero che si rispetti, c'ero io – la piccola pecora nera ribelle e per niente aggraziata... beh certo, questo secondo il distorto parere dei miei genitori, suppongo fosse complesso capire che certe cose solo non facevano parte della mia... natura? Essere figlia unica in quella situazione aveva un pro: non c'erano paragoni con sorelle o fratelli sicuramente più capaci ed obbedienti di me, ma anche un insormontabile contro: tutte le attenzioni di mia madre erano tutte, per me.

Per questo comunque, per il fatto che dovessimo dimostrare una certa reputazione, costantemente, essendo la deliziosa famiglia del sindaco di Grisly Shore, la piovosa e noiosa piccola cittadina che "governavamo", sin dalla tenera età ero stata costretta a trattenermi in classe per le lezioni supplementari che si tenevano ogni pomeriggio nelle scuole prestigiose e rigorosamente femminili che frequentavo, sebbene i miei voti superassero la media di ogni studente, Lady Kizoku Cester si premurava personalmente di raccomandare i miei insegnanti a trattenermi quanto più possibile per crediti extra – d'altronde nessuna protesta poteva scalfirla, chi oserebbe andar contro la moglie del sindaco?
Lei era ascoltata da tutti, forse più di mio padre, per il suo temperamento imprescindibile, autorevole, temibile, o semplicemente per il potere economico e sociale tramandato dalla sua potente nonché più antica famiglia di città, che aveva poi trovato ancor più stabilità una volta sposatasi il favorito alle elezioni – la stessa discendenza d'altronde che ci permetteva di stare nella tenuta più importante, ed io a volte lo vedevo quanto mio padre si sentisse in difetto o semplicemente impotente di fianco a lei invece incurante di tutto – una notte in cui era più fragile emotivamente mi aveva persino confessato di saper per certo che aveva vinto le elezioni solo per aver spostato la sua Clotild. Era impossibile anche dirle no, specialmente quando le sue imposizioni portavano vantaggi a chi si rivolgeva. Esattamente come quando una settimana prima organizzò un disgustoso incontro con me al centro e la famiglia Rochebord a giudicarmi... o meglio, adularmi senza alcun motivo alcuno. Il motivo per cui mia madre li aveva scomodati dalla loro villa in collina era il fantomatico fidanzamento a cui auspicava per me e quale miglior partito se non il figlio del segretario di mio padre? Albert, prediletto di tre maschi, di Lady Rochebord si era seduto di fronte a me dal primo istante ed aveva continuato a sorridermi come un ebete per tutto il tempo. Sua madre non faceva altro che ripetere alla mia di quanto fossi bella seppur insolita per colori distanti da tutti i membri della famiglia, di quanto fossi a modo, composta ed intelligente, di quanto fossi in gamba, sicuramente ambiziosa – diceva – e con un corpo adorabile e ben propenso al concepimento. Signor Ottocento, bentornato!
Mio padre almeno a quel dettaglio rivolse un'occhiata torva alla moglie ed io ero proprio lieta in quei momenti che ci fosse anche lui come testimone a quei teatrini assurdi.

«Sono sicura che con Albert troverà il suo equilibrio perfetto!» La voce stridula di mia madre toccò picchi forse mai raggiunti. Ignorando le occhiate dei suoi parenti diretti, ovvero noi, si deliziava il palato con uno dei pasticcini da thè che aveva portato la signora Rochebord, la cui saliva invece traboccava dalla bocca impasticciata in malo modo già di suo da quell'eccentrico rossetto rosso fuoco.

«Per me sarebbe un onore accompagnare la magnifica Eireen all'altare signori, da quando l'ho vista per la prima volta fuori al cancello del suo istituto, mi sono incantato a guardarla, con tutto rispetto Signor Cester... sua figlia è davvero incantevole.»
Alzai gli occhi al cielo voltandomi verso mio padre e mimando un conato di vomito che lo fece sorridere e morder il labbro inferiore per trattenersi.
Quella situazione imbarazzante durò per ben tre ore e mezzo, tre ore dove si facevano progetti su di me ed il mio futuro senza interpellarmi una sola singola volta. Alla fine della giornata mi era semplicemente venuta la nausea e come se non bastasse quando Albert-allocco mi salutò, per baciarmi la mano mi spiattellò tutta la sua saliva sul palmo, pensai dovesse essere un disgustoso vizio ereditario di famiglia. Ah, che orrore!

L'ultima Kitsune - I misteri della Saint BaràDove le storie prendono vita. Scoprilo ora