Porte Aperte E Arretrati

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Durante tutta la notte, non avevo fatto altro che pianificare nel minimo dettaglio, il suo risveglio e le parole che avrei usato per darle la notizia dell'imminente partenza. Immaginavo già la sua espressione felice e i suoi occhi che si accendevano stupiti. Amavo vedere quel bagliore nei suoi occhi, amavo vederla emozionarsi e diventare quasi una bambina anche per le piccole cose.

Amavo tutto di lei.

Mi avvicinai leggero al suo collo da dietro e, lasciandoci tanti piccoli baci, aspettai pazientemente che che si svegliasse sotto quella cascata di attenzioni intenzionali.

« Sei già sveglio? », disse lei con voce assonnata. « Non è neanche suonata la sveglia. », continuò portando la sua mano destra sulla mia guancia.

« E non suonerà... », precisai continuando quella discesa di baci.

« Che vuoi dire? », chiese quasi allarmata voltandosi verso di me.

« Quello che ho detto. », riposi semplicemente cercando di camuffare quel sorriso che stava venendo fuori.

Mi guardò con occhi straniti cominciando a sorridere pure lei. Era l'espressione che volevo vedere.

« Dario, potresti spiegarti meglio? », chiese lei sedendosi sul materasso. « E togliti subito quel sorriso sexy dalle labbra, perché non è una risposta! », esclamò lei continuando a ridere facendo ridere anche me.

« Ti dirò tutto al momento opportuno, ma adesso vestiti, siamo già in ritardo. », risposi baciandola fugacemente per poi alzarmi dal letto lasciandola a bocca aperta.

« Dario, ma stai scherzando? In ritardo per cosa? », continuò a domandare mentre anche lei si alzava dal letto.

Sentii i suoi passi avvicinarsi sempre di più, mentre io con tranquillità stavo iniziando a lavare i denti.

« Allora?! », chiese ancora una volta incrociando le braccia al petto davanti alla porta del bagno.

Mi voltai verso di lei cercando di non ridere. L'unica cosa che, malgrado l'avessi preventivata, non sapevo gestire.

« Vuoi smetterla di ridere?! Dimmi cosa sta succedendo! »

« Tu, ti fidi di me? », domandai poggiando entrambe le mani sul lavello.

« Certo che mi fido... »

« Bene, allora corri a vestirti perché abbiamo un aereo da prendere! », affermai rimettendo lo spazzolino in bocca. « E vestiti leggera... », continuai guardando lo specchio che avevo di fronte a me.

« Dario, e con il lavoro come la mettiamo? »

« Ci ho pensato io. »

« E la mia valigia? »

« E già in auto. »

« In auto? Quindi hai fatto la mia valigia? »

« Esatto. »

« E cosa ci hai messo dentro?! »

« Amore... », sussurrai avvicinandomi a lei. « Hai detto che ti fidi di me... »

« Sì, ma... »

« Non c'è nessun ma. Vai a prepararti, ci vediamo giù, ok? », finì accarezzandole il viso e dandogli un'altro bacio veloce.

Avevo messo in conto anche questo. Lei era così: curiosa all'inverosimile e restia alle sorprese. Anche se poi, le accettava di buon grado.

Dopo essermi vestito con un jeans blu scuro, camicia bianca, e scarpe scamosciate abbinate al mio cappotto blu, scesi giù di corsa per non darle il tempo di fare altre domande, piazzandomi davanti al cofano della macchina con la solita sigaretta tra le labbra. Sapevo che stava soffrendo, quindi, non ci avrebbe messo molto nella preparazione. Infatti, neanche venti minuti dopo, la vidi uscire dal portone di casa nostra indossando un vestito lungo blu notte a portafoglio e con le maniche a lanterna. Capelli lisci sulle spalle e un velo di trucco.

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