Capitolo 6

73 3 0
                                    

Sono passate due settimane. E non è cambiato nulla. È sempre autunno, il sole sorge sempre alle sei del mattino e tramonta alle sei di sera. Mi alzo, mi vesto, lavoro, pranzo, lavoro, ceno e vado a dormire. Sono caduta in questa routine che non so se sia migliore o peggiore di quella che avevo due settimane fa. Mi alzavo, mi vestivo, andavo a lezione, pranzavo, studiavo, cenavo e andavo a dormire, passando tante inutili ore sul telefono quando non mi andava di far nulla e il silenzio creava imbarazzo anche quando ero sola. Una cosa totalmente ridicola, non saper stare in silenzio ad ascoltare i propri pensieri. Perché ne sono troppi, e troppi mi dicono che forse sto facendo solo scelte sbagliate. E non riesco a fermarmi. So bene che non è mai troppo tardi per cambiare, per tornare indietro e ricominciare. Anzi, no non lo so affatto bene. È il mio più grande difetto. Anche se qualcosa non mi piace non alzo un dito per cambiare la situazione. Rimane con me, come un'altra ferita sulla pelle con cui dovrò convivere per sempre. E no, non la cambierò. Di giorno, quando sarò impegnata, penserò che è stupenda, e poi di notte, quando il silenzio si fa troppo pesante, penserò che è orribile, ripugnante. E piangerò, mi sveglierò con gli occhi gonfi e pieni di sabbia tra le ciglia. Ma no, non dirò nulla a nessuno. Con queste mie imperfezioni che dirò di amare, ma che in realtà guarderò con odio ogni volta che sarò sola. E se qualcuno me le farà notare, farò finta di non aver sentito. Perché mi convinco che è meglio così. Meglio così che affrontare un dolore che potrebbe aprirmi il petto in due e fare un male cane. Ma no, no, so che non è meglio così. E forse un giorno lo ammetterò a me stessa. Forse un giorno inizierò ad ascoltare i miei stessi consigli. Ho paura di perdermi dentro me stessa e finire per annegare. Queste mie bugie sono le uniche cose che mi tengono a galla. Forse un giorno troverò un briciolo di verità, un'ancora a cui potermi aggrappare quando si alza la marea.

Ma fino ad allora, starò bene.

Sì, starò bene, anche se bloccata in questa realtà che mi confonde, tra questa gente così strana, ma anche buona. C'è sempre del buono in ogni cosa, anche in quelle brutte, quelle che hai paura di affrontare. Ma c'è, si che c'è.

Ho la gola che mi brucia a questi pensieri ma non è il momento per lasciarmi andare. Devo resistere e trovare una via di uscita a tutto questo. E sono piuttosto certa che si trova in quel ragazzo biondo che è passato di fronte all'ingresso della locanda e che sono tornata a rincorrere.

"Ho capito, devo cambiare strada" mi dice annoiato quando si gira verso di me. Ha i capelli biondi arruffati e gli occhi assonnati. Non deve aver passato una gran nottata. Avrà commesso un'altra rapina? Chissà.

Decido di andare dritta al punto e non rubargli troppo tempo. Lo prendo da parte e lo conduco lontano dall'entrata, nel vicolo cieco che si trova qui di fianco.

Mi accerto che non ci sia nessuno che possa sentirci. "Ti ho visto rubare quella corona.£

"Lo so, ti ho vista anch'io" mi dice con voce ancora più annoiata poggiando la schiena nuda alla parete di pietra. Sembra tranquillo, per nulla spaventato dalle mie parole. Semplicemente stanco, addormentato. Si stropiccia gli occhi con una mano per poi incrociare le braccia al petto.

"Non hai paura che lo dica in giro?"

"Finora non l'hai fatto" risponde quasi come una sfida.

"Ma potrei" dico spazientita dal non ricevere la reazione che mi aspettavo. Pensavo di suscitargli almeno un po' di preoccupazione.

"Non lo farai" ribatte sicuro volgendo gli occhi alla strada.

"E cosa te lo fa pensare?"

Il suo sguardo torna su di me. "Per favore, basta con le domande. È la seconda volta che ti incontro e mi stai facendo venire mal di testa. Avrai preparato qualche intruglio apposta."

Perdersi un giorno d'autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora