Capitolo 9

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Il sole sta per tramontare e la cucina è un disastro. La ragazza che lavora con noi non si è presentata al lavoro. Spero che stia bene. Publia ha detto che abita dall'altra parte della città e con ogni probabilità è stata bloccata dalla protesta.

A pranzo non abbiamo avuto molti clienti da sfamare, solo quelli abituali. Il signore con la barba che lavora come calzolaio, il figlio del macellaio che ama la zuppa di fagioli di Publia, l'orefice e il fabbro durante la loro pausa pranzo, uno scultore piuttosto importante che ha realizzato la statua di Tito che si trova in piazza e a cui oggi hanno urlato contro. Quest'ultimo era piuttosto triste e malinconico. Publia mi ha detto che la moglie lo ha lasciato per un artista di strada e che sia fuggita durante la notte.

Livia sta scendendo le scale e prontamente mi avvicino a lei.

"Livia, ti devo dire una cosa" le dio di getto. "Ho conosciuto delle ragazze ieri e mi hanno invitato a partecipare ai Veneralia questa sera" le sto mentendo spudoratamente. Spero che mi creda. Non sono mai brava a mentire. Ogni volta che dico una bugia mi si legge in faccia la verità. "Che ne pensi?" mormoro.

"Sono felice che tu abbia fatto amicizia. Per me non c'è alcun problema, puoi andare. In ogni caso oggi non ci sarà molto lavoro."

Stavolta l'abbraccio. L'ho conta di sorpresa, non si aspettava un simile slancio di affetto, ma ricambia il mio abbraccio e mi accarezza i capelli.

Un'ora dopo il tramonto, come promesso, vedo Orfeo passare di fronte la locanda. Avviso Livia che passerò la notte fuori e vado in contro al ragazzo.

"Puntuale" commento raggiungendolo.

"In realtà, siamo in ritardo. Inizierà tra poco, dobbiamo sbrigarci" mi dice prendendomi per mano e guidandomi verso il tempio. Con l'altra mantiene una lanterna per illuminare la strada.

Lancio uno sguardo alle nostre mani unite ed, infondo, non sono così male insieme.

Smettila di fantasticare, ripeto a me stessa affrettando il passo per stargli dietro.

"Delia sa che mi stai accompagnando?"

Che domanda stupida e insensata, penso pentendomi di non aver fermato le parole prima che uscissero dalla mia bocca.

"No, perché dovrebbe? Siamo cugini" mi dice ridendo della nostra finta parentela.

"A tal proposito, mi serviranno maggiori informazioni riguardo alla nostra parentela, nel caso mi facesse domande."

"Dubito che te ne faccia. In ogni caso, sappi che le nostre madri sono sorelle, tuo padre un mercante non molto ricco."

"Perché dovrebbe essere meno ricco del tuo?"

Mi fingo offesa e lo sento ridere della mia espressione.
"Perché mio padre è un Re" risponde fiero continuando a trascinarmi verso la nostra destinazione. La gente intorno a noi sta tornando a casa e sembrano tutti andare di fretta.

"Lo è davvero?"

"Una specie."

Non sorride quando pronuncia queste parole.

Sta incominciando a fidarsi di me, intuisco in quanto mi sta dicendo la verità. O, almeno, spero che lo sia.

"Siamo arrivati. Ricorda, se hai bisogno di me sono qui. Sono sicuro che mi troverai senza problemi."

"Penso di potermela cavare da sola" gli dico stringendogli la mano prima di lasciargliela e addentrarmi nel buio. Seguo la luce di alcune fiaccole in lontananza. Illuminano davvero poco e del tempio riesco a notare la sua altezza e le colonne che lo circondano, in stile corinzio, se gli anni di studio non mi ingannano.

Perdersi un giorno d'autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora