𝐶𝐴𝑃𝐼𝑇𝑂𝐿𝑂 16 - 𝘴𝘦𝘯𝘵𝘪𝘮𝘦𝘯𝘵𝘪

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Mi svegliai di soprassalto a causa di forti rumori provenienti dal piano di sotto, così scesi lentamente dal letto e, senza fare il minimo rumore, uscì dalla stanza posizionandomi sull'ultimo gradino della rampa di scale.
Affacciai di poco il viso, giusto per sbirciare all'interno della cucina, e rabbrividì. Il sangue divenne ghiaccio liquido nelle mie vene e la spina dorsale era attraversata da milioni di scosse.
Mio padre si ergeva in piedi con una bottiglia di vodka in mano, completamente vuota.
Mia madre era con la schiena contro il muro e tremava mentre lui si avvicinava sempre di più con un ghigno maligno stampato sul volto. All'improvviso gettò a terra la bottiglia che, naturalmente, si frantumò in minuscoli pezzettini che invasero tutta la cucina.
La rabbia mista al terrore che stavo provando creavano un turbine di tremori al mio corpo.
Mio padre alzò un braccio verso l'alto alto e col palmo rivolto verso di lei.
Non di nuovo...per favore.
Cominciai a salire nuovamente le scale correndo verso lo sgabuzzino, l'unico posto sicuro per me dentro quella casa.
Mi sedetti portandomi le ginocchia al petto e le mani sulle orecchie per non sentire gli schiaffi e i forti rumori.
Grazie alla lieve luce riuscivo a vedere l'orologio. Seguivo con gli occhi ogni movimento del pendolo, immaginando, pensando, cercando di distrarmi perché mi sentivo solo impotente.
Chiusi gli occhi stringendoli forte.
Mamma, perdonami per non aver mai fatto nulla per aiutarti.

Spalancai gli occhi con il terrore che fluiva a gran velocità nelle vene.
Avevo avuto un incubo, non era reale, non quella volta perlomeno.
Ma la paura era ancora padrona del mio corpo, mi guardavo attorno cercando di intravedere anche solo un minimo raggio di luce in mezzo a tutto quel buio pesto, ma nulla.
Un mix di emozioni inspiegabili mi obbligarono ad alzarmi dal letto e uscire per andare nell'unico posto dove non mi sarei mai dovuta nemmeno avvicinare.
Eppure ero lì, immobile davanti alla porta della camera di Brandon, indecisa se bussare o meno. Ma alla fine cedetti al panico.
Qualche minuto dopo avanti a me comparve il Demone con gli occhi assonati, i capelli corvini in disordine e le braccia conserte.
Se non si fosse accorto che ero io avrebbe sicuramente mandato a quel paese la persona che lo aveva disturbato poiché aveva proprio l'aria di chi stava dormendo beatamente.
«Posso entrare?» chiesi timidamente dato che lui non aveva ancora aperto bocca.
Si spostò per farmi passare, dopodiché si chiuse la porta alle spalle.
La sua camera era totalmente diversa dalla mia: le pareti scure, così come la scrivania e la poltrona in pelle accanto all'armadio e il comodino al lato del letto su cui vi era una lampada accesa, dalla luce fredda.
Quell'ambiente metteva un pò di inquietudine.
Stavo per voltarmi per spiegare a Brandon il motivo per cui mi trovavo lì ma non riuscì a pronunciare nemmeno un parola che caddi a terra portandomi una mano al petto che pulsava a causa di un dolore lancinante.
Subito dopo il dolore si espanse al resto del corpo, mi sentivo come trafitta da un milione di lame.
Quella era la mia punizione per avere attraversato il Corridoio Rosso.
Non avrei dovuto, era stata davvero una pessima idea. Si sarebbe venuto a sapere.
Maximus lo avrebbe saputo e con esso anche le Sfere Bianche, mi ero cacciata in un enorme guaio, ero stata proprio un incosciente.
Brandon si precipitò accanto a me inginocchiandosi e tenendomi per le spalle.
«Non dovresti essere qui, dovresti tornare in camera tua. Stai soffrendo»
E sapevo che aveva perfettamente ragione, ma la mia mente in quel momento era divisa in due: da una parte vi era il buon senso e la consapevolezza che ciò che avevo fatto era sbagliato, mentre dall'altra avevo il pensiero fisso delle mani di mio padre scagliarsi sul corpo di mia madre, la paura, la voglia di avere accanto qualcuno di cui mi fidavo e che sarebbe riuscito a calmarmi.
Perché si, potevo continuare a dirgli di aver commesso uno sbaglio, di dimenticare tutto perché non volevo sprecare anche la mia seconda chance, ma non potevo continuare a mentire a me stessa, io mi fidavo di lui e forse provavo anche qualcosa nei suoi confronti.
Il discorso di James mi aveva fatta riflettere per tutta la sera.
«Non...non voglio tornare in camera mia. Voglio...stare qui» dissi a fatica.
Così mi aiutò a sdraiarmi sul letto e lui al mio fianco.
Passarono minuti -che a me sembrarono anni- in completo silenzio. I nostri occhi erano incatenati gli uni agli altri, si cercavano, quasi urlavano quanto si volevano. Provavo un'attrazione inspiegabile per quel maledetto Demone ma allo stesso tempo non volevo avere nulla a che fare con lui, tutta quella contraddizione mi stava mandando fuori di testa. Combattevo ogni giorno una guerra interiore, solo per Brandon.

«Perchè sei venuta qui Luce? Perchè mi respingi facendomi soffrire e poi di colpo vieni a cercarmi a notte fonda? Non posso continuare a fare finta di nulla, sono troppo confuso a causa tua»
Se avessi avuto ancora lacrime probabilmente sarei scoppiata a piangere.
Avrei voluto dirgli la verità, dirgli che sapevo che ciò che stavamo facendo era sbagliato, che noi eravamo due poli opposti, letteralmente il bene e il male, ma nonostante ciò io...io ero innamorata di lui.
Lo amavo già da molto tempo, ma non avevo avuto il coraggio di ammetterlo prima di tutto a me stessa.
Ero una codarda e tutto quello che pensavo probabilmente non lo avrebbe saputo mai. Ma non volevo -e soprattutto non potevo- lasciarlo andare.
Avevo avuto paura ed ero subito scappata da lui perché solo con lui riuscivo a sentirmi al sicuro, doveva pur significare qualcosa.
«Baciami...ti prego» riuscì a dire.
Rimase fermo qualche istante, forse per capire se le sue orecchie avevano sentito bene. Forse non credeva a quello che avevo detto e, ad essere sincera, nemmeno io potevo crederci.
Ma appena le sue labbra si poggiarono dolcemente sulle mie ogni dubbio sparì immediatamente.
Esistevamo solo noi due e nessun altro.
Il bacio da leggero si trasformò in uno più passionale che mi travolse tutti i sensi.
Io ero un Angelo e lui un Demone, il bene e il male non andrebbero mai e poi mai mescolati, eppure mi ero innamorata. E in quel momento mi importava ben poco se qualcuno lo avrebbe scoperto.
Volevo stare con lui, lui soltanto.
Dopo qualche minuto si allontanò ricominciando a guardarmi negli occhi.
Mi sentivo...bene, anzi benissimo.
Non avevo mai provato nulla del genere.
«Io e James ci siamo lasciati. In...in realtà mi ha lasciata lui perchè...ha capito anche lui che in realtà...in realtà è te che voglio» sussurrai.
«Ce ne hai messo di tempo per rendertene conto» scherzò.
Risi anch'io assieme a lui ma ciò mi provocò una forte fitta sulle spalle.
«Chiudi gli occhi, il dolore fra poco passerà. Io sono qui con te»
Mi circondò con le sue braccia stringendomi forte a sé.
Chiusi gli occhi e, pian piano, le fitte si placavano e il sonno si faceva sempre più pesante.
Desideravo rimanere per sempre abbracciata a quel Demone scorbutico e dispettoso, con quegli occhi verde smeraldo che mi facevano completamente ammattire.
Forse ero davvero diventata matta.

𝑯𝑬𝑳𝑳 𝑨𝑵𝑫 𝑯𝑬𝑨𝑽𝑬𝑵Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora