31. Inchiostro.

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Non riuscii a definire quante ore io e Noah passammo sul divano, nudi e sudati a parlare del più e del meno.
Durante tutto quel tempo, che supposi essere diventate ore, tracciai il contorno di tutti i suoi tatuaggi con l'indice.

«Ti piacciono?» chiese accennando un sorriso, mentre spostava una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio.
C'era qualcosa nel suo sguardo che non riuscii a decifrare, ma che amavo da morire.

«Parecchio» ammisi, osservandoli tutti incisi sulla pelle olivastra.
Aveva un salice piangente inciso sul braccio destro e su alcune foglie erano scritte tre lettere con carattere delicato (una "A", una "P" e una "C").
Sul braccio sinistro, invece, portava un maori. Lo riconobbi all'istante quando lo vidi, quando ero piccola anche io ne volevo uno identico.

«Scommetto tutti i miei averi che ti stai davvero impegnando per non chiedermi i significati dei miei tatuaggi» fece un sorrisetto furbo, sicuro di aver fatto centro.

«In effetti mi piacerebbe saperlo» mormorai incantata dalla sua pelle macchiata di nero, senza quindi rivolgergli lo sguardo.

«Quale ti piace di più?».

«Questo» accarezzai il maori con le dita, notando un accenno di brividi attraversargli la pelle.

«Avevo appena diciassette anni quando feci questo maori» mormorò pensieroso, sospirando prima di riprendere a parlare.
«Nella cultura maori questi hanno dei significati ben precisi legati alla famiglia, alle esperenze vissute e al passaggio dall'adolescenza alla vita adulta. Non a caso decisi di tatuarlo il giorno del mio diciassettesimo compleanno» spiegò pazientemente, senza mai smettere di accarezzarmi i capelli.

«E questo?» indicai il salice, ma lui non rispose. Compresi che non volesse parlarne, così ne indicai un altro che aveva sulla costola.

«C'è scritto "Love Gradually", mia zia lo diceva sempre» accennò un sorriso, provando a dare uno sguardo al suo stesso tatuaggio.
«"Perché funzioni, l'amore deve essere un sentimento che cresce a poco a poco e che dura a lungo". Me lo diceva ogni volta in cui mi sembrava che l'odio prevalesse su tutto il resto, ma da piccolo non ne compresi mai il significato. Forse non era esattamente la frase adatta a quel tipo di situazioni, ma in futuro mi è servita» ammise, tornando a guardarmi dritto negli occhi.

In quel momento sembrava che nulla mai ci avesse divisi, come se non avessimo mai discusso.
Sembravamo quelle tipiche coppie dei film adolescenziali, sdraiati sul divano dopo aver fatto sesso a parlare del più e del meno.
Accennai un sorriso.

«Hanno tutti dei bei significati» dissi dopo qualche minuto. Gli lasciai un ultimo bacio sulle labbra, poi mi alzai dal divano e, indossando la sua maglietta, mi diressi in bagno.
Avevo bisogno di una doccia calda, volevo sentire l'acqua bollente scorrermi sulla pelle.
Così, dopo aver chiuso a chiave la porta, mi spogliai ed entrai nella vasca.
Aprii il getto dell'acqua impostandola sulla temperatura più alta.
Insaponai velocemente le mie cosce esili, poi le braccia e infine il busto.
Sentivo l'improvviso bisogno di lavare via le parole che Alyssa mi aveva sputato contro, tutto quello che era successo in assenza di Noah e tutto quello che sarebbe potuto succedere se lui non fosse tornato.

Dopo quindici minuti sentii che fosse abbastanza.
La pelle fumava per colpa dell'elevata temperatura dell'acqua, arrossandosi all'istante non appena uscii dalla vasca.
Mi guardai allo specchio appannato per il vapore che io stessa avevo creato.
Sollevai le spalle in un gesto quasi disinteressato al mio aspetto fisico e, dopo aver indossato l'intimo, uscii dal bagno lasciando i capelli bagnati.

«Ti va di farne uno insieme?» chiese quando tornai in salone, notando come anche lui avesse fatto la doccia.

«Di che stai parlando?» chiesi entrando in cucina per preparare qualcosa da mangiare.

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