Le chiavi

710 65 18
                                    

Dopo quel primo incontro Simone non vide Manuel per un po'.

Non che fosse scomparso, solo che avendo orari così diversi era normale che capitava di non incrociarsi spesso.

Si trovò spesso a fissare la porta del suo appartamento prima di entrare nel suo, il desiderio di suonare al campanello per rivedere il suo volto.

Ma si fece forza ed evitò di farlo, era solo il suo vicino di casa e si erano parlati mezza volta, non avrebbe avuto senso.

I giorni passarono e i due ragazzi proseguirono le loro vite senza particolari sconvolgimenti, il pensiero l'uno dell'altro che capitava facesse capolino nei loro pensieri.

Manuel un pomeriggio scorse persino Simone dalla finestra aspettare ad entrare nel palazzo per non incrociare il signor Ferretti e rise, quell'uomo non gli dava tregua e sembrava che ogni volta fosse lì ad aspettare che uno dei due si palesasse per poterli ammorbare con discorsi che parevano non finire mai.

Manuel lo aveva incontrato fin troppo spesso ultimamente, non faceva altro che lamentarsi della bici di Simone che ingombrava il suo garage e impediva il passaggio della sua macchina, come se dicendolo a lui sperasse in qualche segno divino che esaudisse i suoi desideri.

Ma il ragazzo a quelle parole annuiva e gli dava persino ragione sostenendo le sue tesi con vigore, in fondo era solo un uomo anziano che voleva parlare con qualcuno, e chi era lui per negargli questo desiderio?

Ogni volta gli chiedeva se avesse visto Simone, chiamandolo "il ragazzo allampanato del quarto piano" cosa che puntualmente lo faceva ridere, perché in effetti un po' allampanato lo era.

Gli rispondeva sempre che peccato! non non l'ho proprio visto! e lui sembrava spazientirsi come non mai, lo considerava un affronto alla sua persona.

Ma Manuel non mentiva, nonostante gli tornasse spesso in mente quel viso angelico con due occhioni scuri non lo incontrava mai e se ne rammaricava pure, la vista del suo vicino di casa gli avrebbe sicuramente migliorato la giornata.

In fondo quel ragazzo era sempre stato gentile con lui e gli dava l'impressione di essere il classico bravo ragazzo della porta accanto.

Che poi lo era pure, il ragazzo della porta accanto.

Prima di infilare le chiavi nella toppa girava la testa e la targhetta dorata col suo nome era lì, sembrava così invitante quel Balestra S. che svettava sopra.

Si concedeva solo di percorrerla con le dita, il desiderio impellente di suonare che gli sfrigolava tra le mani, l'immagine di Simone Balestra che con un sorriso veniva ad aprirgli e lo faceva accomodare in casa sua

Un giorno arrivò a sfiorarla e si permise di pigiare sul campanello, non con la giusta forza per azionarlo ma con quella che gli avrebbe permesso di sentirlo quasi cedere.

Ma poi scosse la testa.

Non avrebbe neanche saputo cosa dirgli, probabilmente alla sua vista il suo cervello si sarebbe annebbiato e nessun suono sarebbe uscito dalle sue labbra.

Che poi, cosa poteva dirgli?

Ciao Simone, ti pensavo e ho suonato, che fai stasera?

****

Quella situazione di stallo durò per un po', ovvero un paio di lunghe settimane, i timidi raggi di sole di maggio che facevano capolino dalle finestre dei due ragazzi e le giornate che si allungavano piano piano concedendo quel po' di luce in più.

I due ragazzi si salutarono un paio di volte al portone con dei sorrisi imbarazzati e un filo di voce, Simone che stava uscendo e Manuel rientrando e viceversa.

Quarto Piano - SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora