Capitolo 22

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Nella quiete momentanea, Jonathan sentì voci provenire dall'alto, urgenti; furtive. Il quartier generale del Bakufu era in stato di allerta. La sensazione di abbandono era soffocante. Nemmeno un breve bagliore di luce fendeva l'oscurità.

Udì dei passi incedere nel corridoio, poi un suono di legno raschiato e di un catenaccio che si apriva. L'inglese si sollevò in piedi e si mosse nel buio, avanzando adagio lungo la parete.

Qualcuno aprì la porta della cella centrale, facendo gemere i cardini. Un'ombra sottile attraversò la macchia di luce sul pavimento, ai piedi dell'entrata. Jonathan sbirciò il corridoio attraverso le grate e un rantolo attirò la sua attenzione. Ai piedi della parete, l'uomo che aveva visto sotto tortura ore prima, aveva il capo reclinato all'indietro; il petto seminudo e sanguinante; il volto pesto e livido. Era, dunque, sopravvissuto, pensò, non comprendendo perché il galeotto fosse fuori custodia nel corridoio.

Intanto, i passi pesanti di quello che doveva essere il carceriere, si udirono insistenti, fino a materializzarsi con lo sguardo torvo e minaccioso. Afferrò la sua vittima per un polso, obbligandola a rimettersi in piedi. Dietro di lui, Yoshinobu apparve con sguardo grave. Jonathan strinse le mascelle.

"Questo topo di fogna è sgattaiolato al piano superiore creando un bel trambusto!"

L'inglese sollevò un sopracciglio. "Chissà come mai è finito di nuovo qui sotto, invece di fuggire?!" A quelle parole sul volto del galeotto si disegnò una smorfia arcigna rivolta allo shogun. Dai suoi occhi balenò rabbia, per poi sopraggiungere una nota di tristezza. Aveva perso l'orientamento mentre fuggiva, trovando più conveniente la strada che più conosceva, ovvero quella dei sotterranei. Erano situazioni quelle, in cui provare pena per qualcuno significava rischiare la vita e Jonathan non poteva permettersi di abbassare la guardia, seppure negli occhi di quel disgraziato leggesse tutta l'innocenza del mondo.

"Tra non molto ingaggerete una battaglia, Tokugawa! Pensate bene a cosa potrebbe essere più conveniente per Edo!"

Lo shogun dissimulò un sorriso di sfida. "Ditemi ciò che voglio sapere sulle truppe imperiali e io farò in modo che Collins non si avvicini alla vostra figlioccia, Owen san!"

"Potete torturarmi quanto volete, Yoshinobu, ma non tradirò mai la mia regina, tantomeno mi disonorerò dinanzi a Casey!"

Tokugawa fece col capo un segno di diniego. "Chi ha parlato di torture? Se lo facessi perderei credibilità ai vostri occhi. Se vi tengo qui è solo per precauzione governativa. So esattamente che morireste, piuttosto, che confidarmi le mosse di Meiji e, francamente, ho intenzione di sfruttare le vostre risorse, caso mai le cose dovessero mettersi male. Dopotutto, non ho bisogno di sapere come colpiranno Satsuma e Choshu. I loro metodi sono barbari e piegheranno la popolazione di Edo per arrivare a una mia capitolazione!"

"Sembrate sul punto di arrendervi, Tokugawa!"

Lo shogun espresse una nota pensierosa sul volto. "Abbiamo sempre un mezzo accordo, Owen san!" sghignazzò. "Se posso uscirne pulito lo farò, ma è mio dovere salvaguardare gli abitanti." La palese menzogna fece ridacchiare sommessamente Jonathan, tutto poteva importare a quell'uomo, tranne il benessere dei suoi cittadini. Il governatore non se ne curò; incrociò, anzi, le mani dietro la schiena e si avviò lungo il corridoio.

Owen si corrucciò. Collins doveva essere stato convincente per persuadere quel tiranno a remare la sua barca, tenendolo prigioniero per meglio rimanere col piede in due staffe fino a quando gli eventi lo avrebbero agevolato. Un atteggiamento quello, che indusse l'inglese a sospettare un prossimo tradimento dello shogun verso il giovane, a cui sarebbero state date parecchie colpe. Lo avrebbe minacciato e rubato ciò che gli occorreva per far fronte alla sua guerra personale. Quel negoziato, per lui, era fallito, se il governatore poteva avere qualcosa che lo avrebbe reso potente per truppe e armi. E in tutto questo, Casey era diventata un tragico obiettivo per il Bakufu.

Aveva finto di accettare il suo negoziato per tenerlo imprigionato, cosicché Helmut potesse agire indisturbato su Casey. In fondo, lui stesso aveva azzardato quel folle piano per testare quelle intenzioni e la conferma gli fece strattonare con ira la catena che lo legava alla parete.

Doveva uscire subito da lì!

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