Ci misi due giorni per svegliarmi, o almeno questo fu ciò che mi dissero. Ce ne vollero altri due per riprendere le forze e spiegarmi per filo e per segno cosa era successo per davvero, tutti sembravano scegliere con cura le parole da usare, come se io fossi troppo fragile per scoprire la realtà dei fatti.
Si meravigliarono vedendomi non batter ciglio di fronte a quelle dichiarazioni, io tenni per me l'uragano che avevo all'interno: mostrandomi forte e risoluta. Stanca di essere qualcuno da proteggere.
Durante la notte però, sentivo le labbra e i denti di Uriel affondarmi dentro. L'ansimo che produceva roco e quasi esausto ogni volta che il mio sangue oltrepassava la sua gola – io che lo stringevo a me non dicendogli davvero di andar via.
Lo ricordavo o lo immaginavo, non lo sapevo più – mi toccavo in quel punto e desideravo sfiorarmi anche altrove, cullandomi nel piacere di quel ricordo mi resi conto che forse, ero del tutto impazzita.
Uriel mi aveva quasi uccisa ed io provavo piacere.
Provavo piacere nel mio intimo, nel profondo. Ero soddisfatta del fatto che non fosse riuscito a staccarsi da me, che avevano dovuto mettersi in tre per strapparlo via dal mio collo; persino Dyanne aveva collaborato, alla fine.
Provavo piacere nel sapere che non m'aveva uccisa, che avrei potuto, forse, farlo impazzire anche io come lui aveva fatto con me.
Dopo aver ripreso le lezioni, tutti mi guardavano se possibile ancor più di prima. Dorothée mi stava addosso apprensiva e in qualche angolo sperduto infondo al mio cuore mi chiedevo, se anche lei aveva avuto il desiderio di assaggiarmi. Era stata la wiccan infatti a dirmi che Marek per qualche attimo si era imbambolato con tutta l'aria di volermi sbranare.
Vedendomi indifesa, probabilmente nei vampiri era salito a galla quel pericolo che mi ripetevano sin dall'inizio.
"Stacci lontana" dissero fino allo sfinimento.
Forse fu per questo che non mi sorpresi.
Non era successo nulla di cui tutti e tre non sospettavamo.
Marek era furtivo, mi evitava e non incrociava mai il mio sguardo. Nessuno a parte me e Dorothée ne avevano più parlato. Persino il professor Alais e la signorina Lois, dopo una strigliata da parte della Packard, si erano scusati fino allo sfinimento dicendo che qualche forza oscura e misteriosa li aveva trattenuti altrove, incapaci di muoversi fino a quando non avevano fatto la loro comparsa ormai alla fine di tutto. Ma era terminato lì il discorso, nessuno dei due era stato punito o mandato via e nessuno dei due ci aveva chiesto come ci sentissimo. Beh, d'altronde non potevo aspettarmi una terapia psicologica per il post-trauma in un posto tenuto su da demoni ed ombre.
E mentre Uriel era sparito da giorni invece, dovevo sorbirmi i chiacchiericci delle supposizioni. Qualcuno insinuava avesse attraversato un portale, fuggendo nel mondo comune, altri che era stato divorato dagli spiriti, altri ancora che scontava una terribile punizione ed altri che...
«Ehi? Ehi!» Dorothée, indispettita, mi strattonò la spalla per richiamarmi alla realtà. «Ma insomma, mi ascolti o no? Stai bene? Ma che hai? Hai visto per caso un...»
Fantasma.
I miei occhi lo avevano visto, ne ero più che certa. Le spalle larghe e l'andatura fiera, indisponente, i capelli neri come la pece, e le vene che oltrepassavano le braccia giungendo fino ai palmi chiusi delle mani. Quegli occhi, quei maledetti occhi che non avevano fondo, così cupi e morti e vivi e spenti e lucenti e, e... no, non dovevo pensarci.
Uriel sostava dinanzi a noi con lo sguardo fisso nel mio, incurante di tutte le occhiate che lo soppesavano ed il vociare insistente che incalzava lì attorno.
Fu allora che Dorothée se ne accorse. Rimase anche lei impalata senza dir nulla. Congelata dalla presenza possente di Uriel.
Nessuno parlò; io smisi persino di respirare.
Fu il primo a distogliere lo sguardo, ed io sentii il fuoco della rabbia esplodermi dentro, lo fece scivolare su Dorothée facendogli un cenno col capo che non capii. Poi andò oltre, ci superò e mi accorsi solo in quel momento che Marek gli andava dietro in silenzio.
Mi voltai, pronta a fermarlo ma la mia amica mi bloccò tirandomi via.
«Non qui Eireen.» sibilò. «Adesso dobbiamo andare e anche in fretta.»
Facemmo un giro infinito, in cui Dorothée mi prese per il polso e non mi lasciò un secondo, trascinandomi via per il campus sino a giungere dinanzi un casotto lontano da tutto il resto e anche mal ridotto.
«Dorothée ma si può sapere che cavolo fai!» Mi liberai finalmente della sua presa, ora ero io quella indispettita, fissandola anche un po' corrucciata.
«Scusa, ma non potevamo parlare con tutte quelle orecchie vicine.» Sospirò guardandosi attorno alla ricerca di intrusi. «Gli studenti sentono anche i bisbigli, devo essere io a ricordartelo?»
«Cosa non dovrebbero sentire, esattamente?»
Lei non rispose, si mordicchiò il labbro inferiore e fece segno di seguirla dopo aver indugiato un po'.
«Spero di star facendo la scelta giusta.» Biascicò.
Quando entrammo nel casotto scricchiolante, dinanzi a noi c'erano Uriel e Marek a braccia incrociate e distanti come se volessero evitare a tutti i costi di toccarsi. In quello spazio ristretto, rivederlo dopo ciò che era accaduto, faceva nascere in me una sensazione opprimente al livello del petto e tutte le frastornate emozioni che provavo, mi resero incapace persino di pensare.
Dorothée sbuffò spazientita, passarono diversi secondi in cui nessuno parlò – ma io sentivo lo sguardo di Uriel piantatomi addosso, che bruciava con la voracità di mille soli. Lo evitai magistralmente.
«Non sapevo fossimo qui per giocare alle belle statuine.» Fu proprio lui a parlare e nel farlo, non aveva ancora distolto lo sguardo.
«Non sa ancora nulla...» Biascicò Dorothée.
«Passate tutto il tempo insieme e non glielo hai ancora detto?» Uriel sollevò un sopracciglio e con la sua solita antipatia ci tenne a gelare l'ambiente.
«Ho avuto cose più urgenti da raccontarle in questi giorni.»
«Ma eravamo d'accordo così, streghetta.» Marek si degnò di parlare sollevando lo sguardo dal pavimento per la prima volta.
«Oh insomma! Mi avete già stufato. Ditemi cosa sta succedendo e basta.»
Non smisi nemmeno di pronunciare l'ultima sillaba che la porta si spalancò palesando la figura possente e robusta del professore Alais. Sgranai gli occhi, sentendo il panico invadermi da dentro.
«Noi... stavamo solo, ecco...»
«Bene, siete qui. Dobbiamo sbrigarci prima dell'inizio delle lezioni.» La sua voce profonda e graffiata dal tempo, riempì l'abitacolo strattonandomi con ancor più confusione, se possibile. E proprio lui, leggendomi quell'emozione in faccia, si passò la mano sul viso e sospirò capendo fossi ignara.
«Suppongo tu sia ancora allo scuro, Eireen.» Fu la prima volta che sentii il mio nome con quel suo tono grave. Mi turbò leggermente. «Sta accadendo qualcosa all'interno dell'istituto.»
Dietro di lui, Dorothée si strinse nelle spalle guardandomi, mi fissò con aria colpevole. Forse sentendosi in colpa per avermi tenuto allo scuro sino a quel momento.
«Le punizioni che vanno oltre, la Caed Dhu sempre più vicina e poi...» Mi fissò, squadrandomi da capo a piedi.
«Da quando sei arrivata qui, tutto è peggiorato.»
La sua voce mi scosse le viscere, fu Uriel ad interrompere il professore e a prendere parola stavolta. Avanzò a passo lento, abbreviando la distanza che ci separava; senza rendermene conto, indietreggiai. Lessi qualcosa di diverso nei suoi occhi, qualcosa che durò un breve, brevissimo momento e poi continuò fermandosi di fianco ad Alais.
«Abbiamo modo di credere che i vertici di questa scuola, stiano in qualche modo... mettendoci alla prova.»
«Metterci alla prova? E Per quale motivo?»
«Questo è il tassello che ci manca.» Intervenne Marek, guardando fuori dalla piccola finestrella che ci donava un flebile raggio di luce. «Sappiamo per certo che c'è qualcosa sotto, prima del tuo arrivo la Caed Dhu era persino inguardabile e poi...»
«E poi ci hanno mandato lì solo per aver parlato in classe.» Spostai lo sguardo sul professore, accusandolo con gli occhi. «E poi la barriera al campeggio, la sparizione dei professori...»
«Non ho scelto io la vostra punizione.» Si difese con urgenza, interrompendomi. «Non posso dar negli occhi e fare favoritismi ignorando la disobbedienza per le regole. Per quanto riguarda la barriera, non viene fatta dai professori ma dalla Packard. Quando sei stata posseduta, noi eravamo davvero incapaci di raggiungervi. Qualcosa ci ha trattenuto, qualcuno sapeva, anzi, voleva che succedesse ciò che è avvenuto.» Cominciò a muoversi per la stanza, come se rimuginasse su qualcosa, alla ricerca di un tassello mancante che gli era sfuggito. «Non è un caso che lo spirito abbia scelto proprio te. Voglio dire, sì, sei succulenta per ogni creatura ma la barriera non si era mai rotta. Mai. Era come se volessero testare gli altri stavolta... vedere chi probabilmente avrebbe potuto tener testa ad una kitsune.»
«E allora perché siamo qui? Denunciamoli a che ne so... il re vampiro se esiste.» Spazientita celai in malo modo il mio senso di panico.
«Dobbiamo introdurci nell'ala est, capire da chi è abitata e perché è proibita. Non è così semplice come credi.» Dorothée finalmente parlò. «Forse riusciamo a trovare una delle risposte che ci serve, prima che la Caed Dhu distrugga l'equilibrio tra i due mondi... troppi spiriti ribelli fanno pensare ad una rottura e se questo dovesse accadere noi...»
Marek le mise una mano sulla spalla, si guardarono complici e Dorothée sospirò con occhi così spenti che nemmeno sembravano i suoi.
Mentre io prendevo coscienza di tutta quella situazione, gli altri si impegnarono ad ideare un piano dove ognuno aveva un ruolo cruciale – il professore Alais sgattaiolò via non prima di aver messo in chiaro il suo e corse ad una lezione dopo avermi lanciato un'occhiata che non seppi decifrare.
Marek e Dorothée battibeccavano ed io sollevai lo sguardo su colui che continuava a fissarmi senza sosta. Sollevai un sopracciglio con fare interrogativo e si voltò altrove con un certo tono annoiato.
«Rimaniamo noi qui.» Mi uscì fuori di getto, interrompendo la discussione degli altri due. «Voi andate in segreteria e prendete la piantina dell'ala est, io ed Uriel aspetteremo qui, definendo ciò che rimane da fare.»
Dorothée sembrò dubbiosa, Marek serrò la mascella e non rispose ma dopo vari attimi di tensione uscirono dalla stanza promettendo di far presto. Quella piantina doveva già essere lì, ma Dorothée si era impanicata ad andarci da sola in segreteria, aveva bisogno di un diversivo. La signorina Packard teneva una pila di piantine dell'ala est mai distribuite, infilate nel secondo cassetto della scrivania. Non so come diavolo faceva a saperlo, ma di sicuro ci sarebbe stata d'aiuto – nessuno aveva idea di come fosse quel posto.
Uriel non incrociava più il mio sguardo, ora ero io ad incendiarlo con gli occhi. Lo spazio sembrò restringersi ancora di più.
«Cos'è? Non hai paura di restare sola con me?»
«Ho mai avuto paura?»
«Dimmelo tu, ne hai mai avuta?» Erano di nuovo su di me. Le sentivo ovunque quelle iridi tetre ad inchiodarmi.
«No.»
«Menti.» Spinse contro la lingua con disprezzo.
«Non lo faccio mai.» Mentii.
«Oh, davvero?» Inclinò il viso da un lato e poi sbuffò fuori un piccolo riso. Tornò ad avvicinarsi e lo fece così in fretta da destabilizzarmi.
Indietreggiando, toccai il muro con le spalle e mi sentii in trappola. La sua figura mi sovrastava, mi intimoriva, mi sentivo così in soggezione che le gambe mi tremarono appena.
«Il tuo sguardo da cerbiatto ferito, il tuo battito... dicono il contrario.» Si chinò, raggiungendo il mio volto col suo. «Ma forse mi sbaglio giusto? Forse ci sbagliamo tutti. Tu non sei mica la più abile delle ammaliatrici, la più seducente bugiarda.»
La sua voce si abbassò troppo. Rimbombò nelle orecchie, facendo capolino al centro della gola e bloccandosi lì. Depositandosi insieme a tutte le più tragiche emozioni.
«Ti ho quasi uccisa.» Mormorò. Percorse con le dita il punto in cui mi aveva morsa, guardandolo con desiderio. Le sue falangi così fredde avrebbero potuto far nascere un incendio sul mio corpo.
«È proprio per questo che devi pagarla.» Non gli avrei permesso di sviare ancora il mio sguardo.
Ci soppesammo in silenzio, ci guardammo così intensamente che non ero nemmeno più in grado di riconoscere l'ambiente attorno a noi con la coda dell'occhio.
Le dita di Uriel morirono sulla mia clavicola ed io gemetti. Lo feci apposta a non trattenermi, lo feci apposta a schiudere le labbra.
«E come dovrei scontare questa pena?»
Così vicini. Eravamo così maledettamente vicini che sentivo il suo fiato entrarmi in bocca ad ogni parola sibilata.
Per un attimo, un fugace e singolo attimo apparve un sorrisetto sul mio viso, simile a molti dei suoi. Sagaci e malefici.
Poi, quando con coraggio piantai le mie labbra sulle sue, quando ci baciammo, i mari ed i monti di tutto il mondo sembrarono essersi spostati sulle mie spalle. Mi incurvarono la schiena impiantandomi con le labbra alle sue; lì, nella sua bocca dove la mia lingua insediò le sue radici – sottili abbastanza da riuscire ad ancorarsi con malignità dietro ogni molare. Non le avrei più riavute quelle foglie cresciute tra saliva ed orifizio, non sarei mai più stata dritta, mai più stata lucida. Non avrei più restituito quei mari e quei monti al resto del mondo.
Il suo sapore m'investì con prepotenza, dapprima fu un tocco delicato, quasi impercettibile, ma poi un calore sconosciuto risalì dallo stomaco e non mi riconobbi.
Uriel insediò le sue dita lunghe tra i miei capelli ramati, sottili ed inutili al cospetto di tanta irruenza, divenne un bacio urgente; La lingua di lui m'assalì con ferocia ed i nostri contorni si unirono a formarne uno solo.
Sentii un canino pungermi la lingua e la fuoriuscita di un po' di sangue lo fece ritrarre riportandolo alla realtà bruscamente.
Uriel era dinanzi a me con espressione accigliata e i capelli un po' scomposti. Avevamo entrambi il fiato corto ed ora sulla mia lingua sostava il ferrigno del sangue.
«Così.»
Risposi solo ora alla sua domanda.
Sconterai in questo modo la tua pena.
Dopo essermi avvicinata nuovamente ed aver raccolto, col polpastrello, quella goccia impercettibile del mio sangue sul suo labbro inferiore. La leccai e tornai a sorridere con espressione trionfante.
«Sei patetica.»
Mi irrigidii, era in grado di far crollare la mia sicurezza con uno solo dei suoi respiri se solo avesse voluto.
«Chi è il più patetico tra noi due? Io che faccio il tuo gioco o tu che non riesci a ritrarti?»
«Ma guardati, stai tremando tutta.» Scoccò la lingua sotto al palato e poi se la passò sul canino aguzzo. Lento, prese a girarmi attorno – incatenandomi con un filo invisibile. «Solo per un bacio, solo per avermi assaggiato, tremi ed ansimi e sarei io il patetico?» Sollevò una ciocca dei miei capelli, fermandosi dietro di me e la tirò fino a farmi chinare il viso verso l'alto, adesso potevo vederlo per via di quel movimento innaturale. Digrignai i denti e serrai la mascella.
«Sei patetica perché credi io non mi sia fermato perché sei irresistibile.» Mi derise, col dito mi solleticò sotto al mento ed io mi scostai. Non volevo permettergli ancora di toccarmi a suo piacimento. «Dio, sul serio? Guardami volpe. Guardami! Sono una bestia non classificabile, sono un buco nero, un demone, un assassino. Sono qualcosa che non vedrai mai più in tutta la vita e di questo dovresti gioire.» Me lo ritrovai di nuovo davanti, era così vicino da sfiorarmi le labbra. «Sono nato per uccidere e distruggere.»
«Allora perché ci stai aiutando a fare chiarezza su questa faccenda? Perché non mi hai uccisa!» Lo spintonai lontano da me. «Perché non mi hai uccisa facendomi morire quella notte!»
«Perché non eri davvero tu.»
Dorothée e Marek in quel momento furono di ritorno, richiudendosi la porta alle spalle e con la piantina tra le mani, erano così pieni d'adrenalina che nemmeno notarono me ed Uriel intenti a fissarci con occhi furenti e disperati, ognuno da un'estremità all'altra del casotto, riempimmo l'aria di tensione e rabbia.
Perché non eri davvero tu, aveva detto.
In quel momento capii, capii che lui avrebbe voluto distruggermi lentamente e disperatamente; proprio come avrei voluto distruggerlo io.
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Ciao! Grazie per aver letto anche questo capitolo e mi scuso come al solito per gli errori. Revisionerò grammaticalmente la storia, sono una volta aver concluso tutti i capitoli - in modo tale da essere meno abituata al testo e notare tutti gli errori in fretta.
Fammi sapere cosa ne pensi con un voto od un commento! A presto!
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L'ultima Kitsune - I misteri della Saint Barà
Fantasy🥈storie d'amore [ COMPLETA] Un'accademia misteriosa, situata in un'isola immaginaria ai confini di una foresta senza tempo. Una storia, troppe anime collegate da fili invisibili sporchi di sangue e paure. Un'ingenua ragazza che ben presto si ritr...