VI

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Raimondo osservava la lunga distesa di campi di fronte a loro, il sole ne illuminava timidamente una parte, facendo risaltare il verde dei vigneti ormai troppo rovinati per produrre i loro frutti. L'uomo si portò una sigaretta fin troppo carica di tabacco alle labbra, a causa dell'aria fredda del mattino sentiva che i tagli che si era procurato strappando le erbacce gli provocavano prurito e un leggero fastidio simile ad un pizzico. Abbassò per qualche secondo lo sguardo sulle sue stesse mani, le dita fin troppo grosse e le unghie sporche tenute corte, riuscì benissimo a distinguere la pelle rossa ad irritata.

Poco più avanti il figlio maggiore camminava tra i vigneti con entrambe le mani dentro alle tasche dei pantaloni sporchi e dal tessuto usurato, la maglia scura che lasciava scoperte le braccia dalla carnagione scura e dalle vene fin troppo evidenti. Anche Lorenzo teneva una sigaretta stretta tra le labbra, e ogni tanto la prendeva tra le dita sottili per lasciar andare il fumo scuro nell'aria pulita. Di fronte a loro non si riusciva a distinguere più la fine delle campagne, sembrava quasi che il terreno ad un certo punto si fondesse con il cielo, mischiando i loro colori in quella che agli occhi risultava soltanto una linea scura fin troppo sottile. Raimondo sollevò il viso verso il cielo limpido, nonostante tutto non sembrava che stesse per piovere, il vento gli avrebbe permesso di lavorare senza troppi intoppi e di tornare a casa in tempo per il pranzo. Lorenzo raggiunse il padre sorridendo leggermente, "le piante non sono messe troppo bene," disse, "alcune hanno delle forme strane," disse, strappando poi un ramo della vite più vicina a loro. Raimondo non ebbe il tempo di rimproverarlo, perché il figlio gli aveva già portato fin troppo vicino al viso il ramoscello, così che l'uomo potesse constatare da solo che effettivamente quelle piante non promettevano nulla di buono. Aveva sentito parlare gli uomini al bar, molti di loro si erano lamentati parecchio del nuovo insetto che sembrava essersi diffuso nelle loro campagne, un parassita che attacca principalmente i vigneti. Raimondo aveva sperato fino all'ultimo che quello della sua famiglia venisse risparmiato.

Lorenzo lasciò cadere a terra il ramoscello, riportandosi la sigaretta alla bocca, entrambi stettero in silenzio per qualche secondo, fino a quando Raimondo non sollevò con fare stanco le spalle. Per quanto non volesse, l'uomo si disse che non avrebbero potuto fare niente per recuperare le piante, avrebbero dovuto attendere il passare della stagione e l'arrivo di quella nuova, e sperare che il freddo pungente della mattina potesse allontanare i parassiti. Come se non bastasse, le cavallette sembravano essere aumentate a vista d'occhio, saltellavano beate tra l'erba alta ad ogni passo, spesso si ritrovava degli insetti addosso e doveva spostarli con un veloce gesto della mano. L'uomo si voltò nuovamente verso il muretto in pietra che gli separava dalla strada, riprese a camminare in silenzio, era stato sancito un accordo, sarebbero tornati in paese e passati per il bar frequentato solitamente dai lavoratori delle campagne per apprendere nuove notizie e decidere tutti insieme sul da farsi. Raimondo non era mai stato un uomo particolarmente incline a sposare le cause dei partiti politici o ad unirsi alle proteste di piazza, ma in quel preciso momento si trovò costretto almeno ad ascoltare quello che gli altri avevano da dire. Lo avrebbe fatto in silenzio, magari davanti ad un bicchiere di birra fresca, avrebbe lasciato vagare le parole degli atri nell'aria, avrebbe assimilato le informazioni stando in silenzio al bancone e poi sarebbe rientrato a casa. E Lorenzo lo avrebbe seguito.

Quindi senza parlare troppo, recuperarono gli attrezzi che riposero attentamente dentro alla vecchia carriola arrugginita, e quando furono pronti per la partenza iniziarono a camminare, lasciandosi indietro i campi dall'erba alta e verde.

Raimondo era da sempre stato abituato a vivere nei periodi di crisi, aveva attraversato numerosi anni nella povertà e nella miseria, di certo per lui non sarebbe stata una cosa nuova la notizia di una imminente mancanza di viveri. A casa Melis, quando ancora la buon'anima di suo padre era vivo e lavorava come bracciante agricolo nelle terre dei grandi proprietari, spesso si saltavano i pasti più importanti in favore di risparmiare. Non aveva mai visto una tavola apparecchiata, oppure i cesti colmi di frutta, o la dispensa colma di carne di tutti i tipi. Piuttosto era stato abituato a patire la fame, aveva quindi imparato come gestirla, come non lasciarsi prendere troppo dall'immagine di un bel piatto di pasta. Lorenzo intanto camminava accanto a lui spingendo la carriola, poteva sentire il suo respiro farsi corto e pesante man mano che il sole si faceva più alto nel cielo e si lasciavano indietro la strada sterrata, arrivando finalmente a quella asfaltata che portava al centro della città. Raimondo ricordava bene quando ancora tutte quelle vie erano soltanto campagne, quando gli alberi alti erano i padroni del paesaggio e l'erba si estendeva a ridosso delle case. Le strade erano cariche di fango, i ciottoli rovinati e tutte le mattine si doveva spalare per liberare i passaggi, mentre un piccolo fiumiciattolo di acqua sporca si era scavato il letto proprio lungo le vie più interne della città, che allora non contava troppe famiglie.

Ignaro che ti sto facendo a pezzi | Vol. I #wattys2022Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora