Una partita a poker

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Shangai, 1983. Le luci della notte e le mille insegne al neon illuminavano colei che da un paio d'anni veniva definita da molti occidentali la seconda perla d'oriente... Dopo Hong Kong.

Cresciuta velocemente sotto la spinta del boom economico e delle riforme attuate dal partito, la piccola Shangai, un luogo in passato secondario rispetto alla colonia inglese, aveva superato d'interesse perfino Macao ed era diventata presto una grande metropoli. La metropoli del piacere, del denaro e dell'opulenza, con buona pace degli insegnamenti di Mao.

La campagna era ormai per la città solo un ricordo. Mastodontiche torri di vetro si erano erette al posto dei campi nell'arco di pochi anni. Con esse vari e splendidi locali alla moda, dotati di ogni comfort occidentale, e tante altre costruzioni erano apparse velocemente soffocando quel poco di verde rimasto. Una giungla di cemento e vetro cresciuta in disordine e nella speculazione, in cui chiunque poteva trovare un'opportunità... anche la più illegale.

"La perla d'oriente non è solo un soprannome che danno i gweilo come noi, Konrad, dovresti saperlo, sono anni che lavoriamo insieme. Shangai non è soprannominata perla solo per il turismo, ricordi? Beh... alla salute, amici!"

Nella splendida stanza 182, una delle più lussuose dell'Hotel Splendid, i quattro brindarono e sorseggiarono il loro cognac. Paul si lasciò andare sull'elegante sedia in stile liberty foderata in bianco.

"Già. Shangai è veramente fantastica! Mi piacerebbe morirci qui."

"Non affrettarti, Konrad. Hai ancora tutta la vita davanti e Shangai", ridacchiò, "è veramente oro a ventiquattro carati. I coreani, i russi, la triade... Perfino noi occidentali ci siamo tagliati una bella fetta di mercato con la nostra cosca."

Bevve il suo cognac e poggiò il bicchiere sul bel tavolo di fattura elegante. Diverse bottiglie d'alcolico e le carte da gioco facevano bella vista sul legno lucido.

"E la Volpe Furiosa è ormai inserita in ogni possibile racket, ma possiamo fare di meglio, sapete?"

Voleva continuare, ma l'espressione imbronciata di Michael lo costrinse a fermarsi.

"Tutto bene?"

"Non così tanto, Paul. Quel bastardo di Ronald mi ha costretto a cedergli due rifugi dell'oppio. Paul, tu dici che ci siamo tagliati una bella fetta, ma la stiamo..."

"No!", esclamò zittendo l'associato. "Riusciremo a recuperare ciò che abbiamo perso."

"Ma abbiamo perso troppo", intervenne Chang. "Tu rinneghi, ma la Volpe Furiosa non è più forte come un tempo. È stato facile all'inizio con la strada spianata, ma ora c'è troppa competizione e poi..."

"E poi c'è quel bastardo di Ronald", disse Konrad mentre si lisciava i baffi. "Dobbiamo un sacco di soldi alla sua banca, e quelli non perdonano coi tassi d'interesse."

"Recupereremo. Per ora non fasciamoci la testa", rispose Paul. Si passò una mano tra i ricci e si versò un altro bicchiere. "Tra un po' dovrebbe arrivare Gordon, il vice di Ronald. Potremmo fregarli un bel gruzzolo stasera, non sarebbe male."

"O forse potremmo fare qualcosa di meglio? Potremmo ucciderlo, Ronald perderebbe un ottimo compare, o ancor meglio..."

"Chang", Konrad lo fermò. "Se lo facessimo sarebbe la fine per tutti noi. Quel bastardo è sempre affiancato da Dragon. È una spietata guardia del corpo, e si dice che sia invischiata in certi strani giri malavitosi", la voce del possente uomo era diventata cupa. "Non ci vorrà molto per lui trovarci e prenderci... O peggio ancora ucciderci."

Chang sembrò rabbrividire.

"A meno che non uccidiamo Ronald."

"Michael, ma che cazzo di..."

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