PROLOGO

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1945

Era lui. Doveva essere lui. Strizzai gli occhi, nella speranza che i suoi contorni diventassero più nitidi. Una figura chiaramente maschile si stava avvicinando, muovendosi lungo il sentiero, gli alti alberi che lo circondavano. Un attimo e Albert, il mio Albert, sarebbe comparso. Quando però il giovane fu abbastanza vicino mi resi conto che era solo un ragazzo del villaggio. Mi fissò curioso, poi svoltò a destra. Se non fossi già stata seduta su un muretto sarei caduta a terra.  Il cielo era grigio, prometteva tempesta. In lontananza si vedevano i lampi scuotere le nuvole. Nulla però poteva intaccare la mia infelicità.  Sentii il peso dei suoi due anelli che mi stringevano l'anulare. Quei due matrimoni con lo stesso uomo, uno pagano, l'altro religioso, che mi avevano resa la donna più felice del mondo e che ora mi rendevano la più infelice. Perché senza Albert io semplicemente non esistevo. Ricordai una vecchia storia, quella della fanciulla che attende il revenant. Una storia che mi era stata sussurrata da una persona che...

-Ancora nulla?- chiese una voce, leggermente graffiante.

Non dovetti voltarmi. Sapevo che Lotte era in piedi dietro di me, l'ampio abito verde con il corpetto stretto. Il suo vecchio vestito. Si era alzata dunque, aveva superato il suo dolore più grande per venire al mio fianco, per sostenermi. Non la ringraziai. Tra di noi non ce n'era bisogno.

-No, non c'è- mormorai, giocherellando con un lembo del mio abito. L'angoscia mi si conficcava nell'anima, aveva unghie, denti, artigli.

-Arriverà... lui arriva sempre alla fine-

Non replicai. Sapevo che Lotte lo amava. Era inevitabile amare Albert. Ingoiai tutti i sentimenti che mi scuotevano. Era successo così tanto in quel periodo, così tanto che... la mia vita si era completamente capovolta.

-Tornerà- continuò Lotte –non può non tornare... non ci... non ti lascerebbe mai-

Ci... ti... con Lotte era così. Sempre quell'eterna confusione. Perfino dopo tutto quello che era successo negli ultimi sei anni. Perfino dopo essere sopravvissute a una guerra, beh, lei restava sempre la stessa.

-Ti ama... e sai quanto mi costa dirlo- aggiunse. Sentii uno spostamento d'aria. Un istante dopo Lotte si lasciò cadere al mio fianco, pallida e magra. -Ti ama- ripeté, come per dare concretezza alla cosa.

Ammetteva quindi che Albert amava me? Si spingeva a tanto? Mi morsi con forza le labbra, fino a quando non sentii il sapore metallico del sangue.

-Ti ama davvero- continuò.

Quelle parole dette da lei valevano molto. –E se gli fosse successo qualcosa... e se fosse... - non riuscii a dirlo. Un'oscura superstizione mi attraversò l'animo. Non potevo dirlo, non potevo neanche pensare che lui...

-No, non è morto!- il tono di mia cugina era gelido –Lui sta bene... tornerà presto, vedrai-

E se io non lo amassi più? Scacciai questo pensiero. Dopo tutto quello che era successo, dopo che perfino i miei sentimenti per colui che amavo erano stati messi in dubbio...

Lotte mi passò un braccio intorno alle spalle. -Tu lo ami, Viola- sussurrò, come se potesse leggermi dentro -capita di sbagliare, ma tu lo ami, di questo sono sicura... altrimenti mi sarei impegnata di più per potartelo via-

Un tempo ci sarei rimasta male per quelle parole. Avrei creduto che Lotte volesse ancora giocare con me, che volesse ferirmi, che cercasse di mettere le mani su ciò che era mio. Ora sapevo che era solo il suo modo di parlarmi. Saremmo state ancora nemiche, certo, era nell'ordine naturale delle cose, ma non in quel momento, non quando io rischiavo di perdere tutto.

-Albert tornerà e metterà tutto a posto- continuò.

Io però sapevo che erano parole dette con il solo scopo di consolarmi. Gli eroi non esistono. Nessuno ti salva. Devi cavartela da sola. No, non proprio da sola. A volte l'aiuto viene da chi meno te lo aspetti.

La principessa e la cocotte: in amore e in guerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora