I. DOVE ERAVAMO RIMASTI

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1939

I primi tempi dopo la partenza di Lotte furono molto tristi. Nonostante la costante presenza di Albert, nonostante lo amassi e non avessi desiderato altro che stare con lui, il fatto che Lotte, la mia migliore amica, fosse lontana, chissà dove, con un uomo che non mi piaceva, mi rattristava. E poi il castello era incredibilmente vuoto senza di lei. Sembrava quasi che soffrisse, come se fossero indissolubilmente legati. Le mura si sgretolavano e per poco non mi cadde in testa un pezzo di pietra. Perfino le acque del lago si erano abbassate. Era lei la vera erede pensavo ogni tanto.

E se fosse stata male? E se l'avesse nuovamente afferrata la Grigia Malinconia, quel suo dolore con il quale combatteva da anni? E se Robert, quella sua nuova fiamma, le avesse fatto del male?

Lolò, la nostra governante, pareva all'improvviso aver perso un po' della sua compostezza e la trovavo spesso seduta da qualche parte intenta a fissare il vuoto. –Chissà dov'è...hai ricevuto qualche lettera?-

Ogni tanto Lotte mi scriveva. Erano sempre lettere scritte di fretta e che arrivavano da luoghi sempre diversi.

Il viaggio procede bene. Spero che tu e tutti gli altri stiate bene. Mi mancate tutti... cercherò di scrivervi il prima possibile.

Tua Lotte

Oh, la mia dolce Lotte, sempre così frettolosa, sempre così concentrata su se stessa. Neppure una riga per il suo bambino... in realtà Julien era ormai figlio mio da quando lei me lo aveva affidato. A quasi due anni sembrava un bambino molto più grande. Lui non mi chiedeva mai della madre, ma io mi affrettavo subito a dargli notizie e gli porgevo i suoi saluti, nonostante non ci fossero.

-Credi che tornerà?- mi chiese una volta, mentre giocavamo a creare un castello di carte distesi sull'erba. Lotte era partita da appena una settimana, ma a me sembrava una vita.

-Certo che tornerà-

-A volte vorrei che non tornasse- replicò.

-Non dire questo-

Lui sospirò, lo sguardo basso. Era così simile a me, anche se non era figlio mio.

-Non devi pensare che lei non ti voglia bene- gli accarezzai teneramente la mano e gliela strinsi con dolcezza.

Julien continuò a stare in silenzio.

-Che ne dici di fare una passeggiata?- gli chiesi, per cercare di scuoterlo dalla sua tristezza.

-Certo-

-Allora andiamo- ci alzammo e io mi ripulii l'abito blu dai fili d'erba. Bella, la nostra volpina, che era accucciato vicino a noi scattò su.

Presto ci sarebbero state le mie nozze, al castello c'era un certo fermento, ma io non riuscivo proprio a sentirmi dell'umore adatto. Avevo scritto a Lotte chiedendole di tornare al più presto per poter partecipare al mio matrimonio, ammettendo che avevo bisogno di lei, ma mia cugina non mi aveva mai risposto al riguardo.

-Ma guarda che bella visione- esclamò una voce conosciuta.

Mi voltai e sorrisi ad Albert. –Cosa ci fai qua?-

-Non resistevo più dalla voglia di vederti- mi fece l'occhiolino. Mi ritrovai a pensare, come tutte le volte in cui lo vedevo, che era davvero bellissimo. I capelli scuri che gli ricadevano sul viso dai lineamenti delicati, le labbra carnose, quel suo fisico né troppo robusto, né troppo magro. Un dio pagano. Apollo. Bella gli corse incontro, scodinzolando. Albert la prese in braccio, le fece fare una giravolta, quindi la riposò a terra.

Arrossii. –Sempre il solito adulatore-

Albert si strinse nelle spalle, quindi si rivolse a Julien. –E tu come stai?-

La principessa e la cocotte: in amore e in guerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora