CAPITOLO LIII

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Non tutte le storie hanno un lieto fine, alcune si perdono nella complessità della vita, tra i rami delle insicurezze e tra i sospiri delle incomprensioni. Non c'è per tutti il finale, quello in cui l'amore trionfa e i due amanti resteranno insieme per l'eternità, vivendo il loro idillio d'amore. È un Luigi distrutto quello che piano si appresta a fare le valigie per rientrare a Roma. Ha comprato il volo in partenza alle 24:30 di questa sera: nel cuore della notte quindi lascerà questa maledetta città, la cosiddetta città dell'amore. «Mah» mugugna. Lui qui non ha trovato l'amore ma lo ha perso per sempre, o forse Carola non è mai stata sua e non lo sapeva. Ha aspettato mesi per dirle quello che prova, ed ora è troppo tardi. Già una volta si era ritrovato in questa stanza, pensando che era finita, ma ora a al contrario della prima, è consapevole che non potrà fare davvero niente per cambiare le cose. Dirle che l'ama è stato l'ultimo estremo tentativo per far sì che lei gli aprisse il suo cuore ma è stato tutto inutile. Ha ancora davanti agli occhi lo sguardo di lei, prima sorpreso e commosso, farsi sempre più cupo e triste. «Non posso».
«Si che puoi» avrebbe voluto urlarle con quanto fiato aveva in corpo ma non lo ha fatto: ogni cellula del suo corpo sentiva di averla persa, di aver atteso troppo prima di accettare che la amava e prima di dirglielo apertamente.
Pian piano nella sua mente si fa strada l'idea che alla fine dei conti lui non aveva perso Carola per uno scherzo del destino ma l'aveva voluta perdere, già mesi e mesi fa quando di fronte all'evidenza che il suo cuore batteva solo per lei, aveva scelto di fingere e rinnegare ogni sentimento. Se solo non fosse stato così stupido, se solo avesse avuto un briciolo in più di coraggio, quel tanto che bastava per accettare il rischio e per comprendere a pieno che anche l'amore più grande dovrà prima o poi fare i conti con il dolore ed è da stupidi fingere che non è così. L'amore idilliaco non esiste, esiste solo lo starsi accanto, a dispetto di tutto, affrontando anche i temporali insieme.
Luigi esausto si siede sul letto, tra le dita quello che resta del biglietto dello spettacolo di ieri sera, frantumato in mille pezzi, vittima dal suo nervosismo. Poggia la testa tra le mani e respira a fondo, ricacciando le lacrime in gola.
«Tu non vuoi esserci per me Luigi» aveva esclamato Carola ferendolo, ignara del fatto che la paura di non poterle dedicare le giuste attenzioni e quindi di potere farla soffrire era una delle cose che lo avevano spinto a non avvicinarsi a lei. Ora Luigi sa quello che vuole e sa che riuscirebbe ad esserci per lei, o quanto meno farebbe il possibile perché questo si realizzasse, se solo lei glielo permettesse. Forse non è del tutto pronto a donare se stesso a Carola ma vuole provarci, vuole essere un uomo migliore per lei, il genere di uomo di cui lei potrebbe fidarsi sempre e di chi potrebbe essere fiera.
Alza la testa, guarda il soffitto bianco e decisamente alto, in cerca di aria. «Maledizione» mugugna in preda alla disperazione. «Non sarebbe dovuta finire così» esclama adirato con l'universo. Si alza, prende a camminare mentre alcuni versi gli passano davanti agli occhi come delle saette: agguanta la chitarra, bisogno di tirare fuori le sue emozioni prima che lo distruggano.
Si siede a bordo del letto e iniziando a passare le dita sulle corde tese, prende forma il suo dolore.
«Na... na...».
Nota dopo nota la musica gli cura l'anima, da sollievo al malessere che opprime il petto, e rimargina le sue ferite, anche se solo temporaneamente.
«Resta, ti prego resta
Te lo chiedo in un sussurro
Superiamo questo temporale
Dimmi che non è tardi per noi
Dimmi che mi vuoi...».

...

Con il borsone alla mano entra in ascensore, non prima però di aver fatto un rapido check mentale per capire se ha tutto con se. Detesta dimenticare le cose in hotel, anche quelle più stupide. La camicia nera mezza sbottonata, per metà inserita dentro i pantaloni bianchi, gli sta forse un po' troppo grande, constata guardandosi allo specchio dall'ascensore e vedendo il riflesso delle porte di quest'ultimo aprirsi alle sue spalle sulla hall. Trascinandosi il borsone con fare stanco si avvicina al bancone dove siede la ragazza con cui aveva fatto il check-in. Lei gli fa un sorriso cordiale, a cui lui non risponde. «I'm leaving» sentenzia lui allungandole le chiavi della camera.
«êtes-vous satisfait du service de notre hôtel?».
"Fottiti" pensa lui esasperato.
«Can i pay? There's a taxy waiting for me outside».
«espèces ou carte?».
Lui le allunga la carta di credito senza proferire parola. "Voglio andarmene da qui".

...

Sono le 22:35 quando Luigi sale sul taxi, voltandosi indietro solo per un secondo, quel tanto che basta che assicurarsi di starsi lasciando alle spalle quel maledetto hotel e per notare come il taxi 345 si appresi a prendere il posto di quello su cui è salito lui.

IL MIO SBAGLIO SULLE OSSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora