CAPITOLO L

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Carola

«E uno... due... due... più veloce con quella gamba, voglio un movimento più controllato».
È la voce di Marlene, una delle insegnanti e preparatrici che parla. In particolar modo, segue gli allenamenti e le prove le ballerine, mentre Tomas, si occupa prevalentemente dei maschi, curandone la tecnica.
«Alza!».
Carola, fradicia di sudore esegue il tutto con estrema attenzione, in maniera meticolosa, nonostante i muscoli delle gambe stiano gridando pietà, così come i suoi poveri piedi, dove sicuramente farà la sua comparsa qualche piccola vescica questa sera. Ci è abituata ormai, questa è la sua vita, da quando si e sposata con il ballo, da quando ha messo le punte per la prima volta e ha capito che la sua strada non poteva che essere questa.
«Attenta alla scapola Carola!» strilla lei rievocandole una serie infinita di ricordi.
«È stata la scapola» biascica mettendosi la mano sul fianco mentre tutti ridono, compreso Luigi, che alle sue spalle, seduto al suo banco le lancia uno sguardo di intesa.
«Carola! Concentrata! Che hai oggi?» esclama Marlene saettando con la bacchetta. Carola, che non è riuscita a completare la combinazione richiesta, si accascia sul pavimento fresco della sala da ballo numero tre e respira a fondo.
«Scusami. Riprovo immediatamente».
«È tutto ok?».
"Certo, se non fosse che quello che credevo sarebbe potuto essere l'amore della mia vita si è rifatto vivo, senza alcun motivo apparente, e con tutta probabilità solo per farmi del male. A parte questo piccolo dettaglio però, si tutto bene".
«Si, non preoccuparti».
«C'è qualcosa che ti da il tormento?».
«No, assolutamente».
«Tesoro, la danza è una nobile arte e il corpo parla più di quanto credi» bisbiglia dolcemente avvicinandosi a lei.
«Se non stai bene qui» aggiunge indicando con l'indice la tempia destra, «Quando balli si nota».
«Mi impegnerò di più, scusami».
«Non ti sto rimproverando. Sto solo cercando di capire come stai. Sei bravissima Carola, una professionista e lunge da me farti la ramanzina sull'impegno o su come balli».
Marlene si siede davanti a lei, per terra. Questo momento ricorda a Carola uno dei tanti trascorsi con la maestra Celentano in casetta e per assurdo il tema della chiacchierata è similare. Solo che da quello scambio di parole Carola ne era uscita distratta, e si era ritrovata a piangere tra le braccia di un Luigi impacciato che aveva cercato di risollevarle il morale.
«Ho un po' di pensieri nella testa al momento» confessa tornando al presente con la mente.
«Va bene, è giusto. Non vederli come dei nemici ma trasformali in punti di forza: sfruttali, convogliati nel ballo e plasmali per adattarli a quello che stai raccontando con il tuo corpo. Non hai idea di quanto sia potente lo strumento che hai tra le mani dolce Carola, usalo al massimo. Diventerai una ballerina migliore, persino più brava di quanto già tu non lo sia ora».
«Si può incanalare anche la delusione?» chiede.
«Tutto quello che senti».
«E se non volessi sentirla?».
«Per quello non c'è rimedio».

...

«Ciao Marci. Ci vediamo domani».
«Ma come domani! Non esci a bere qualcosa con noi dopocena?».
«A che ora?» chiede lei dubbiosa ma consapevole che ultimamente lo sta trascurando un po' troppo.
«Sulle 11 direi».
«Ci sarò, te lo prometto. Solito posto?».
Marcello si illumina e con un sorriso a trentadue denti esclama: «E me lo chiedi!?». Carola ride. È da quando sono arrivati a Parigi che hanno battezzato un localino in cento, piccolo ma caratteristico, come il loro posto. Vi erano entrati la prima volta per puro caso, alla ricerca di un drink per affogare i dispiaceri nell'alcol e avevano passato la serata più pazza di tutte, finendo con il rientrare all'alba, ubriachi ma felici. "Per fortuna che non avevamo allenamento o le prove" pensa ricordando quella notte folle.
«Va bene, ci vediamo lì allora tesoro».
«A stasera. Un bacio» risponde Marcello poggiando la sua testa dolcemente sulla sua e dandole un buffetto sul naso.
Carola esce dalla sala, scende al piano inferiore utilizzando le scale dagli ampi gradini, sforzandosi di non fare troppa pressione sul piede destro, che al momento è parecchio dolorante. "Devo fare scorta di cerotti per le vesciche. Ne ho troppi pochi" pensa, valutando l'ipotesi di passare in farmacia subito, prima di rientrare a casa, dove Giovanni la aspetta per cena, con il suo solito sorriso e la pelle che sa di buono. Non ha ancora ben chiaro quando se ne tornerà a casa, non che la sua presenza la infastidisca, anzi tutt'altro, è solo che il bilocale è piccolo e lei fatica a condividere i suoi spazi con lui. Forse è questione di abitudine, non è semplice convivere, anche per tempi brevi, o forse è solamente che da quando ha rivisto Luigi alcuni gesti con Giovanni le sembrano forzati. "Non ci pensare" si impone, aprendo il massiccio portone d'ingresso e guardando in basso per fare attenzione ai grandini, che sono un po' messi male. "Ci manca solo che cado e mi infortunio" pensa alzando progressivamente la testa da terra, " così salta lo spettacolo e ... Luigi".

IL MIO SBAGLIO SULLE OSSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora