Parte 13

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CAPITOLO 13

Micaela vide un uomo molto diverso da quello ricordava. Il primo giorno che lo aveva incontrato in ospedale aveva avuto l'impressione che non fosse molto alto, che fosse ordinario e un tantino trasandato, ma gentile ed educato. La seconda volta che lo aveva visto in tribunale non lo aveva guardato con molta attenzione talmente era annebbiata, ma le era parso più carino e degno di fiducia. Ora aveva davanti a sé un uomo decisamente attraente, vestito con cura come se dovesse uscire a cena il sabato sera e dai modi gentili, ma che trasmettevano sicurezza e la facevano sentire come avvolta da un alone di benevola protezione. Le piacque. Non come uomo perché non aveva mai più pensato a nessuno in quei termini e tutto ciò che era anche solo lontanamente collegato all'idea di amore romantico era rimasto congelato in quella tragica notte. Tuttavia sentì di aver fatto bene ad andare a trovarlo e scorse in lui un potenziale alleato.

Rachid dal canto suo era rapito da ogni parola e da ogni gesto di Micaela. Non era tanto la sua innegabile bellezza che lo colpiva e nemmeno la sua compostezza o la sua innata eleganza. Erano piuttosto le imperfezioni ad affascinarlo: le piccole rughe di espressione che iniziavano a delinearsi in modo sottile sul suo viso ancora giovane, il velo di stanchezza nei suoi occhi brillanti e pieni di vita che custodivano infiniti segreti e sfaccettature. Erano le sue unghie senza smalto, i suoi jeans, il fatto che non portasse né tacchi né borsetta, né rossetto né gioielli. Era così...normale. Una bella donna, ma normale, di quelle che potresti incontrare al bar sotto casa, al supermercato o in metropolitana.

Micaela era sorridente, sembrava energica, calorosa e disponibile. Non lesinava qualche battuta, rideva volentieri e chiacchierava senza sosta. Ma Rachid riusciva a vedere oltre. Vedeva la stanchezza, la paura, la fragilità e la fatica di una vita passata a combattere i suoi demoni dietro le quinte del suo mondo fatto di riflettori, applausi e glamour. Questo contrasto lo colpiva profondamente e avrebbe avuto voglia di dirle che non avrebbe dovuto combattere sola mai più, che lui era lì per lei e per sostenerla. Lei sembrava a suo agio ed era evidente che si fidava e ciò lo inorgogliva: era riuscito a farle abbassare le difese e a farle capire che era dalla sua parte.

Passarono un paio d'ore in leggerezza perché nessuno dei due aveva particolarmente voglia di affrontare temi pesanti. Lui le offrì un semplice tè freddo e la fece accomodare sul suo divano di seconda mano, davanti alla finestra aperta con le tendine svolazzanti alla fresca brezza che mitigava il sole del primo pomeriggio. La casa di Rachid era modesta, ma curata, ordinata, pulita e luminosa. Micaela pensò che non doveva essere affatto male vivere lì una vita semplice e tranquilla. Si rese conto di sapere davvero poco del suo nuovo amico e chiese:

"Sei sposato?"

Lui si affrettò a rispondere precipitosamente: "No, no. Vivo qui con mia figlia"

"Hai una figlia?" Gli occhi le si riempirono di un misto di tenerezza e rimpianto.

"Sì, si chiama Emma. Ha tre anni. Ti faccio vedere una sua foto"

Tirò fuori il telefono e gliela mostrò. Micaela si avvicinò e le loro teste quasi si toccarono permettendo a Rachid di sentire il suo profumo delicato. Gli girò la testa.

"Che bella!" commentò Micaela.

Rachid si ricompose e disse: "Ora è all'asilo, più tardi vado a prenderla e la porto ai miei genitori mentre io vado al lavoro"

"Che lavoro fai?"

Rachid provò un attimo di imbarazzo, ma poi rispose in modo fiero: "il netturbino"

"Ah ok" disse Micaela con nonchalance.

Le fu grato per la sua naturalezza.

"Tu che programmi hai per la serata?"

Lei non rispose subito.

"Non lavoro stasera. Cercherò di tenermi occupata e non pensare. Questa storia mi sta facendo impazzire. Per stare bene dovrei lavorare senza sosta. Che è più o meno quello che faccio sempre. Ma è bello prendersi una pausa ogni tanto. Come ora. Era davvero tanto tempo che non mi capitava."

"Per quanto tempo rimarrai a Portland?"

"Ancora due giorni. Poi dovrò andare un paio di giorni a Los Angeles, quattro giorni a Las Vegas e una settimana a New York per registrare interviste e fare promozione al nuovo disco. Poi ricomincio il tour che mi terrà in giro per tre mesi prima di partire per l'Europa appena dopo Natale. Ovviamente dovrò tornare qui per le prossime udienze. Questa faccenda sarà lunga. Mi spiace che tu ti sia trovato coinvolto in tutta questa storia. Avevi la tua vita tranquilla e a causa mia ora hai trovato un sacco di problemi"

"Ma ne sono felice. Perché ti ho incontrata"

Lei sorrise. Non capiva se fosse serio o stesse scherzando.

"Senti, lo so che non hai tempo, probabilmente neanche voglia e che non è il caso, ma vorrei davvero rivederti. Se ti fa piacere. Non ci sto provando tranquilla" aggiunse in tono scherzoso come a scartare un'ipotesi che non era poi così lontana dalla realtà.

Micaela disse: "Se anche fosse ogni tentativo cadrebbe nel vuoto con me"

Aveva una nota amara nella voce.

"Non hai un compagno?"

"No"

"Capisco"

"Non riesco più a provare alcun sentimento per nessuno. Le uniche persone che mi suscitano qualche sentimento sono i miei cugini, i miei zii e un paio di amici d'infanzia. Per il resto posso trovare piacevole la compagnia di qualcuno ma non provo niente. Il mio cuore è congelato. Non ho sentimenti. Ironico vero per qualcuno che canta canzoni d'amore tutte le sere?"

Lui lesse una profonda sofferenza nei suoi occhi e fece un gesto impulsivo, ancora una volta. Le mise un bracco intorno alle spalle. In modo amichevole, quasi fraterno.

Lei lo lasciò fare e gli sorrise: "Sei l'unico che riesce a trattarmi in modo così naturale. Di solito le persone mi trattano come se fossi una specie di oggetto raro. O un animale allo zoo. O mi fissano come se fossi un quadro al museo. Nessuno osa mai approcciarsi a me in modo diretto, spontaneo e senza sovrastrutture. Tu invece non sei affatto impressionato. Ed è una cosa fantastica!"

"Al contrario. Sono molto impressionato. Ma non per quello che pensi tu"

"E per cosa?"

"Per la tua normalità. Sei bellissima oggi. Molto più di quando ti ho vista in tv in un talk show qualche sera fa"

Lei scherzò: "Non funziona, te l'ho detto"

Ma entrambi sorridevano perché avevano capito che stavano scherzando affettuosamente e leggevano comprensione, rispetto e l'inizio di un bel legame nei loro sguardi e nei loro gesti.

Fu un pomeriggio magico e Rachid capì che non si sarebbe salvato. Si promisero di rivedersi il giorno seguente. Si salutarono brevemente e lei fu inghiottita dalla sua auto nera facendo sentire Rachid come al risveglio da un bel sogno che si infrange al suono stridulo della sveglia.


Un angelo sotto coperturaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora