Un angelo sotto copertura

Part 17

CAPITOLO 17

Le settimane seguenti furono un mare in tempesta di dubbi penosi per Rachid. Micaela se n'era andata da Portland per continuare le sue attività lavorative lasciandolo solo e in balia dell'eterna lotta tra ragione e sentimento. Aveva perso la testa, il sonno e la fame. Era combattuto tra la paura, la voglia di aiutare Micaela, la cotta adolescenziale che provava e il briciolo di razionalità che gli era rimasto che gli suggeriva di scappare a gambe levate e non addentrarsi oltre in quella situazione pericolosa e ingarbugliata.

Aveva una figlia, dei genitori anziani, una casa e un lavoro. Una vita bella dopo tutto, nonostante le mille difficoltà. Non voleva rovinarla. Non voleva mettere in pericolo sé stesso e la sua famiglia. Non voleva guai.

Micaela si sarebbe arrangiata. Aveva ampiamente dimostrato di sapersela cavare e di avere risorse a sufficienza per portare avanti le indagini da sola. Era intelligente, sveglia e coraggiosa. Non aveva bisogno di lui.

Ma poi gli tornavano in mente i racconti delle pene che aveva sofferto nella sua vita, dei suoi attacchi di panico, della sua solitudine, delle minacce che la spaventavano a morte e del senso di pericolo che la attanagliava giorno e notte. Gli veniva in mente che lei non aveva nessuno su cui contare veramente. Si ricordava che lui era l'unica persona a cui lei avesse mai raccontato tutta la storia. Pensava a quanto doveva essere stata dura per lei soffrire in silenzio per tutto quel tempo facendo finta che andasse tutto bene. Rivedeva il suo bel viso, il suo sguardo profondo e il suo sorriso incredibile che gli faceva venire la pelle d'oca. Risentiva la sua voce magica e il suo profumo delicato.

Era finito.

Sapeva che quella donna l'aveva in pugno e che non aveva scampo.

Lottò con sé stesso per un mese prima di decidersi a ritenersi sconfitto, prendere il telefono, comporre il numero di Micaela e dirle che era disposto ad andare fino in fondo alla faccenda insieme a lei.

Il piano era molto semplice: Micaela diede a Rachid la password del suo profilo Facebook falso, gli disse di essere attivo online per un paio di settimane e di cercare di inoltrarsi nel dark web mettendosi in contatto diretto con i membri della gang attraverso il nome in codice che lei era venuta a scoprire. Doveva essere abbastanza scaltro da risultare credibile in quello che faceva e diceva e porre le domande giuste senza sembrare invadente o destare sospetti. Ottenere la fiducia del gruppo era cruciale.

Micaela l'avrebbe guidato da vicino, suggerendogli cosa dire e come comportarsi. Quando fosse entrato stabilmente nella cerchia virtuale della gang, avrebbe dovuto dire che aveva un piano per far evadere di prigione il loro compagno Jimmy Lamar perché voleva coinvolgerlo in una missione top secret e riteneva che lui fosse l'uomo giusto. Avrebbe dovuto chiedere in quale penitenziario era rinchiuso, per quanto tempo ci sarebbe rimasto e se loro avevano contatti lì dentro per aiutarlo nel progetto di evasione.

Rachid odiava con tutto sé stesso quella messinscena pericolosa. Non riusciva a fare a meno di pensare che se l'avessero smascherato lo avrebbero fatto fuori. E Micaela insieme a lui. Sapevano troppe cose. Quei tizi avevano troppi segreti. Avevano una fedina penale spaventosa e la maggior parte dei loro crimini non era nemmeno stata scoperta dalla polizia. Rachid non avrebbe mai pensato che i film gialli e le serie tv fossero così realistici dopo tutto. Più si addentrava virtualmente in quei bassifondi, più era disgustato.

E allo stesso tempo la sua ammirazione per Micaela cresceva: aveva un sangue freddo e un coraggio che rasentavano la temerarietà, una mente acuta e brillante che trovava sempre la mossa giusta per uscire da ogni impasse. Non c'era da meravigliarsi che in gioventù fosse rimasta attratta dall'eccentrico e poliedrico regista con una vena di follia.

Si chiese se mai sarebbe stata in grado di condurre una vita normale a fianco di un uomo normale.

Si rispose di no.