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Third person's pov

"Izanami, noi torniamo a casa. Sta iniziando a piovere, dovresti andartene anche tu" la diretta interessata si fermò e guardò la sua amica nonché capitano della squadra.

"Andate pure. Resto ancora qualche minuto. Chiudo io." si prese l'incarico riprendendo a saltare sugli step che aveva messo in modo da migliorare ulteriormente la sua elevazione. Nonostante i mesi di riposo le faceva malissimo la gamba ma aveva già perso troppi allenamenti e doveva recuperare il tempo perso.

"Sai che sono io il capitano e che se voglio ti ci mando a calci a casa?" le chiese Megumi mettendo le mani sui fianchi.

"Hai intenzione di farlo?" ridacchiò

"Non esagerare" le intimò ignorandola per poi uscire dalla palestra.

Erano le sette di sera ed erano rimaste oltre l'orario scolastico per un allenamento extra.

Dopo aver terminato l'ultima ripetizione mise a posto gli strumenti utilizzati e spense la luce dirigendosi nello spogliatoio. La pioggia cadeva incessantemente sulle finestre, quasi come se volesse sfondarle e di tanto in tanto dei tuoni squarciavano il silenzio della scuola e i fulmini la illuminavano.

Dopo essersi infilata la tuta bordeaux della scuola prese la sua borsa e l'ombrello e uscì allo scoperto. L'odore di erba bagnata le invase le narici e il freddo la investì facendola rabbrividire. Uscì dal perimetro scolastico e camminò per le strade della città. Ad un certo punto un rumore attirò la sua attenzione facendola bloccare sui suoi passi.

Si piegò sulle ginocchia abbassandosi per scrutare attentamente la scatola bagnata dalla pioggia posta al lato della strada.

Un piccolo gattino tutto bagnato e infreddolito fece capolino da essa scuotendo la testa nel momento in cui Izanami la aprì. La giovane si premurò di coprirlo con l'ombrello lasciando la sua schiena in balia della pioggia. Avvicinò lievemente l'indice al musetto del gatto che dopo averle soffiato si attaccò al dito mordendolo e graffiandolo. Tuttavia lei sorrise e non si spostò di un millimetro.

"Sei masochista o cosa?" una voce maschile la spaventò facendole perdere l'equilibrio e cadere sul terreno pieno d'acqua.

"Miya." lo salutò alzandosi.

"Bentornata Nami-chan. Come sta la tua gamba?" la provocò.

Ancora quello stupido nomignolo.

"Alla grande"

"Sai... ancora non ho capito come fai a farti sempre male"

"Che vuoi farci. Sono i rischi del mestiere, dovresti saperlo anche tu." rispose alzando le spalle. Infilò la mano nella scatola e afferrò il gattino che la graffiò nuovamente

"Dove stai andando?" le chiese Atsumu seguendola.

"Non posso tenerlo quindi gli trovo un posto asciutto in cui stare"

"Non dovresti andartene in giro a quest'ora. Potrebbe esserci qualche pervertito che..." lasciò in sospeso la frase sospirando.

"Hai intenzione di seguirmi tutta la sera?"

"Dai passami quel gatto" protese la mano verso di lei.

"Che vuoi farci?"

"Me lo prendo. Tu tornatene a casa"

"Sei sicuro? È ancora piccolo, è difficile accudirlo" disse osservando l'animale dal pelo chiaro.

"Pensi che non possa farcela?" le chiese guardandola male.

"No... Dico solo che è un'animale. È un essere vivente ed è difficile da accudire. Ma se pensi di potercela fare..." glielo pose sulla mano grande e calda e lui lo strinse al petto. Ad Atsumu non sfuggì li stato in cui erano ridotte le mani di lei. Piene di bende e cerotti.

Chissà quanto si allena... pensò lui

"Ai!" chiuse gli occhi quando il gatto gli morse il dito facendo ridere Izanami. "Ti devono piacere molto i gatti"

"Nient'affatto"

"E allora perché non l'hai lasciato li?"

"Sarebbe morto. L'avrei aiutato a sopravvivere per poi trovargli una sistemazione. Ho semplicemente rispetto per la vita. Probabilmente era qui gia da un paio di giorni e nessuno l'ha aiutato"

"Capisco. Ora devo andare, ci si vede Nami-chan. Torna subito a casa!" lei sospirò. Non si parlavano quasi mai e non si poteva dire fossero amici eppure continuava a preoccuparsi di lei come quando erano alle elementari. Izanami sbuffò e si diresse pigramente verso casa.

"Tadaima!"

"Okaeri!" le rispose con voce roca Daisuke, il più grande dei suoi fratelli. "Vieni è pronto" li raggiunse dopo essersi tolta le scarpe.

"Ti sei lavata le mani?"

"Si" rispose senza guardarlo in faccia

"Bugiarda. Vattele a lavare" lei si alzò sbuffando verso il lavello della cucina e si verso una goccia di sapone per piatti sotto lo sguardo contrariato di Daisuke.

Lei era la più piccola di quattro figli ed era anche l'unica femmina. Vivevano da soli e sopravvivevano dello stipendio di Daisuke. Lui aveva da poco compiuto ventotto anni e lavorava in una qualche azienda di ricconi e nel tempo libero gli faceva da mamma. Jun invece era il secondogenito, di ventun'anni, e frequentava la facoltà di legge creando ai fratelli un certo disagio per via di un paradosso: studiava legge ma allo stesso tempo era il primo ad infrangerla, un criminale insomma. E infine c'era Izanagi, un anno più grande di lei e frequentava il terzo anno dell'accademia Inarizaki. Era un tipo piuttosto strano, enigmatico e silenzioso e come gli altri due era estremamente geloso della sorella, o forse anche di più.

"Perché ci hai messo così tanto per tornare a casa?" Izanagi guardava il suo piatto mentre gli altri due alzarono istintivamente il viso per ascoltare la risposta della sorella.

"Non ho fatto tardi."

"I tuoi allenamenti finiscono alle sei. Sei tornata due ore dopo." la rimbeccò atono. Quell'aria da saputello le fece stringere i denti.

"Non avrai ripreso già con gli allenamenti extra?" le chiese Daisuke scrutando attentamente la sua espressione.

"E anche se fosse?" disse alzandosi e guardandolo con sfida.

"Non guardarmi così e torna a mangiare" lei tuttavia non lo ascoltò e si diresse verso la porta a passo svelto.

"Dove pensi di andare?"

"Fatti gli affari tuoi" aprì lievemente la porta ma venne rinchiusa con forza e la ragazza si ritrovò attaccata ad essa mentre l'altezza del fratello la sovrastava.

"Non farmi incazzare, Izanami. Dove pensi di andare?" cercò di rimanere calmo.

"Vado da Gumiki"

"Gumiki?"

"Megumi Ishiki" si spiegò meglio.

"Va bene. Vai." disse permettendole di uscire.

"Grazie grande capo" disse ironica.

"Jun quante volte ti devi dire di non fumare in casa?!" Daisuke tornò in cucina urlando al fratello.

A. Miya x OcDove le storie prendono vita. Scoprilo ora