«Perché non andiamo al parco?» proposi ingenuamente, osservando le sue mani muoversi in modo esperto sul volante della sua auto.
Sembrava quasi scocciato di sentirmi parlare, ma io non ci feci caso.
Ero piccola, avevo quattordici anni, come potevo comprendere la gravità della situazione?«E parco sia» si sforzò di sorridere, svoltando a destra.
Andreas, così si chiamava.
Era un ragazzo di quasi vent'anni che avevo incontrato in un bar qualche settimana prima, mi aveva proposto di uscire insieme e io, come un'incosciente, avevo accettato senza ripensamenti.
Aveva una mascella scolpita e gli occhi scuri a mandorla sembravano sempre tastare il terreno.
I capelli ricadevano lisci e scuri sulla sua fronte corrugata, mentre le mani stringevano con forza il volante.«Ho detto qualcosa di sbagliato?» chiesi nel notarlo così infastidito. Mi feci piccola contro il sedile quando mi lanciò un'occhiataccia, poi parcheggiò e scendemmo dalla macchina.
Mi afferrò la mano con prepotenza, stringendola tra le sue dita affusolate.
Camminammo per il parco in silenzio mentre accennava sorrisi a tutti i passanti che tenevano un sopracciglio sollevato.
Ma che avevano da guardare?Ci sedemmo su una vecchia panchina arrugginita e, quando stavo per chiedergli di prendere un gelato, lui poggiò le labbra contro le mie.
Afferrò i miei fianchi e mi costrinse a sedermi su di lui, giocando con alcune ciocche dei miei capelli.
Rimasi colpita dall'insistenza dei suoi gesti, ma non mi allontanai e ressi il suo gioco.
Lo ressi fin quando le sue mani non si fecero spazio tra le mie cosce coperte solo da una gonna marrone.Mi scostai dalle sue labbra come se mi fossi scottata, ma lui continuò a far salire le dita senza rendersi conto della mia espressione confusa.
«Andreas? Cosa stai facendo?» sussurrai timidamente, ma lui fece finta di nulla. Cone se fosse corretto.«È questo che fanno le persone quando si conoscono, lo sai?» sistemò una ciocca dei miei capelli dietro l'orecchio, lasciandomi perplessa.
«No, sono quasi sicura che non succeda questo» scossi la testa in senso negativo. Era impossibile! Insomma, non ci conoscevamo nemmeno.
«Con quante persone sei stata insieme fin'ora, Faith?» chiese sollevando un sopracciglio, senza spostare le sue dita dal mio interno coscia.
«Nessuna» abbassai lo sguardo, vergognandomi all'istante.
«Però io...» mi diede un pizzicotto che mi costrinse a stare in silenzio.«Allora lascia fare a me. Ho più esperienza, sono più grande. So come funzionano queste cose» e allora, impaziente, spostò le sue dita sull'elastico delle mie mutande.
«Andreas, io... sono più che sicura che non dovremmo» iniziai ad agitarmi, ma ricevetti un altro pizzicotto. Questa volta sulla mano.
«Smettila di lamentarti» si avvicinò al mio collo, lasciando una lunga scia di baci umidi sulla pelle chiara.
Non compresi cosa stesse succedendo, ma percepii una lacrima solcarmi la guancia.
Ogni qualvolta provassi a parlare, lui mi rifilava un pizzicotto in qualche parte del corpo: sulle braccia, sulle ginocchia e persino sulle cosce.Non gli importava di essere in un parco, di essere visto da qualcuno e neppure dei miei tentativi di sfuggire dalla sua presa ferrea.
Continuò comunque a baciarmi languidamente, insistendo con le dita sulle mie mutandine bianche.
Fin quando un'anziana signora non si sedette accanto a noi, rifilandomi un'occhiata rapida.«Va tutto bene, ragazzina?» chiese gentilmente, lasciando che Andreas di allontanasse da me.
«Certo che va bene» ringhiò scocciato il ragazzo su cui ero seduta, quando l'anziana signora agitò in aria il cellulare.
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Everything you don't know.
RomanceLa vita di Faith, un'adolescente riservata dagli occhi chiari come il ghiaccio che prova a superare i suoi traumi causati da un'infanzia turbolenta e da genitori completamente assenti, viene sconvolta da uno sconosciuto dal buon profumo ad un ballo...