Micky

77 2 0
                                    


Alla nuova vita con Page mi ci abituai tanto velocemente quanto lentamente.

Velocemente perché in effetti è successo tutto in poche ore; ma anche lentamente perché Millie, che legalmente ora è mia sorella, ha avuto molta pazienza e mi ha aiutato a superare il mio problema con calma e dandomi tempo per elaborare ciò che stava accadendo. Insomma, da un giorno all'altro sono stato introdotto in una nuova famiglia così all'improvviso. Sono stato introdotto in una nuova casa dopo sei anni alla clinica. Durante i primi tre mesi mi isolavo completamente passando tutto il tempo nella mia nuova camera. Facevo entrare solo Millie e parlavo solo con lei:

mi chiedeva se mi andasse di vedere un film con lei e Page di sera o se volessi passeggiare per la città insieme a loro di mattina; io rispondevo sempre di no, e Millie lo capiva. I primi tre mesi li passai così: da solo, in camera mia, a riflettere.

Dopodiché iniziai a sbloccarmi piano piano. Iniziai a restare qualche minuto in più dopo ogni pasto, per esempio; oppure, dopo un altro po' di tempo, iniziai a tenere la porta della mia stanza aperta. Poi, da quando decisi di uscire insieme a Page e Millie in città, per la prima volta, tutto iniziò a farsi sempre più semplice.

Naturalmente non avevo superato ancora la mia riservatezza innata e stanziata eternamente dentro di me. Ma, giorno dopo giorno, divenne semplice passare del tempo con loro, per quanto io stessi in disparte: in soggiorno mi sedevo sul divano più lontano e a tavola spostavo la sedia più in là. Per quanto riguarda il cibo non trovavo grandi problemi se devo essere onesto; più o meno mi fidavo della zuppa della clinica, dato che in sei anni non mi hanno mai avvelenato, quindi fidarmi del cibo di Page non fu troppo difficile. In fondo cucinava abbastanza bene.

Appena riuscii ad aprirmi un pochino di più con la mia nuova famiglia, Page ci iscrisse a scuola. Ovviamente non potevamo passare tutti i giorni a non fare niente, a uscire o a guardare film sul divano.

L'unico e piccolo, per così dire, problemino era che in tutta la mia vita avevo fatto poco meno di un anno di scuola: l'anno in cui stavo ad abitare dai miei genitori adottivi. Ma mi avevano rinchiuso nella clinica prima che io potessi finire l'anno.

Dopo tutto quello che ho passato credo di essere abbastanza sveglio per la mia età, ma per quanto riguarda la cultura? Capii che iniziare ad andare a scuola, fare i compiti, studiare e soprattutto integrarmi, sarebbe stato molto più difficile di quanto pensassi.

Millie, invece, sembrava serena e tranquilla. Naturalmente, se hai l'abilità di evocare i morti, la scuola non dovrebbe essere un problema.

Uno degli ultimi pomeriggi liberi ci trovavamo tutti e tre in una cartoleria per comprare ciò che ci sarebbe servito per la scuola.

Page si era diretta al reparto penne e colori, io e Millie nel reparto zaini.

-fanno tutti schifo. Grigio, nero, blu scuro, grigio, nero, blu scuro. Sono tutti uguali- si lamentava lei mentre scorreva gli zaini.

-scommetto che ne vorresti uno tutto rosa con le margherite- la presi in giro io.

-mi andrebbe bene anche un semplice azzurro. Ma questi sono i colori di un cadavere: color labbra del cadavere, color pelle del cadavere, color vestito del cadavere- replicò lei.

-Millie sono solo zaini, ci devi mettere dentro i libri e scaraventarlo per terra quando entri in classe- la informai.

-allora prenditelo tu lo zaino del cadavere- ribatté Millie.

-sei tu la migliore amica dei defunti. A proposito, Jamie?- domandai.

-è alla cassa a tormentare le penne con i pon pon pelosi- rispose lei.

Psichiatria All'InfernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora