17.

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Sui volti di Dazai e Kunikida si manifestò un'espressione di puro stupore. Si scambiarono un rapido sguardo l'un l'altro prima di posarlo nuovamente sul novellino accanto alla porta che giocherellava nervosamente con le dita delle mani collocando gli occhi dritti sul pavimento. «Ah sì?» iniziò a dire il castano. «Beh, non facciamolo attendere troppo allora.» Scese repentinamente dal letto rischiando di incespicare nei propri piedi, colto da un capogiro che lo costrinse a inchiodare le mani alla testiera del lettino. Atsushi, allarmato, si protese in avanti, guardandolo palesemente preoccupato per le sue condizioni di salute. «D-Dazai-san, stai bene?» Dazai assentì con la testa abbozzando un sorriso sulle labbra rosee. «Sto tranquillo, Atsushi-kun... sto bene. Ora,» puntò le sue iridi ambrate prima negli occhi di uno poi dell'altro «se volete scusarmi... Vado ad accogliere il nostro ospite come si deve.» Detto ciò, uscì dall'infermeria ad ampie falcate recandosi nell'ufficio dove, come aveva detto Atsushi poc'anzi, v'era un individuo che richiedeva la sua specifica presenza, per chissà quale motivo.

Appena entrato in stanza, assieme ad Atsushi e Kunikida, Kyoka e Yosano , puntarono il loro sguardo, dapprima su un giovane sull'uscio della porta, sul detective appena appena rientrato dalla convalescenza domandandogli tacitamente chi fosse la figura ch'era piombata in ufficio quella mattina. Dazai indirizzò tutta la propria attenzione su quell'individuo. Era un ragazzo molto giovane, non poteva dimostrare più di diciotto o diciannove anni, il fisico slanciato con qualche accenno di muscoli. Il suo vestiario comprendeva una camicia blu notte, i primi tre bottoni lasciati aperti così da rendere visibile ad occhi esterni il collo bianco, un jeans nero attillato gli fasciava le gambe snelle. L'espressione sul suo viso non era rigida, inespressiva, anzi, trasmetteva un calore e una fiducia che pochi erano in grado di manifestare spontaneamente agli occhi di altre persone. Aveva un taglio di capelli rossiccio che gli arrivavano quasi sul collo, alcune ciocche erano tirate indietro da un elastico in una piccola coda improvvisata in mezzo alla nuca. Occhi castano scuro lo stavano scrutando dal primo momento ch'era entrato in ufficio.

Com'era Dazai in quel momento non era particolarmente presentabile, i suoi indumenti erano rimasti nell'armadio del proprio appartamento, ma non se ne curò chissà quanto. «Dovrei conoscerti, ragazzo?» domandò il moro sollevando un sopracciglio. Si parò davanti a lui, le braccia incrociate al petto, in attesa di una risposta.

Un risolino scappò dalla bocca del giovane. «Non direttamente però...» emise un lungo respiro prima di continuare. «Mi chiamo Oda Kazuya, sono il fratello minore di Oda Sakunosuke.» Per un attimo il cuore di Dazai smise di battere. Sgranò impercettibilmente gli occhi a quella rivelazione così inaspettata. "Odasaku non mi aveva mai detto di avere un fratello... E se mi stesse mentendo?" Non poteva permettersi di abbassare la guardia tanto facilmente, pertanto gli avrebbe posto qualche ulteriore domanda per essere più sicuro sulla veridicità delle sue parole.

Allungò il passo verso il ragazzo dinanzi a sé, il quale non s'era mosso d'un passo permanendo con una postura rigida. «Odasaku non mi ha mai accennato ad alcun fratello che lui potesse avere. Come pensi di provare che ciò che dici corrisponda alla verità, Kazuya-kun?» arricciò le labbra in un ghigno furbesco.

«Perchè dovrei mentirti?» replicò Kazuya manifestando un espressione stizzita in volto. «Cosa ci guadagno?»

Alzò gli occhi al cielo. «Ah non lo so, dimmelo tu...» disse con nonchalance il moro. Assottigliò lo sguardo non interrompendo il contatto con gli occhi scuri dell'altro. Fidarsi delle altre persone era una sorta di tabù per Dazai. Se il ragazzo non mentisse su quel che diceva tanto meglio per loro, altrimenti, lo avrebbero sbattuto fuori dalla porta a suon di calci, non prima di aver contatto la polizia naturalmente.

Vide sul volto del ragazzo comparire un'espressione pensierosa. Aveva gli occhi lucidi. «Sakunosuke cercava sempre di tenermi lontano dal suo lavoro, suppongo lo faceva perché voleva proteggermi...» ingoiò un groppo di saliva con difficoltà. «tuttavia, mi parlava spesso del nuovo amico che si era fatto. Un ragazzino veramente singolare, sempre ricoperto di bende dalla testa ai piedi e col pensiero fisso al suicidio e che, però, era dotato di una elevata intelligenza nonostante la sua giovane età. Vi incontravate sempre nel medesimo locale, il Lupin, assieme ad un altro tipo, Ango mi pare si chiamava, e parlavate del più e del meno per ammazzare un po' il tempo. Mio fratello-» si arrestò un istante sbattendo ripetutamente le palpebre per impedire a qualche lacrima di rigargli una guancia «voleva diventare uno scrittore, me lo diceva di continuo.» sorrise amaramente. «Cionostante, alla fine, non è riuscito a realizzare il suo sogno. Non conosco bene le circostanze in cui è morto, ho accaparrato qualche informazione a riguardo ma nulla di più.» Il suo sguardo si andò a posare sul pavimento dalle mattonelle bianche mentre sfilava dalla tasca posteriore dei pantaloni una polaroid lievemente usurata ai bordi ma nulla di eccessivo. «Questa è l'ultima foto che io e mio fratello ci siamo fatti tanti anni fa. Avevo 14 anni.» porse la fotografia a Dazai, stringendola con sole due dita. Quest'ultimo l'afferrò e se la rigirò tra le mani. C'erano due ragazzi in foto: uno più giovane, che riconobbe come Kazuya notando i medesimi tratti che aveva tutt'ora, e l'altro un po' più grande, che riconobbe sin da subito come il suo caro amico Odasaku. Dovette attingere alla sua forza di volontà per non scoppiare a piangere lì davanti a tutti. Strinse il labbro inferiore tra i denti. "Mi manchi da morire amico mio..." «La foto è stata scattata circa 2 mesi prima della sua morte.» Mentre parlava fissava le sue iridi castane sul pezzo di carta tra le mani di Dazai come se da esso dipendesse tutta la sua vita. Scosse il capo. «So che non è molto per provare che quanto stia dicendo corrisponda alla verità però-» Iniziò a gesticolare con le mani, un leggero balbettio nella voce. Stava andando nel panico.

Siamo come i fiori di ciliegio- Soukoku Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora