-Corri o faremo tardi!- urlo
Io e la mia migliore amica Julia stiamo correndo per le strade di Londra con in mano le nostre cartelle. Siamo in ritardo per la scuola perché lei non sapeva cosa mettersi, visto che oggi è il primo giorno che non ci fanno mettere le divise.
-Rallenta Meggie! - urla lei cercando di starmi dietro.
Non sono una grande atleta, ma mi è sempre piaciuto correre. Ricordo che all' asilo battevo tutti i maschi, mentre alle elementari mi divertivo a rincorrerli per il cortile. Riuscivo sempre a prenderli o a farli stancare a tal punto da farli fermare.
Arriviamo davanti alla scuola: due piani, color rosso sbiadito, con un portone da dove riuscirebbe a passare anche un' elefante. Entriamo e saliamo le scale. Davanti alla porta della nostra classe c'è la segretaria della preside, con le braccia conserte e gli occhiali che scivolavano giù dal naso. Dal piede che continuava a sbattere per terra e dalla postura perfettamente dritta si capisce che è irritata. Appena ci vede viene verso di noi e ci prende per la manica della maglia, trascinandoci giù. Quasi ci butta dentro l' ufficio della preside e ci sbatte la porta alle spalle. La preside Crowley sta scrivendo su un foglio, con i capelli rossi che le ricadono davanti nascondendo il viso. Nonostante la botta della porta non alza lo sguardo.
Io e Julia ci lanciamo uno sguardo perplesso. Ci sembra strano che non si sia accorta di noi. Non è certo la prima volta che finivamo in presidenza.
Finita la pagina posa la penna e alza lo sguardo, tranquilla e con un accenno di sorrido. La preside è sempre stata una persona calma e ottimista.
-Sedetevi- dice in tono fermo
Ci sediamo sulle due sedie davanti alla scrivania, piena di carte e con una tazza di caffè fumante vicino al computer, probabilmente in stand-by. Si sporge in avanti sulla scrivania.
-Avete fatto ancora tardi, vedo-
-ci scusi- diciamo in coro
Si risistema composta sulla sedia e mette le braccia conserte.
-State attente! Non voglio punirvi, ma se continuate così sarò costretta a farlo-
-Ci scusi- ripetiamo
-Bene, tornate a lezione-
Ci alziamo silenziosamente e andiamo alla porta. Stò per toccare la maniglia quando la preside mi richiama -Aspetti signorina Smith-
Mi giro per vedere che cosa sta facendo: fruga in un cassetto della scrivania.
-AH, ecco... tieni questo è arrivato oggi per te- annuncia porgendomi una lettera
La prendo e ringrazio. Vado alla porta e usciamo.
Mentre andiamo in aula mi giro e rigiro la lettera. Sopra c'è scritto in rosso TOP SICRET e il nome di chi l' ha spedita: mia cugina, Nicole Wilson.
La infilo nella cartella e entriamo in classe dove il porf e i nostri compagni ci guardano male. Passo l' intera giornata a pensare a che cosa puó aver scritto in quella lettera, beccandomi anche parecchie sgridate dai professori perché non stavo seguendo la lezione. Penso che se Nicole volesse parlarmi potrebbe semplicemente mandarmi un sms come facciamo sempre.
Anche durante il tragitto per tornare a casa sono pensierosa.
-Meggie, ma stai bene? Da quando la preside Crowley ti ha dato quella lettera sembri.... Spenta! - mi fa notare Julia
-Mi sembra molto strano che mia cugina mi scriva una lettera. - confesso
-E poi chi mai scrive lettere al giorno d' oggi?!? Abbiamo tutti il cellulare! - butta le braccia in aria e si mette a ridere.
Svoltiamo in una stradina e finiamo in un parco. Stiamo camminando sul sentiero quando sento una voce dietro di me.
-Non far vedere la lettera- parla velocemente e a bassa voce. -Non farla vedere e non parlarne con nessuno, soprattutto quando l' avrai aperta-
Mi giro, ma non c'è nessuno. Mi guardo attorno, dietro gli alberi e sotto le panchine. Niente. Nel parco ci siamo solo io, Julia e una bambina che gioca col cane, tenuta d' occhio dal padre sulla panchina.
-Tutto bene? - domanda Julia un po' preoccupata
-Penso di stare impazzendo- dico toccandomi la testa.
-Stupida- sento dire dalla voce, adesso sembrava in lontananza, come se mentre se ne andava si fosse girata per dire l' insulto.
Adesso non sono più spaventata, ma offesa. Ora anche le voci ti insultano, penso ,nessuno più ti rispetta.
Arriviamo davanti a una casa popolare, gestita e abitata da ragazzini. Ci eravamo organizzati al meglio e avevamo legalizzato il posto. Sono tre piani di mini appartamenti abitati da ragazzi di età dai 12 ai 22 anni. Sono tutti ragazzi senza genitori, come me. Avevo solo 3 mesi quando mi diedero alla mia prima famiglia adottiva. Sapevo solo che i miei genitori non c'erano più. A 8 anni cominciai a lamentarmi con l' addetta al centro adozioni. Cambiai famiglia dopo un mese e ne cambiai altre 5 circa. Alla fine la donna che si era presa la responsabilità di seguirmi nel mio percorso con le nuove famiglie mi propose di andare in questa casa piena di miei coetanei. Ormai sono tre anni e mezzo che vivo qui e sto benissimo. Sono perfettamente autonoma e autosufficiente. Il mio mini appartamento è formato da una camera da letto, un bagno e un salotto e ci vivo da sola. Julia è alla porta accanto ed è proprio lei che si era offerta di farmi conoscere il posto, mostrandomi la cucina popolare al primo piano, il salotto in comune, la sala cinema, la sala giochi e il mega giardino posteriore con gli alberi pieni di amache e corde per arrampicarsi. Era stata lei la ragazza che appena arrivata mi abbracciò ed era lei che dormì con me le prime due notti, per farmi sentire meglio.
Saluto Julia ed entro nel mio appartamento. Butto la cartella per terra e vado in camera con la lettera in mano. Mi siedo alla scrivania (o meglio, al tavolino) e con un righello apro la busta. Mi siedo sul letto e comincio a leggere.
"Ciao Meggie,
Lo so che sembrerà strano e tanto per la cronaca, non ho dimenticato il tuo numero di telefono. Ho una cosa importante da dirti, ma ne dobbiamo parlare di persona. Fai in fretta le valigie (prendi poca roba per favore) e avvisa i tuoi amici che starai via per qualche mese. Devo portarti in un posto e vorrei che restassi per un po'. Non dire a nessuno di me e di questa lettera, dì soltanto che devi partire. Avvisa anche la tua amica e dille di non preoccuparsi. Ti verrò a prendere oggi alle 16:30
Tua cugina, Nicole"
Rileggo il "ti verrò a prendere oggi" e prendo in mano la busta. Non c'è francobollo, il che vuole dire che è stata portata a mano. Il che vuole dire che arriverà proprio oggi. Alzo la testa dal foglio e guardo l' orologio digitale che segnava le 15:55. Mi alzo di scatto e corro per casa. Trovo un borsone, prendo tutta la roba sulla scrivania e i vestiti e ce li butto dentro. Mi cambio e scrivo un biglietto a Julia. Alle 16:25 lo metto sotto la sua porta, chiudo a chiave l' appartamento e corro fuori, in strada.
Puntuale come un orologio svizzero, eccola fuori dal cancello. Ha dei jeans blu e una felpa larga dello stesso colore con la scritta "I' m beautifull" in bianco. Indossa delle scarpe da ginnastica bianche e azzurre e si tiene ben salda al collo una sciarpa azzurra, per via del vento.
Ha i capelli color castano/rosso legati in una coda. Gli occhi verdi si illuminano appena mi vedono. Mi corre in contro e mi abbraccia. Mi guarda bene e mi sorride. E' più piccola di me di qualche mese, ma sembra più grande di un anno abbondante.
-Seguimi- comanda con tono fiero
Si incammina verso la metropolitana e scendiamo le scale. In uno dei corridoi centrali Nicole apre una porta con scritto "Vietato Entrare" e mi fa segno di seguirla. Dall'altra parte c'è un binario della metro. La metro di Londra è sempre piena in qualsiasi ora, ma quel posto è vuoto, completamene deserto. Nicole mi sorride e non dice nulla, così decido di non chiedere.
Ad un tratto sento il vento, segno che stà arrivando la metro. In pochi secondi, infatti, si ferma davanti a noi. Si aprono le porte e Nicole mi fa entrare, seguendomi subito dopo. Anche lì è deserto.
La metro parte all' improvviso, ad alta velocità, facendomi cadere sui sedili. Nicole invece è in piedi e si stà tenendo ad un sedile, tranquilla, come se non fosse successo niente. La metro comincia a sballottarci di qua e di là, su e giù e sembrava dovesse uscire dai binari da un momento all' altro. Ad un tratto vedo una luce azzurra e noi ci entriamo dentro, come un vortice che ci risucchia. Veniamo sballottate finché, dopo un paio di secondi , non ci fermiamo e le porte si aprirono.
••••
Ho messo il primo capitolo per farvi capire un po' di che si tratta. Per favore pubblicizzate questa storia! Ci tengo molto!
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La città segreta
FantasyE se arrivasse tua cugina che non vedi da tempo a dirti che sei diversa? Se ti mostra un nuovo mondo? Cosa faresti se diventassi la fonte di tutti i problemi? ••• "[...] Esco dal bagno e sento gli occhi di tutti puntati su di me. Alzo lo sguardo e...