Versione 2 - Capitolo 15

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È andata esattamente come Orfeo aveva previsto: la bulla non è stata consegnata all'Imperatore, di conseguenza, se la bulla non va dall'Imperatore, l'Imperatore andrà dalla bulla. Il secondo giorno dopo il matrimonio, all'alba, sono iniziate le perquisizioni.

Le guardie hanno setacciato ogni villa in cerca del medaglione sotto gli occhi dell'Imperatore stesso. Tutti gli invitati al matrimonio sono stati interrogati e ciascuno di essi ha insistito nel non sapere dove fosse finita la bulla.

I nobili si sono risentiti di quelle accuse e delle loro abitazioni messe a soqquadro in cerca di uno stupido ciondolo.

Al termine del secondo giorno di perquisizioni, quando ormai era pomeriggio inoltrato e l'Imperatore ne aveva fin sopra i capelli di questa ricerca, Orfeo non ha esitato a colpire ancora.

In questa seconda parte del suo piano non ho preso alcuna parte. Se ne è occupato interamente lui, insistendo che non gli servisse alcun aiuto. Gli ho chiesto di che si trattasse più e più volte, cercando un modo per sabotarlo che appare sempre più lontano. Mi ha risposto ogni volta con la stessa frase: "Sarà una sorpresa, ti divertirai."

Sono fuori la mia camera quando sento delle grida. Il piano è iniziato, penso dirigendomi verso la sorgente seguita da Delia.

La sala del trono è piena zeppa di gatti, un'intera colonia che si arrampica sui candelabri in oro, che siede sul trono, che lecca il pavimento appiccicoso che odora di tonno.

Gatti. Gatti. Gatti. In ogni angolo.

Alcuni si rincorrono, altri si riproducono lanciando gridolini.

La bocca dell'imperatore assume la forma di una O. Anche la mia del resto, che si mostra stupita quando in realtà vorrebbe ridere. E anche Delia sembra trattenersi dallo sbellicare di risate.

"Che succede? Ho sentito delle urla" chiede Orfeo alle nostre spalle prima di posare gli occhi sul suo capolavoro.

Nessuno dice una parola per qualche secondo in attesa di sentire che ha da dire Tito, qualche passo più avanti di noi e con le orecchie fumanti di rabbia. La sua rigida postura viene scossa da un sonoro starnuto, poi un altro e un altro ancora, al punto da far indietreggiare me e Delia. Inizia a starnutire ininterrottamente, portandosi la mani al volto nel tentativo di coprirsi.

Ne deduco che sia allergico e che Orfeo ne fosse a conoscenza.

"An-date-vene!" esclama Tito sillabando (male) la parola tra uno starnuto e l'altro. Orfeo rimane immobile, quasi sfidandolo, mentre io e Delia indietreggiamo ancora di qualche passo fino al corridoio. "Ho detto di andarvene!" Ripete spazientito e ancora più infuriato rivolto ad Orfeo. Il ragazzo fa come gli è stato detto con un'espressione criptica dipinta sul volto.
"Chiama qualcuno per far pulire questo casino" suggerisce Orfeo a Delia quando siamo nel corridoio. La ragazza annuisce e sparisce dietro una porta.

"Come hai fatto?" sussurro ad Orfeo una volta che siamo soli nel giardino. È impressionante la quantità di gatti che ha introdotto nel palazzo senza che nessuno se ne accorgesse. Sì, in effetti non c'erano così tante guardie, essendo impegnate con le perquisizioni, ma resta il fatto che sarà stato un lavoraccio trasportarli.

"Non sei l'unica persona ha accettato di aiutarmi" risponde come se fosse scontato il fatto che ci siano altre persone che condividono la sua idea. Devo ammettere di non averci pensato. Credevo di essere l'unica ad essere a conoscenza del suo piano, l'unica di cui si fidasse così tanto da condividerglielo. 

Perdersi un giorno d'autunnoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora