CAPOTOLO LXXV

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Carola

«Brigitte. Può chiamarmela per favore?» chiede affacciandosi e per la foga quasi spiaccicandosi contro il vetro dell'accettazione del pronto soccorso.
L'infermiera alza lo sguardo dal pc e la osserva con fare curioso per un attimo, poi annuisce e sparisce. Passano i minuti e Carola è sempre più in ansia, stringe forte il fermaglio tra le dita, come se fosse un anti stress. Non sa nemmeno perché lo ha portato con se. Quando si è affacciata alla camera da letto circa due ore fa aveva quasi avuto un attacco di panico: l'immagine di Luigi steso a terra, con il sangue che gli colava ai lati della bocca, gli è apparsa davanti agli occhi. Era tutto così reale, così vero, sentiva persino l'odore metallico del sangue nella stanza, eppure i paramedici avevano ripulito tutto a loro dire. Cercando di rimanere lucida era avanzata piano, per prendere i suoi vestiti dall'armadio e l'aveva vista, proprio lì vicino al bordo del letto: una macchina rossa. "Il suo sangue", aveva pensato mentre l'aria si faceva man mano sempre più rarefatta e le risultava sempre più difficile respirare. Era come avere dei chiodi nei polmoni, il cuore le batteva talmente forte, in maniera incontrollata che per un attimo aveva persino pensato di stare avendo un infarto. Le gambe le stavano cedendo, si è appoggiata alla cassapanca sul muro vicino alla finestra e ha chiuso gli occhi per un secondo. La consapevolezza che doveva uscire da quella stanza prima di subito si è fatta strada nella sua testa: aveva allora aperto gli occhi, agguantato quello stupido fermaglio, senza motivo, e poi si era precipitata fuori. Era crollata sul pavimento del corridoio, il freddo gli accarezzava la pelle bianca e lei, chiudendo gli occhi, era rimasta per un tempo indefinito li, stesa, mentre il suo respiro pian piano non tornava regolare.
Ora eccola lì, di nuovo in ospedale, vestita in un modo decisamente casuale, con dei vestiti presi direttamente dall' asciugatrice, tutti stropicciati, ed un paio di infradito che hanno visto giorni migliori, ad aspettare che Brigitte faccia la sua comparsa e che la porti da lui. Non sa bene come reagirà alla vista di Luigi, come lo troverà, in che condizioni ed è spaventata a morte.
Passano circa dieci minuti da quando l'infermiera sparisce, prima che Brigitte si affacci alla porta del pronto soccorso, facendo segno a Carola di seguirla, con un sorriso.
«Cerca di fare l'indifferente. Stammi vicino, conversiamo e non badare a dove andiamo. Ok?».
«Va bene».

...

Durante il tragitto fino alla rianimazione Brigitte era stata fermata da diversi medici e colleghi, alcuni le avevano chiesto informazioni su alcuni pazienti, altri invece erano solo desiderosi di fare quattro chiacchiere. Ci è voluto quindi molto tempo per raggiungere il reparto, che a quanto sembra è molto ben sorvegliato. Il portone richiede un codice di accesso per entrare, Brigitte lo digita rapidamente, dopo aver fatto passare la sua tessera nel lettore, e la invita ad entrare. Il reparto è silenzioso, si sente solamente il rumore dei macchinari, che riecheggia per tutto il corridoio, assieme al soffio emesso dalle macchine per far respirare i pazienti.
Carola segue Brigitte fino ad una porta, davanti alla quale questa si ferma, rivolgendosi alla ballerina.
«Devi essere preparata. Potrebbe non essere facile».
«Credevo di averlo visto morire, posso sopportare di vederlo in un letto».
«È diverso. Ad ogni modo, hai esattamente cinque minuti da quando varcherai quella porta. Non un minuto di più. Poi ti busserò tre volte e tu uscirai. Ok? Intesi? Sto rischiando molto portandoti qui».
«Certo. Non si preoccupi».
«Se non mi dai del tu, ti mando via subito» sorride lei fingendosi indispettita
«Va bene» annuisce Carola, bisognosa di un po' di gioco in questo momento oscuro della sua vita.
Brigitte le apre la porta, richiudendola immediatamente non appena Carola la varca, ed eccolo davanti ai suoi occhi. Luigi, bianco quasi cadaverico, steso sul letto, è attaccato ad ogni sorta di macchinario possibile ed ha gli occhi chiusi, esattamente come questa mattina, quando lei si era scostata da lui per andare a preparare quegli stupidi pancakes. Sarebbe dovuta restare a letto con lui, stringerlo, stargli vicino, e forse tutto questo non sarebbe successo: lei avrebbe avvertito molto prima i medici, sarebbe arrivato in ospedale per tempo e forse ora lei non si troverebbe davanti Luigi privo di coscienza, attaccato ad un respiratore.
Una fitta gli colpisce la bocca dello stomaco, quasi piegandola in due. Ricaccia in gola le lacrime e fa un passo alla volta, piano piano, fino a raggiungere il letto. Gli stringe la mano, priva di sensi, solamente tiepida. Di risposta si aspetta che lui gliela stringa a suo volta, ma questo non può succedere perché Luigi è perso in chissà quale dimensione.
«Gigino» mormora scostandogli il ciuffo dalla fronte pallida.
«Devi andare dal barbiere» scherza con le lacrime agli occhi. «Questi capelli sono troppo lunghi. Hai un certo fascino così però, devo ammetterlo, ma ti coprono gli occhi ormai».
Il petto del ragazzo va su e giù, a ritmo con il soffio del respiratore. Sulla mascherina attaccata al suo viso si formano del vapore e lei per un secondo crede di averlo visto sorridere, ma è solo un'illusione.
«Ed io amo i tuoi occhi ...» continua mentre le parole le muoiono in bocca, presa dal pianto. Le sue lacrime cadono sul lenzuolo bianco, e i singhiozzi riecheggiano nella stanza, assieme al battito del cuore del ragazzo, catturato da un macchinario di cui Carola non conosce neanche il nome.
«... Quindi vedi di riaprirli presto. Svegliati ti prego Gigino».
Vorrebbe accucciarsi sul suo petto, fingere che lui stia bene e che questo sia solo un brutto sogno: sono ancora in camera da letto, hanno fatto l'amore e lei abbracciata a lui si sente in pace con l'Universo. Vorrebbe farlo, vorrebbe riuscirci ma non può, quindi resta immobile, a piangere, mugugnando parole senza senso, tra un ti amo e l'altro, al sapore di sale, mentre il tempo scorre lento.

...

Il triplice tocco alla porta si fa sentire, Carola guarda per l'ultima volta il suo Luigi e si volta, lasciando quella stanza e pregando che la prossima volta che vi metterà piede lui sarà sveglio.

IL MIO SBAGLIO SULLE OSSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora