Nulla avrebbe lasciato presagire il nostro incontro. Io e lui. La mano mi trema ancora quando lo penso. È sciocco, è folle, è sbagliato. Non so come abbia fatto. Non so come una persona possa stravolgerti in questo modo la vita. Ho riflettuto molto prima di decidermi a scrivere questa parte. Avrei potuto saltarla. Avrei potuto far finta di nulla. Avrei potuto semplicemente dire che ci fu una bella amicizia. Forse mi avreste creduta. Qualcuno avrebbe avuto i suoi dubbi. Io però voglio essere sincera. È una promessa che ho fatto a me stessa e che ho fatto anche a Lotte. Tutta la mia storia, senza neppure un indugio. La mia anima messa a nudo. Sezionata in ogni sua parte. E così devo raccontare di quella sera, di quell'incontro che mi cambiò la vita, di quell'uomo che riuscì a trascinarmi con lui in luoghi che mai avrei immaginato.
Conobbi Herman a quel ricevimento. Lo notai subito. Alto, longilineo, una divisa da militare. I capelli scuri gli ricadevano sul viso olivastro dai lineamenti aguzzi. La cosa però più incredibile erano i suoi occhi. Grigi, penetranti, tempestosi. Ripensai all'avvertimento di Lotte, ma mi sforzai di scacciarlo. Era in disparte, lontano da quegli uomini e quelle donne ben vestiti che affollavano la sala. La prima impressione su di lui? Se Albert era un dio greco, avvolto in una luce sfolgorante, Herman era un cavaliere oscuro, un antieroe, un pallido principe dall'armatura nera, macchiata di sangue. Herman era ombra. Il suo sguardo si puntò subito su di me. Fu come sentirsi andare a fuoco. Era come se non gli importasse d'altro che di me, come se mi amasse già prima d'incontrarmi.
-Herman- lo chiamò Albert, stringendomi a sé come se fossi qualcosa di molto prezioso.
Lui si avvicinò, il passo sicuro e silenzioso. Emanava una potenza che mi faceva tremare.
-Finalmente ho la possibilità di presentarti mia moglie, Viola-
Herman mi fissò. Avevo temuto molto quel momento. La figura di Herman era stata per me come un mostro mitologico, un essere che avrebbe potuto decretare la mia salvezza o la mia condanna. Rimasi in silenzio. Avevo la gola completamente secca. Ora non temevo più il suo rifiuto, no, ora il timore era viscerale, incomprensibile, agghiacciante.
-Che te ne pare?- chiese Albert –Le ho reso giustizia nelle lettere-
-Per nulla- replicò Herman –è molto più affascinante- il modo in cui lo disse era carico di una seduzione, di un fascino, di un magnetismo che si discostavano da quel personaggio d'eroe nero.
-Vedi? Te lo dicevo che avevo scelto bene-
Herman non rispose, ma il suo sguardo valeva più di mille parole.
Non parlammo quasi quella prima sera. Eravamo due sconosciuti legati da un affetto in comune. Eppure percepivo qualcosa. Un filo che ci univa. Più di un filo. Era per questo che mi sentivo così a disagio? Era questo il motivo per cui avrei solo voluto scomparire? Non lo so. Di quella sera ricordo il profumo del vento e dei sogni, il brusio gorgogliante della sala e soprattutto quel suo sguardo su di me.
Herman, scoprii presto, era lì per lavoro. Sembrava che avesse ragione Albert, che Herman vivesse solo per il suo lavoro.
-Si tratta di alcune morti sospette- spiegò il giorno seguente, bevendo del vino da uno dei calici di cristallo che riempivano la cucina.
Eravamo seduti sul terrazzo, io e Albert su un divanetto, Herman su una poltrona. Mi sentivo in imbarazzo, come se fossi completamente fuori luogo. Cosa c'entravo io? Herman con me era cortese, certo, ma gelido... e mi guardava. Continuava a fissarmi come se non avesse mai visto prima una donna. Ero spaventata e attratta. Due sentimenti solo all'apparenza opposti.
-Sì, ho sentito... perché hanno mandato te? Non ti occupi di casi comuni- indagò Albert.
-Questo non è un caso comune- rispose, criptico.
-Ho capito, è qualcosa di segreto... ottimo, spero che accetterai il mio invito a stare qua fino a quando non sarà tutto risolto-
Herman annuì, distrattamente. Il suo sguardo continuava a posarsi su di me. Mi stava forse valutando? Possibile che non mi trovasse all'altezza? Mi sentii sollevata dal fatto che non ci fosse Lotte, almeno non c'era nessun confronto.
-Beh, sono felice che tu sia qua- e cominciarono a parlare di cose che non capivo. Nomi, luoghi, progetti. Sembrava che fossero amici da sempre, nonostante i caratteri diversi. Io restai in silenzio. Il senso di estraneità era quasi doloroso. Come avevo fatto a finire lì? Cosa ci facevo? Ero nel posto sbagliato. In quel momento mi mancò il castello e mi mancò Lotte, mi mancarono i miei genitori e Lolò. Mi sentivo un'estranea perfino con il braccio di mio marito intorno a me. E le cose erano destinate a peggiorare.
Herman passò tutto il resto della giornata con noi. Fu Albert a insistere. Il suo amico era discreto, gelido e cortese. Mi rivolgeva spesso delle frasi di circostanza, giusto per non farmi sentire isolata. Nonostante la sua gentilezza non vedevo l'ora che fosse sera, di poter star da sola con Albert. Non era solo una questione di sentirmi messa da parte. No, era il modo in cui Herman mi guardava, come mi faceva sentire a turbarmi.
Quando finalmente ci rifuggiamo in camera Albert era di ottimo umore.
-Che te ne pare di Herman?- mi chiese, lasciandosi cadere sul letto.
-Molto cortese... e penso che sia anche professionale- mormorai.
-Sì, Herman è incredibile- replicò, allegramente.
-Credi che io gli stia simpatica?- la domanda mi uscì così, senza un reale motivo. Perché non avrei dovuto stargli simpatica? Mi ero comportata come una brava moglie e poi lui si era dimostrato gentilissimo nei miei confronti.
-Certo che gli stai simpatica- si tirò su e allungò una mano per sfiorarmi. Le sue dita s'incastrarono con le mie. –Herman non ama parlare molto- spiegò con un mezzo sorriso –ti ci abituerai, non preoccuparti-
Non era solo questo, ma rimasi in silenzio.
-Su, vieni qua... non vorrai lasciarmi solo soletto- disse.
Ridacchiai e mi lasciai cadere sul letto. Albert non perse un secondo, si lanciò su di me e cominciò a baciarmi.
NOTE DELL'AUTRICE:
Ciao!
Cosa ne pensate di Herman?
A presto!
STAI LEGGENDO
La principessa e la cocotte: in amore e in guerra
Fiction Historique(COMPLETA) Il seguito de "La Principessa e la cocotte" (è consigliato, ma non obbligatoria la lettura del primo volume) 1939. Viola sta per coronare finalmente il suo sogno d'amore con Albert. Le cose però non si riveleranno semplici. Venti di guerr...