XV. CONFIDENZE

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Fu Lotte a riportarmi le storie che si raccontava in giro su Herman. Erano principalmente legate al suo essere un vampiro.

-Sta al sole il meno possibile- mi disse mia cugina.

-Probabilmente non lo ama- replicai, stufa di quelle sciocchezze.

-Deve esserci dell'altro- ragionò Lotte –e poi dicono che di notte vaghi per il paese-

-Certo, è il suo lavoro- ero proprio stanca di quelle accuse infondate. E tutto solo perché non l'aveva guardata!

-No, ci deve essere qualcosa... non mi convince-

Sospirai stancamente. –Non c'è niente di strano-

-Lo dici tu- sbuffò, infastidita perché non l'ascoltavo.

-Ammettilo, non ti piace perché non ti guarda, offende la tua autostima-

-Non sono così legata all'apparenza... stanno succedendo delle cose strane qua intorno... sei sciocca se non te ne accorgi- la lasciai parlare così. Naturalmente all'epoca non credevo che Herman potesse essere un vampiro. Era un'idea così assurda che non la prendevo neppure in considerazione.

-Su, Lotte- la ripresi, bonariamente –ci vogliono delle prove prima di accusare qualcuno- le ricordai.

-Troverò le prove- decise, lo sguardo lampeggiante di determinazione, prima di voltarsi e uscire, i pugni chiusi.

Lotte parlava seriamente, lo scoprii la sera stessa. Arrivò tardi a cena, quando io, Herman ed Julien eravamo già seduti a tavola.

-Scusate, scusate- disse mia cugina, i capelli spettinati.

Herman fece un leggero cenno del capo, io evitai di chiederle dove fosse stata. Non volevo creare una situazione in cui ci sarebbe potuta essere una lite. Inspirai a fondo e mi concentrai sulle pietanze. Il problema esplose quando fu servita la carne. Lotte stava parlando della sua avventura parigina come ballerina. Nessuno in realtà l'ascoltava. Ricordo che Herman si portò alle labbra un pezzo della tartare... e subito avvampò. Mi fermai, la forchetta sospesa a mezz'aria, cercando di capire cosa gli stesse succedendo, la mente che lavorava rapidamente. Herman si portò alle labbra il tovagliolo.

-Stai bene?- gli chiesi, balzando in piedi. Julien fissava la cena, gli occhi sgranati. Solo Lotte sembrava tranquilla, continuava a parlare, come se nulla fosse.

-Aglio- Herman fece una smorfia –c'era dell'aglio nella carne... ho chiaramente detto in cucina che non voglio l'aglio- c'era una chiara sfumatura di rabbia nella voce. Non l'avevo mai sentito così. L'episodio finì in questo modo. Più tardi Herman mi spiegò di avere una specie d'intolleranza all'aglio, nulla di serio, ma qualcosa comunque di fastidioso. Fu solo quando fui a letto che mi venne in mente che, nelle antiche leggende, l'aglio veniva usato per cacciare i vampiri e compresi che non era un caso se era finito nella nostra cena. Lotte. Non l'affrontai mai al riguardo. Non avevo prove, ma da quel momento rimasi all'erta. Non volevo che le venissero altre sciocche idee. Ci mancava solamente che tentasse di colpire Herman con un paletto nel cuore.


Un giorno stavo leggendo, seduta su un muretto del giardino. Julien correva davanti a me. Ogni tanto alzavo uno sguardo per controllarlo. Non riuscivo a concetrarmi sul libro di anatomia che avevo davanti. I nomi si confondevano, io mi sentivo sempre meno adatta, sempre più sbagliata. Era Dory che aveva scelto medicina, credendo che la curiosità che provavo per i volumi di suo marito fosse legata a un amore viscerale per la materia e non per la conoscenza in generale.

Lotte giunse in quel momento, canticchiando una canzone. Era bellissima, splendente. La gravidanza la riempiva di energia. –Cosa leggi, Viola?- mi chiese, spingendosi in avanti, i capelli che le coprivano il viso.

La principessa e la cocotte: in amore e in guerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora