CAPITOLO LXXVIII

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Carola

«Carola! Apri! Sono giorni che fai la spola da casa e l'ospedale, non puoi continuare così tesoro!».
È la voce di Marcello quella che proviene dalla porta di casa sua. Ha suonato già diverse volte e non ricevendo risposta l'aveva chiamata, costatando dal rumore della suoneria che lei era a casa. «Aprimi, dai. Ti prego».
Spegne la tv, e si alza dal divano di mala voglia, trascinandosi le sue membra stanche dietro di se. Getta uno sguardo in giro: la casa è un disastro, esattamente come lei, che è in condizioni terribili. I capelli sono arruffati, legati in una mezza coda ormai senza più un senso, e gli occhi sono gonfissimi, per il mancato sonno e per il troppo pianto.
«Ciao» borbotta aprendo la porta. Marcello sorride e le viene incontro per abbracciarla.
«Come stai?» chiede.
«Io? Una merda. Luigi ancora peggio» ribatte.
«Ancora nessuna novità?».
«Tutto uguale, esattamente come ieri. Ci sono i suoi genitori con lui».
Marcello sospira, e abbassa lo sguardo dispiaciuto. «Non è giusto».
«I genitori di Luigi sono intenzionati a sporgere denuncia contro Giovanni per percosse o qualcosa del genere... non ci capisco nulla di queste cose, mi sembra tutto così surreale. Io vorrei solo che lui si svegliasse, del resto mi importa poco».
«È giusto che paghi».
«Per me Giovanni è morto. Non esiste. Comunque non restare sulla porta, vieni. Entra». Carola fa un passo indietro, esortandolo ad entrare. «Scusa per il disordine».
Marcello resta immobile e scuote la testa. «Sto andando in palestra. Vieni con me?». Effettivamente da come era vestito e dal borsone che tiene nella mano sinistra, lei poteva immaginarselo.
«No. Non mi va» risponde arricciando il naso.
«Ti farebbe bene uscire» la sprona.
«Ho detto che non mi va, sono stanca».
«Carola, non puoi rinchiuderti in casa in questo modo. Hai bisogno di distrarti».
«Quello di cui ho bisogno è che Luigi si svegli». Carola fa un passo indietro, ed entra in casa, lasciando la porta aperta in modo che lui possa seguirla se lo volesse.
«Quello è ciò che ci auguriamo tutti, ma non puoi buttarti così giù tesoro». Sente la porta chiudersi e la voce di Marcello farsi sempre più vicina alle sue spalle, fino a che il ballerino non le posa una mano sulla spalla. Lei si gira di getto, istintivamente, con lo sguardo attonito e si libera della presa.
«Hei... calma» sussurra lui, alzando le mani, vedendola così spaventata. "Che diavolo ti prende?!" si rimprovera da sola, incredula di quanto appena successo.
«Si... scusami» balbetta scuotendo la testa e voltandosi per proseguire il suo percorso verso la cucina.
«Sei sicura di stare bene?».
«Marci, smettila. Mi stai irritando » sbotta aprendo il frigo ed aggiungendo, per cambiare argomento, senza voltarsi a guardarlo in faccia «Vuoi qualcosa? Un po' d'acqua?».
«No, grazie».
«Io invece sto letteralmente morendo di sete». Prende l'acqua e se ne versa un abbondante bicchiere. «È un caldo asfissiante».
«Carola». La voce di Marcello è carica di preoccupazione ed ansia.
«Cosa c'è?» chiede alzando lo sguardo ed incontrando i suoi occhi grandi.
«Tu non stai bene» sentenzia.
«Scusa se ho creduto di aver visto morire l'amore della mia vita ed ora lui è attaccato ad una macchina e rischia di morire per davvero, il tutto perché un deficiente malato ha tentato di fare del male a me e Luigi è intervenuto per difendermi».
«Non è colpa tua».
Lei sorride ed appoggia con forza il bicchiere sul tavolo della cucina, dando vita un rumore sordo che si propaga per tutta la stanza.
«Cosa vuoi Marcello?» chiede abbozzando un sorriso.
«Che tu ti apra con me. Stai soffrendo, lo so. Usciamo, facciamo una passeggiata se non vuoi venire in sala a ballare, andiamo a fare un giro in bici... tutto quello che vuoi. Ubriachiamoci persino, fino a non sentire più nulla, dimmi tu cosa vuoi che faccia. Non tenerti tutto dentro». Carola apre la braccia, scuote la testa e prende dallo sportello sotto al lavandino una bottiglia vuota di vodka alla pesca. «Pensi che non ci abbia già provato? I pensieri tornano sempre, la realtà è questa e non può cambiare» esclama sorridendo in maniera ironica. «Ho persino pensato di venire in sala ma il solo pensiero di mettere piede lì dentro mi distrugge l'anima, mi fa contorcere le viscere come se stessi in una pressa. Luigi era lì per me, perché io gli avevo chiesto di esserci... che ridicola che sono... pensa che aveva fatto un po' tardi ed io gliel'ho fatto notare». Prende la bottiglia di vetro e la alza come fosse una coppa mentre fa un passo indietro. «Quello stupido spettacolo... Giulietta e Romeo».
Marcello rimane immobile a guardarla con sguardo attonito mentre lei, presa del suo delirio sorride e agita le mani.
«Tutto bellissimo, no? Tutto perfetto, se non fosse che Giovanni ha deciso che era arrivato il momento di dare di matto... ed è venuto a vedermi ballare no?» continua lei guardando dritto negli occhi Marcello, in cerca di un suo riscontro.
«Quello ... stupido... spettacolo!» esclama scandendo bene le parole e gettando a terra con una forza dirompente la bottiglia di vetro. La guarda frantumarsi, sbriciolarsi in pezzi talmente piccoli da essere quasi invisibili e pensa che il suo cuore deve assomigliare molto in questo momento a quell'ammasso di vetri. «Carola... » inizia timidamente Marcello ma lei lo interrompe, fulminandolo con lo sguardo.
«No, non ti azzardare a dire niente, mi hai capito? Vai via Marci, lasciami sola».
«Non posso, perché ti voglio bene».
«Se mi vuoi bene vattene» mugugna quasi come fosse una supplica, appoggiandosi al bancone della cucina con le mani, e guardando le venature bianche del marmo.
«No. Io non vado da nessuna parte».

IL MIO SBAGLIO SULLE OSSADove le storie prendono vita. Scoprilo ora