XXI. IL RICEVIMENTO

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Herman mi portò poco lontano, in una radura dall'erba verde come smeraldo. Estrasse l'arma che portava nella fondina al fianco, mi fece vedere come si doveva usare, quindi me la porse. Io la presi, le mani che mi tremavano, il cuore che galoppava furioso. La pistola era gelida e pesante, ma non era ciò che mi dava un senso di turbamento, no. Era la consapevolezza, raggelante e irreale, che Herman, un semplice amico di famiglia, facesse per me ciò che Albert, mio marito, non avrebbe mai fatto.

-Puntala contro quel tronco- mi disse, indicandolo.

Sollevai l'arma. Un istante dopo sentii il suo corpo aderire al mio, le sue mani che si stringevano intorno alle mie, le sue parole che venivano sussurrate al mio orecchio. Era un contatto perturbante, strano, confondente. Lasciai che mi guidasse, che mi spiegasse, che mi rassicurasse.

Il contraccolpo mi avrebbe fatta cadere, ma Herman mi sostenne. Le sue braccia erano forti confortevoli. La parola moglie ripiombò nella mia mente, con la forza di un macigno. Io ero sposata con Albert. Ero sua moglie. Certe cose non sarebbero dovute succedere. Scacciai il pensiero.

-Sei stata brava- commentò Herman, sempre sostenendomi –per una principiante... hai quasi preso il bersaglio-

-Mi hai guidata tu- gli feci notare.

Herman rise, una risata dolce, che non si adattava a lui. –Il merito è tuo-

Sparammo, ci allenammo per un po', poi decidemmo di riposarci. Fu in realtà un mio capogiro a spingerlo a proporre una pausa. Ci lasciammo cadere nell'erba, come due ragazzini.

-Ci sarai stasera?- gli chiesi in un soffio.

-Al ricevimento?- domandò lui, come se fosse turbato da quella domanda.

Annuii. Improvvisamente volevo che ci fosse, volevo passare il tempo con lui. –Lotte insiste per farlo... io vorrei solo un po' di tranquillità- era la verità. Io avrei solo voluto adattarmi al mio ruolo di moglie.

-Lo farò per te allora-

-Grazie- gli sorrisi.

-Non devi ringraziarmi, è un piacere aiutarti come posso-

Ci fissammo, così vicini che avremmo potuto baciarci. Il mio sguardo, quasi senza volerlo, come se fosse trascinato da una forza invisibile, cadde sulle sue labbra. Rosee, piene, socchiuse. In attesa. L'urgenza di baciarlo premette con forza contro la mia mente. Deglutii, lo ignorai, tornò alla ribalta. Cercai di respirare, ma provai fatica. No, provai dolore. Come un mostro che mi divorava i polmoni. Potevo quasi sentire il sapore metallico del sangue in gola.

-Violett- le sue parole restarono sospese nell'aria. Aveva assunto un tono strano, quasi sognante che portò dietro di sé un corteo d'immagini. Herman che mi fissa, un bicchiere di vino in mano. Herman che dà ordini in tedesco, la voce roca, rude, vibrante. Herman che parla con Julien, paziente come un padre, più in sintonia con lui di Albert. –Voglio ballare tutta la sera con te-

Le parole mi delusero e non compresi perché. –Certo, certo-

Lui si limitò ad annuire. Non aggiunse altro e la cosa, chissà perché, mi deluse enormemente.

Fu Lotte a pensare a tutto. Come una brava mogliettina, pensai, mascherando a stento l'astio. Io ero una spettatrice in casa mia. Correva avanti e indietro, dando ordini alle cameriere in un tedesco perfetto. Mia madre sarebbe stata orgogliosa di lei. Era bellissima e sembrava che il parto non avesse lasciato nessun segno sul suo corpo. Io, al contrario, non mi sentivo bene. Ero debole, priva di energia.

-Dovresti riposare- mi consigliò Lotte –ti stanchi troppo... con quell'ufficiale- parole che lasciavano intese molte cose non dette. Sei una donna sposata, non dovresti girare con un uomo che non sia tuo marito. Herman non mi piace, in lui c'è qualcosa di sbagliato. Non vedi che passare il tempo con lui ti fa male? Ti esaurisce, non dovresti più vederlo. Io la ignorai. Fin quando faceva le cose lei andava tutto bene, poi le facevo io ed era la fine.

Gli ospiti cominciarono ad arrivare prima del previsto. Erano gente che non conoscevo. Probabilmente amici di Albert che mai mi erano stati presentati. Osservavo tutto nervosamente, sentendomi a disagio. Fu con un moto di gioia che accolsi l'arrivo di Herman. Non avrei dovuto provare gioia. Forse c'era qualcosa di sbagliato in me.

Herman mi si avvicinò subito, limitandosi a distribuire qualche rapido e gelido saluto agli altri invitati. Il suo sguardo grigio brillava. Mi aveva vista non appena era entrato, era lì solo per me.

-Ti va di ballare?- mi chiese in un sussurro.

Annuii, il cuore che mi sfarfallava nel petto. Presi la mano che lui mi porgeva, un muto invito ad appoggiarmi a lui, a rifugiarmi in lui, a vivere in lui.

Mi lasciai condurre in mezzo alla sala, dolcemente. Herman era un ballerino attento e metodico. Mi sfuggì un sorriso. Un'altra dote che si univa alle mille che già aveva. Un altro punto da aggiungere a lui, alla sua bravura. Mi ritrovai a pensare che era davvero perfetto. Nello stesso istante sentii il pensiero di Albert, come una belva che gratta sul fondo della mente. Il cuore aumentò i battiti, lo sentii rimbombarmi nelle orecchie. Veloce, sempre più veloce. E il mondo si allontanava sempre di più. Non capivo cosa stava succedendo. Herman parve accorgersene.

-Stai bene?-

-Sono solo un po' stanca- mormorai.

-Vuoi un po' d'acqua?-

Annuii debolmente, un senso di nausea che mi opprimeva la gola. Herman mi accompagnò a lato della sala, premuroso, una mano sotto il mio braccio, come a sostenermi. Scorsi Lotte che ballava con un uomo poco distante.

-Torno subito- si congedò Herman.

Rimasi in attesa. E poi tutto prese a roteare troppo rapidamente. Mi appoggiai al muro, confusa, colpita da mille sensazioni che non capivo. Ero travolta dalla fatica, dal rapporto sempre più logorante con Albert, dalle oscure emozioni che mi provocava Herman. Non potevo farmi vedere debole. Cercai di restare in piedi, ma non ce la feci. Le ginocchia si piegarono e il campo visivo si riempì di puntini neri che in breve l'oscurarono. L'ultima cosa che vidi, prima di scivolare nell'incoscienza, fu lo sguardo grigio di Herman, luccicante di preoccupazione. L'ultima cosa che sentii furono le sue mani che si aggrapparono con forza a me, sostenendomi. Poi fu solo buio.


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Un colpo di scena... cosa ne pensate?

A presto!

La principessa e la cocotte: in amore e in guerraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora