Capitolo 56.1: Piccole paure e grandi sogni

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Torno a casa, fermandomi nel giardino

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Torno a casa, fermandomi nel giardino. Sento che in me è nata per la prima volta una sensazione nuova, ma estremamente familiare.

Mi siedo sulla mia sedia di vimini e penso a Can, che non ha accettato il mio regalo. Mi chiedo per quale motivo, continui a sacrificarsi cosi tanto, al punto di voler perdere se stesso. Non deve farlo e spero con tutta me stessa che cambi idea.

Mi sento totalmente in colpa, totalmente responsabile per aver permesso, anche se inconsciamente, che accadesse questo, che lui rinunciasse ai suoi mirabolanti viaggi, alle sue montagne, ai suoi mari inesplorati.

Sbuffo in preda allo sconforto, come una bambina che ha appena rotto il vaso più prezioso della madre, e sa che non può rimediare fino in fondo.

Mi alzo dalla sedia ed entro in casa alla ricerca del mio taccuino. Scrivere mi farà bene, imprimere le parole su carta, mi ha da sempre aiutata, e spero possa alleviare il mio tormento anche adesso.

Tornata in giardino, mi accomodo nuovamente sulla sedia, apro le pagine bianche e inizio a scrivere.

Scrivo di noi, di un albatros chiuso in una gabbia e di una fenice, ormai risorta che giura a se stessa di liberarlo, e man mano che le parole fluiscono imprimendosi sul foglio, la tristezza si allevia.

Continuo però a pensare come poter far capire a Can che non deve rinunciare ad essere se stesso, che lui è quell'uomo avventuriero, fatto di viaggi e sogni.

Per un attimo penso all'ipotesi di una sua partenza e un brivido percorre la mia schiena. No, Sanem. Anche se dovesse partire, resterai qui, ad aspettarlo. Lui farebbe ritorno, ne sono certa.

Penso ai giorni che potrebbero separarci, e nonostante inevitabilmente mi rendano triste, amo anche quei giorni, perché di lui, amo ogni cosa e non posso non amare il suo spirito da viaggiatore.

La mia mano corre lungo il foglio, quasi automatica, continuando ad imprimere i miei pensieri, lasciando la mia mente svuotarsi a poco a poco

"Ho tentato di restituirti quella libertà che per te vale più di qualunque diamante. Ho cercato di ridarti la sensazione di volare ancora, liberandoti da questa gabbia in cui ti sei rinchiuso. Mi sono innamorata di un uomo libero, che ama viaggiare. Dov'è quest'uomo? Perché ti ostini a voler restare tra quelle sbarre, amore mio?

Non temo più il tuo addio, non ho più paura. So che ci sei. Ci sei sempre stato e ci sarai, anche se il mare dovesse separarci ancora. Resterò qui, in attesa di te, perché non posso amare nessun'altro a questo mondo, se non te."

Passo le ore a scrivere di noi, di promesse che intendo mantenere, di pensieri e paure ormai sconfitte. Chiudo il taccuino dopo ormai un po' di tempo e lo metto via, abbandonandomi allo schienale della sedia e mi chiedo cosa accadrà adesso che ho consegnato all'uomo che amo, la chiave per uscire dalla gabbia.

Torno in casa, pensando che sia ormai ora di cena, ma una volta aperto il frigo, mi rendo conto che il mio stomaco è totalmente chiuso dall'ansia del non sapere cosa succederà domani.

GOCCE D'AMBRA (SOSPESA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora