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In seguito a quel ch'era accaduto in infermeria, avvertiva un bisogno viscerale di stare un po' da solo, con i suoi pensieri. Era conscio del fatto che le azioni di Chūya non erano dettate dalla ragione, tuttavia, gli aveva comunque fatto parecchio male essere rifiutato in quel modo così brusco quando lui stava semplicemente cercando di aiutarlo. Intrecciò le dita nella chioma castana scarmigliandoli completamente puntando le proprie iridi ambrate in cielo, milioni di stelle d'ogni forma e dimensione brillavano sopra la sua testa. Una volta che ebbe lasciato l'edificio dell'Agenzia, si era recato nel suo posto preferito dove, mesi fa, ci aveva portato anche il fulvo, nonostante però la serata non si fosse conclusa nel migliore dei modi. In così poco tempo, da quel giorno, era successo di tutto e di più e, tra l'altro, l'organizzazione nota a tutti come Thanatos era ancora a piede libero, motivo per cui, si doveva stare sempre in stato di allerta, persino tra le mura di casa propria. Il sole era già tramontato da un pezzo, lasciando così che la luna prendesse il suo posto, rilucendo le buie strade e i vicoli di quella splendida città. Una volta che tutto fosse finito e riportato Chūya a casa, lo avrebbe portato di nuovo in quel posto, così da poter guardare insieme le stelle con più tranquillità e serenità della volta precedente. A quell'ora tarda, tutti i suoi colleghi si saranno già recati verso le proprie abitazioni, lasciando i due uomini supini nei propri letti da soli. Si accede una piccola lampadina nel suo cervello. "E se andassi a dormire là?" Aveva il timore che, durante la notte, Chūya potesse avere un'altra crisi e, senza nessuno accanto a sé, avrebbe potuto dare di matto e rischiare di fare del male a Ranpo, il quale non aveva ancora aperto gli occhi dal momento in cui lo avevano portato lì.

Si massaggiò le tempie con movimenti circolari dando un ultimo sguardo alla luna prima di alzarsi da terra. Si scrollò di dosso con i palmi delle mani tutte le erbacce che gli si erano appiccicate sui propri vestiti. Una volta fatto ciò, si allontanò da quel piccolo spazio verdeggiante per poi incamminarsi verso la propria auto, parcheggiata poco più avanti. Con la sua canzoncina preferita in sottofondo, sfrecciò per le vie di Yokohama con una destinazione ben precisa in mente. Circa un quarto d'ora dopo, giunse ai piedi dell'immobile, parcheggiò lì vicino il proprio veicolo a quattro ruote e si incamminò ad ampie falcate al quarto piano del fabbricato. Aveva una copia delle chiavi dell'ufficio, cosicché non sarebbe stato difficile sgattaiolare all'interno all'insaputa di tutti quanti. L'ufficio, durante le ore della notte, era così tranquillo e, soprattutto, silenzioso da risultare inquietante a chi, come lui, s'era abituato a vivere in quel tipo di ambiente tanto caotico quanto pieno di vita e di persone delle quali ci poteva fidare anche ad occhi chiusi. Senza indugiare un secondo di più, entrò in infermeria avvicinandosi al letto di Chūya.

Tirò un sospiro di sollievo vedendo come stesse dormendo così beatamente. Era girato su un fianco, rannicchiato su se stesso, le labbra scarlatte dischiuse, ambe due le mani a pochi centimetri dal suo viso similmente a come facevano i bambini. Nonostante tutta quella situazione, a Dazai bastava semplicemente vedere quell'uomo, dotato di un'altezza alquanto discutibile, di un carattere facilmente irritabile e irascibile, dai capelli color pel di carota, per obliterare tutto il resto rivolgendo tutta la propria attenzione unicamente a lui. Si andò a sedere sulla sedia di fianco a Chuuya e, prima che se ne potesse effettivamente rendere conto, era già caduto tra le braccia di Morfeo.

***

Metre lasciava l'edificio dell'Agenzia, Kazuya pensava ininterrottamente alle parole di Dazai e a ciò gli aveva chiesto, così tanto da procurarsi un bel mal di testa.

Flashback

La riunione dei detective dell'Agenzia era appena giunta al termine, a quel punto la sua presenza lì non era più necessaria. Anzi, se ne sarebbe già dovuto andare da un bel po'. Lui non apparteneva a quel posto, a stento conosceva quelle persone. Si avviò tacitamente verso l'uscita del loro ufficio quando, una mano, si andò a posare sulla sua spalla obbligandolo così a fermarsi un attimo. Guardò dietro di sé. Un uomo longilineo lo stava guardando, con quei suoi occhietti vispi; gli sorrideva, un sorriso caldo, delicato, come i petali di una rosa. Guardò interrogativo il detective dinanzi a sé stimolandolo a parlare con lo sguardo. «C'è qualcosa che non va, Dazai-san?»

Siamo come i fiori di ciliegio- Soukoku Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora